La posta del direttore

VERSO UN’EUROPA A DUE VELOCITÀ? Mi pare che il fallimento dell’ultimo vertice di Bruxelles e la conseguente fuga in avanti dei tre grandi a Berlino siano da attribuire in gran parte all’intransigenza di Spagna e Polonia, ostinate nel voler conservare per sé una rappresentatività che, paragonata alla popolazione, è quasi doppia di quella della Germania. Ora, se ciò può essere ingiusto ma tollerabile per paesi molto piccoli che comunque non potrebbero prevaricare sugli altri, non è la stessa cosa per paesi importanti come i suddetti. Lo stesso dicasi per quanti non hanno voluto accettare la proposta di sottostare a decisioni che avessero raccolto una maggioranza di almeno il 60 per cento, pretendendo invece che si vada avanti sempre e comunque con decisioni prese all’unanimità. Adesso finiranno per accettare il fatto compiuto di un direttorio economico composto da tre soli paesi. Questo perché è l’economia a dettare legge in una Europa che, di fatto, non sa riconoscere altri valori. Romeo N. – Ferrara Ho già trattato l’argomento nell’editoriale del numero scorso, tuttavia posso aggiungere alcune precisazioni. È vero che si è forse esagerato nel rassicurare i paesi più piccoli, assegnando loro quote di rappresentatività e quindi di influenza sproporzionate al loro peso demografico. Il parziale fallimento dell’ultimo vertice è stato generato anche dal tentativo non riuscito di correggere questi squilibri. Ma ci si è lasciati nella convinzione, o almeno nella speranza, che queste divergenze sarebbero state superate durante la presidenza irlandese. Ora però la prospettiva di aggirare questo ostacolo col fatto compiuto di un direttorio non farebbe che aumentare l’area dello scontento, perché, se è vero che i tre grandi rappresentano più del 50 per cento del pil, sommerebbero invece una percentuale assai minore della popolazione, finendo per configurare con ciò un’eventuale, ma assurda, distinzione fra ricchi e poveri. In realtà si darebbe spazio a una sorta di lobby, retaggio di quell’eccessivo orientamento economicistico che l’Unione ha sempre avuto e che proprio le recenti contrapposizioni emerse per disegnare la nuova Costituzione hanno evidenziato e aggravato. UE COME L’ONU? Il vertice di Berlino fra i tre maggiori paesi dell’Ue ha sorpreso un po’ tutti. A cose fatte penso che si possano avere due visioni: la prima induce a ritenere che le decisioni del vertice non porteranno a nulla; la seconda invece a temere che sarà quello imposto dai tre grandi il nuovo scenario dei rapporti in Europa. Insomma, dopo aver tanto criticato un’Onu che non può funzionare perché dominata dai cinque paesi che detengono il diritto di veto, finiremo per accettare un’Europa fatta di grandi e di piccoli?. Giovanni Filippi – Ancona Anche se penso che, pur con tutti i difetti genetici che si porta dietro, l’Onu sia non solo utile, ma necessaria, sarebbe davvero una brutta sorte per l’Ue se finisse per ricalcarne la struttura. La presenza del veto nell’Onu è il frutto di un diktat imposto dai vincitori dell’ultima guerra mondiale. Gli equilibri ponderati studiati per paesi piccoli e grandi dell’Unione europea, decisi a formare una comunità di popoli, rappresentano invece, perché liberamente concordati, una preziosa alchimia per facilitare la loro convivenza. Ora, quell’equilibrio, compromesso a Nizza, non si è ricomposto a Bruxelles; e il pericolo che intese come quella di Berlino possono fare temere è che sia iniziata una deriva non verso un approdo felice, utile cioè, forse domani, per ridisegnare la stessa Onu, bensì – Dio non voglia – verso quel passato caratterizzato dagli egoismi nazionali che si voleva superare. LA FORZA DELLA SCELTA DI DIO Oggi ho cercato di aiutare una signora, preoccupata per la malattia del marito, perdendo tempo nel farle varie telefonate e certificati per appuntamenti di visite, esami diagnostici, ecc. Era in difficoltà. Alla fine le ho chiesto se le era piaciuta Città nuova, che le avevo visto prendere giorni pri- ma dalla nostra sala, dove il marito stava facendo le chemioterapie. Sì – mi ha risposto -, è molto bella, ma come è cominciato tutto quanto…?.Voleva sapere qualcosa di più di quanto aveva letto, sul movimento. Le ho raccontato così la sua storia, iniziata quando tutto crollava. Era da tanto che non mi succedeva di ricordare quell’inizio ed ho visto ma dalla nostra sala, dove il marito stava facendo le chemioterapie. Sì – mi ha risposto -, è molto bella, ma come è cominciato tutto quanto…?.Voleva sapere qualcosa di più di quanto aveva letto, sul movimento. Le ho raccontato così la sua storia, iniziata quando tutto crollava. Era da tanto che non mi succedeva di ricordare quell’inizio ed ho visto l’efficacia di quella testimonianza: la forza coinvolgente della scelta di Dio Amore. Così ho proseguito. Dicendo che, fatta la scelta di Dio scoperto come Padre, ne deriva di conseguenza che tutti siamo fratelli ed allora i problemi suoi sono miei e viceversa. Ma come si fa… – mi ha chiesto di nuovo la signora – fuori di qui non è così. Allora ho levato di tasca la Parola di Vita e le ho detto che cerco di viverla ogni istante, così cambio mentalità e vedo il mondo come lo vede Dio e gli altri come fratelli. Infine si è abbonata a Città nuova per poter fare anche lei questa esperienza. P.A. – Verona A PROPOSITO DI BREVETTI Nel n. 2 di Città nuova a proposito dell’articolo Tra libero scambio e rispetto dei diritti vorrei suggerire una soluzione scritta a suo tempo da Luigi Einaudi: riduzione della durata dei brevetti. Che ne dite?. Cirillo Senaci – Brescia Purtroppo, di questi tempi, c’è chi propone di aumentarne la durata. Come si evince proprio dall’articolo da lei citato. Non conosco il contesto nel quale si espresse il presidente Einaudi. Si può ritenere che avesse già allora buoni motivi per sostenere questa tesi. Certo fa piaceve trovarsi in sintonia con un così insigne economista e persona di grande buon senso. SCANZANO LE RAGIONI DELLA PROTESTA Sono un abbonato di Città nuova e con molta sorpresa e fastidio ho letto l’articolo di Giulio Meazzini sul n. l del 2004, dal titolo Chi vuole i nostri rifiuti?. Ero tra i centomila e più lucani che il 23 novembre scorso hanno manifestato a Scanzano, per cui sento il bisogno di puntualizzare alcuni aspetti, necessari per la conoscenza della verità dei fatti. Al contrario del sig. Meazzini noi siamo convinti che con il ritiro del decreto abbiamo vinto tutti: Ha vinto il popolo lucano, perché ha saputo dire le sue ragioni con compostezza, determinazione e civiltà, ritrovandosi intorno ad una convinzione profonda: in quel momento stavamo lottando per una causa giusta e determinante per il nostro futuro, ma anche per tutte le altre regioni. Sembrerà strano, ma è così. Il decreto infatti era sbagliato e ingiusto sia nella forma che nella sostanza, non solo per la Basilicata, ma per qualsiasi altra regione interessata. Nella forma perché era stato emanato senza consultare e coinvolgere le istituzioni e le popolazioni locali e gli ambienti scientifici nazionali; nella sostanza perché un sito unico, dovunque ubicato, è una terribile minaccia per l’ambiente circostante, ma anche una minaccia per tutta la nazione attraversata da continui convogli nucleari (per raccogliere le scorie quotidiane degli ospedali e dei centri di ricerca) con pericoli di incidenti, attentati e imprevisti vari… Se poi si aggiunge che il decreto prevedeva il trasporto e lo stoccaggio immediato a cielo aperto a Scanzano di tutte le scorie nazionali e la messa nel sito entro il 2008, si può immaginare la paura e la preoccupazione per qualsiasi malcapitato, non solo per i lucani. Ha vinto il governo che ha saputo riconoscere lo sbaglio e la giustezza delle nostre richieste ed ha rimediato. Non è grande chi non sbaglia, ma chi riconosce di aver sbagliato e si corregge! Ha vinto la classe politica, che per una volta tanto ha messo da parte le faziosità partitiche e compatta ha difeso un’idea giusta, guardando al bene comune. Hanno vinto il buon senso e la ragione (e tutte le regioni italiane), perché sono convinto che in futuro non si adotteranno più provvedimenti così delicati senza consultare gli interessati e perché gli attuali siti saranno messi in sicurezza subito, in attesa di decisioni più sagge. Aggiungo che non comprendo e non condivido le espressioni ingenerose del sig. Meazzini quando afferma: Il deposito nazionale serve, basta che non sia nel nostro giardino, e che le conseguenze le paghi qualcun altro, di un’altra regione, o meglio ancora all’estero. Forse l’articolista ignora che la Basilicata, senza recriminazioni e senza chiasso, sta dando il suo contributo da più di vent’anni con il deposito nucleare di Rotondella- Trisaia-centro Enea (a pochi chilometri da Scanzano) dove sono depositate scorie di ogni tipo e pericolosità! Quindi il dilemma non è: noi no e altri sì, ma di trovare insieme il modo e il luogo adatti a dare risposte giuste ad un problema giusto ma che non riguarda solo la Basilicata, come si voleva far credere o come si sperava che fosse, per chiudere in fretta la partita, senza gravi danni per gli altri. D’altra parte, il solo vedere che tutte le Istituzioni politiche, ecclesiali, sindacali, amministrative e i singoli cittadini della regione si sono uniti e mobilitati costituendo un popolo che reclama e invoca i propri diritti, doveva far pensare diversamente. Ma c’è sempre tempo per la ragione! In conclusione, noi lucani siamo disposti a collaborare e a fare la nostra parte, come sempre, ma non a subire tacendo e a fare da pattumiera di scorie radioattive di tutta la nazione, senza far sentire le nostre ragioni. Forse siamo poveri di risorse economiche e di beni materiali, ma la ragione e la forza della ragione, grazie a Dio, non ci mancano! Cordiali saluti e auguri a lei e a tutta la redazione. + P. Francesco Nolè – vescovo di Tursi (Mt) Risponde Giulio Meazzini. La ringrazio per il suo contributo che permette ai lettori della rivista di conoscere un punto di vista autorevole, informato e soprattutto del luogo. Mi rendo conto che è facile parlare da lontano e forse ha ragione chi mi ha detto: Se fossi stato lucano, saresti stato in piazza anche tu. Comunque non era mia intenzione mancare di rispetto a nessuno e mi scuso se così è stato percepito l’articolo in questione. Per parte mia, passerò ben volentieri tra coloro che, come lei, ritengono che abbiamo vinto tutti, non appena le manifestazioni di piazza saranno seguite da quel dialogo a tavolino da tutti auspicato, ma non ancora iniziato. Un dialogo costruttivo, rispettoso delle diversità e soprattutto capace di giungere ad una decisione efficace ed il più possibile condivisa.

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