La posta del direttore
VIOLENZA NEGLI STADI E NON SOLO Non ci poteva essere notizia più consolante:gare sospese al primo lancio di petardi o oggetti a offendere. Questa nuova norma, che garantisce stadi più sicuri è finalmente arrivata! (Purtroppo, a estremi mali, estremi rimedi). E i commenti, quasi dappertutto, sono stati positivi e rasserenanti in favore sia della Federcalcio sia del ministro degli Interni Pisanu che hanno trovato il coraggio di varare questa nuova disposizione. Provvedimento che restituisce non solo sicurezza ai tantissimi inermi tifosi, ma anche valore sociale e morale al calcio, dai cui spalti emerge sempre più forte l’esigenza di vivere, tra le opposte tifoserie, più fraternità e più comunione d’intenti. Franco Petraglia Cervinara (Av) D’accordo sull’opportunità dei nuovi regolamenti più severi per riportare un po’ di civiltà negli stadi di calcio, ma non basteranno, come già s’è visto, se anche i mezzi di comunicazione non cambieranno linguaggio. E non mi riferisco particolarmente ai commentatori sportivi, che pure non sono indenni dal malvezzo di enfatizzare smodatamente certi avvenimenti, facendo crescere la tensione. Ma più in generale a quanti, nel commentare con assurda violenza verbale ogni avvenimento, colpevolizzano sempre e comunque qualcuno. Spesso è il tono che fa la musica e anche i commentatori dei telegiornali ne fanno un uso tutt’altro che super partes. Le cose non miglioreranno se non ci sarà più rispetto per la persona e più obiettività nei fatti. Le allusioni maliziose possono offendere più delle parole, più di un pugno dato in uno scatto d’ira. Non solo nello sport. IN DIALOGO CON IL TAXISTA Salendo su un taxi ho avuto la piacevole sorpresa di vedere un grazioso blocchetto appeso al sedile di fronte a me. Conteneva dei fogli – ne mando uno con l’approvazione del taxista – con i quali apriva, per chi lo desiderava, piacevoli discussioni e approfondiva rapporti con i clienti che lo desideravano. Ecco il testo: Noi tutti siamo a rischio di perdita nella città: perdita della calma, della serenità profonda del cuore, della pace, della salute e della gioia di vivere. Ma possiamo aiutarci l’un l’altro per camminare verso un ideale di città che è già presente per chi apre gli occhi e nel quale è bello vivere nell’attesa della Gerusalemme che viene. (da Verso Gerusalemme di Carlo Maria Martini) Due parole di commento, grazie. Seguiva uno spazio per l’eventuale risposta. Sono poi andata a trovare lui e la sua famiglia, passando una bellissima serata con loro: papà, mamma e due figli adolescenti che sono stati felici di conoscere Città nuova. Sono certa che questi esempi di piccole novità di vita di tutti i giorni che portano credenti e non a dialogare amichevolmente sono preziosi …. Laura Cabassi – Milano INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON LA CINA Leggevo oggi su Città nuova l’intervista di Paolo Lòriga all’economista Mario Deaglio, per quanto riguarda le produzioni e i mercati asiatici. In quasi tutto il pensiero di Deaglio mi trovo d’accordo, tuttavia secondo me ci sarebbe da fare una cosa, cioè andare a vedere con una commissione Onu se i diritti dei lavoratori sono rispettati, ma soprattutto se i lavoratori sono tutti maggiorenni e non ci fosse della manodopera di bambini, come già successo con aziende che producevano abbigliamento sportivo. Io mi augurerei di no,ma se così fosse, sarebbero da mettere al bando quei paesi e le loro fabbriche. Per quanto riguarda la nostra industria, io credo che sappia benissimo come tirarsi fuori da questo guado. L’inventiva non manca. Pietro Olmo – Rapallo Purtroppo lo sfruttamento dei minori è documentato ampiamente, ma sul piano dei diritti umani non esistono né norme né organismi di tutela dei lavoratori a livello sovranazionale in grado di intervenire all’interno dei singoli paesi. Sul piano commerciale, invece, non c’è accordo fra i paesi europei per un’unica politica nei confronti della Cina. Gli interessi di Francia, Italia, Germania e Regno Unito, infatti, divergono perché i primi due paesi vogliono difendere le proprie industrie tessili, mentre ai secondi due stanno a cuore soprattutto le esportazioni della propria industria meccanica di precisione e vogliono evitare ritorsioni. Per questo non basta l’inventiva che ci viene riconosciuta per reagire con efficacia. Occorrono regole certe, paritetiche e globali. Siamo appena agli inizi. CONIUGE A CARICO? Perché il coniuge possa essere fiscalmente a carico non deve superare 2.840,51 euro lordi annui, pari a 5.500.000 lire. Di per sé l’informazione è neutra; niente di scandaloso. Ma diventa irritante, se non sconvolgente, se si considera che detto limite massimo è stato fissato una ventina di anni fa e mai più aggiornato! Verificare per credere. Da allora di quante volte è aumentato il costo della vita? Dieci, quindici? Non so esattamente, ma non è il caso d’ingigantire le virgole. Conta la sostanza Quale intento di politica fiscale si nasconde dietro questo congelamento? Uno solo: eliminare l’istituto del coniuge a carico. Una scelta vale l’altra, ma che ce lo dicano con chiarezza. Invece ci vengono a parlare di riduzione delle imposte (di cui non mi sono davvero accorto) da una parte, e ci tolgono le detrazioni d’imposta dall’altra. Il saldo, per il contribuente, è decisamente negativo. Il guaio è che il cittadino, specialmente se lavoratore dipendente o pensionato, si fida della stato e raramente controlla. Il fisco lo sa e se ne approfitta. Come la recente trovata di trasformare le detrazioni in deduzioni, chiaramente a maggior vantaggio dei redditi più alti, scandalosamente stravolgendo il connotato sociale di detti istituti. Duccio di Taro La sua osservazione è giusta. Il limite di reddito, che vale non solo per il coniuge a carico, ma anche per gli altri familiari a carico, non è stato più aggiornato dal 1995. In precedenza, nel 1992 era L. 4,8 milioni, nel ’93 L. 5,1, nel ’94 L. 5,3 e dal 1995 L. 5,5 milioni pari a euro 2840,51. Sono trascorsi 10 anni e non è stato più aggiornato, mentre l’indice Istat porta nei 10 anni un aumento di circa il 26 per cento. Siamo anche d’accordo sul fatto che la tendenza è quella di privilegiare i redditi più alti, anziché, come riteniamo più giusto, quelli più bassi. Speriamo in una politica fiscale più equa e in leggi più semplici, a portata di ogni cittadino. CORPORAZIONI, PRIVILEGI E MANCATO SVILUPPO È stato rilevato che in Italia, il perdurare della pace e della continuità costituzionale per un sessantennio (abbiamo appena celebrato i sessant’anni dalla liberazione) ha consentito lo sviluppo di fortissime corporazioni parassitarie interessate più a consumare che a produrre. Si citano ad esempio quelle del pubblico impiego. Corporazioni così potenti e radicate da riuscire a minare dal di dentro lo stesso governo di centro-destra nato per sconfiggerle e per rilanciare lo sviluppo. Ma si ipotizza pure che saranno queste stesse corporazioni a impedire il successo di qualsiasi rilancio economico, da chiunque venga proposto. A sostenere questa tesi fu già un noto economista e sociologo, Mancur Olson, ed ora è un autorevole editorialista come Angelo Panebianco, il quale conclude pronosticando per un futuro governo di centro- sinistra la stessa sorte. Cosa ne dite?. P.L.G. – Bologna Si potrebbe dire che la costatazione è seria e che ha fondamento nei fatti di casa nostra. Basti pensare alle vicende vicende dell’Alitalia e di tante altre aziende dello stato e del parastato, veri feudi del privilegio. Situazione peraltro bilanciata dall’appetito dei privati: grande industria e corporazioni beneficiarie di aiuti statali distribuiti con criterio clientelare. Leggi preparate su misura per soccorrere precisi interessi di persone o di categorie. Ma il problema dello sviluppo non si esaurisce in un semplice assunto come quello citato. Diversamente dovremmo convenire con quei polemologi che sostengono l’utilità delle guerre perché gioverebbero alla salute di chi sopravvive, stimolandone la ripresa, come avviene in natura per le piante sottoposte a potatura. Se infatti è vero che certi fenomeni si manifestano negli individui e nella società quasi fisiologicamente, si deve riconoscere che sono comunque frutto dei nostri comportamenti e, in questo caso, dell’egoismo dei singoli, non meno che delle corporazioni e delle classi sociali. Per questo motivo parliamo di fraternità come vero antidoto a queste tendenze negative. Per vincerle servirà pure una guerra, ma contro noi stessi. Certamente, all’atteggiamento personale di ognuno di noi devono accompagnarsi adeguate azioni politiche che sradichino le situazioni parassitarie, pena il declino del paese. IL PAPA NON È UN EXTRATERRESTRE Un modo simpatico di ricordare il papa che ci ha appena lasciati e i pesi che gravano su tutti i papi, potrebbe essere la rievocazione di un aneddoto raccontato da Giovanni XXIII, che cito a memoria perché non trovo più il libro che lo riferiva. Questo aneddoto mi ha fatto riflettere molto, perché viene fuori la dimensione umana di un pontefice: a volte li crediamo degli extraterrestri, invece non è così. Papa Giovanni così raccontava:A volte mi sveglio di notte e incomincio a pensare ad alcuni problemi gravi, e penso che sarebbe opportuno parlarne al papa… poi mi sveglio del tutto e mi ricordo che… sono io… il papa…. Gianni Gurlino – Torino