La posta del direttore

UNO SPICCATO ANTIAMERICANISMO “Pur apprezzando il vostro sforzo per essere equanimi, dall’insieme degli articoli sull’Iraq di Città nuova n. 7, riteniamo che traspaia uno spiccato antiamericanismo. “Moltissimi italiani ricordano che gli americani e alleati ci hanno salvato dal nazi-fascismo al prezzo di moltissimi caduti, le cui tombe sono allineate nei cimiteri di guerra in Italia e altrove. Nell’immediato dopoguerra con l’invio di navi cariche di grano gli americani ci hanno salvato dalla fame. In seguito gli americani ci hanno salvato dal comunismo (dove si sono instaurati regimi comunisti si è avuta perdita della libertà e miseria). “Dall’insieme si ha l’impressione che gli Usa vengano da voi giudicati colpevoli di una guerra fatta solo per avidità di petrolio e volontà di dominio mondiale. “Gli Usa hanno intrapreso una difesa dal terrorismo dopo essere stati colpiti da diversi attentati sanguinosi e soprattutto dopo l’attacco alle Torri Gemelle. Ciò dimostra la presenza di un programma terroristico coordinato, con base in alcuni stati. “Crediamo che con il “dialogo” difficilmente si sarebbe potuto convincere alla pace Hitler o Saddam”. Vito Nicolini e Giacinto Domenichini – Genova SINCERAMENTE DELUSO “Sono un vostro abbonato da anni e voglio dirvi che l’ultimo numero di Città nuova (che finora aveva sempre manifestato serenità e obiettività di giudizio) mi ha sinceramente deluso nel costatare come si sia allineato con i mass media (purtroppo anche cattolici) nella triste vicenda della “guerra” in Iraq, soprattutto nel confronto dell’America e americani in generale”. Piergiorgio Gallinoni PAR CONDICIO “Noto con grande rammarico che la vostra posizione è sempre più allineata a quella dei pacifisti a senso unico. Le parole del papa sono di condanna per la guerra, ma voi ci aggiungete la critica dura e senza appello anche al nostro governo che pur non partecipa alla guerra, prendendo a pretesto una dichiarazione del ministro Martino e dimenticando gli sforzi della nostra diplomazia per evitare la guerra. “Ci sarebbe ancora tanto da dire e sui nostri politici dell’opposizione che si fanno scudo delle parole del papa per propugnare una pace che solo ora riscoprono, e sui governi pacifisti che hanno accordi sotto banco con Saddam Hussein, nonché sulle circa cinquanta guerre che tuttora insanguinano il mondo e che pare nessuno ricordi perché non vi è implicata l’America. “A questo punto, per par condicio, sarebbe opportuno e illuminante qualche vostro articolo sulla situazione generale “. Marilì Giorgetti – Milano LA VERITÀ PUÒ FAR MALE “Ho inviato ai miei amici un e-mail con tutto lo “Speciale” da voi fatto nel n. 7 sulla guerra in Iraq. Quando ho letto i vostri articoli dal sito, sono stata ancora più contenta di collaborare con voi. Avete detto la verità con chiarezza, approfondendola, con coraggio; l’ho apprezzato tantissimo! In un periodo come questo, nel quale, pur sapendo la verità, tanti giornalisti si lasciano imbavagliare o lo fanno da soli, il vostro coraggio e la vostra professionalità non passeranno inosservate. Sono sicura che il papa sarà orgoglioso di voi. Come noi tutti della comunità di Somma. La verità, a volte, può far male, ma bisogna dirla sempre, senza paura, come avete fatto voi, guardando ai fatti. Sono con voi e fiera di voi!”. Sara Fornaro – Somma Vesuviana UN GRAZIE SINCERO “Un grazie grande, sentito, sincero per l’ultimo editoriale speciale Iraq! Mi sento profondamente e perfettamente espresso nel suo equilibrio e la sua chiarezza nel no alla guerra.Vi sono vicino nel vostro lavoro preziosissimo “. Christian Kewitsch – Firenze Come si può notare dalle lettere pubblicate – un campionario emblematico di quelle arrivate in questi giorni – lo Speciale sulla guerra in Iraq uscito sul n. 7 non è passato inosservato. Esso è servito certamente a chiarire alcuni equivoci e forse qualcuno ne ha creato. Qui diamo spazio soprattutto alle lettere di protesta, perché sono quelle che più reclamano una risposta. Mentre dei segnali di approvazione, arrivati via e-mail e per telefono, più numerosi, ma ovviamente meno articolati e, forse, più prevedibili, riportiamo solo due brevi e-mail. Fra questi ci ha stupito qualche “finalmente” che accom- pagnava le espressioni di consenso, quasi che la nostra linea contraria alla guerra non fosse evidente fin da subito, quando ancora il 15 ottobre titolavamo a lettere cubitali in copertina: “La guerra mai!”, avendo fatto nostri senza tentennamenti gli appelli del papa. Certo, la cadenza quindicinale della nostra rivista consente solo di scongiurare un fatto non ancora accaduto. E ciò rende più comprensibile l’impazienza. Fra chi protesta, c’è chi trova la posizione di Città nuova troppo schierata a sinistra, perché “sessantottina, antiamericana e antigovernativa” e, viceversa, chi lamenta il contrario, perché non sarebbe sufficientemente critica verso il governo. Su entrambi questi fronti si rileva però un’animosità, talora un astio, che ci addolora e che noi vorremmo combattere, invitando al dialogo. Senza deflettere mai, tuttavia, sui princìpi, come il no alla guerra dimostra; ma senza pregiudizio verso le persone e, meno che meno verso i popoli. Ecco perché si è cercato di andare alla radice dell’errore americano e, soprattutto, dei suoi governanti, distinguendo distinguendo dai valori di libertà e democrazia che questo popolo custodisce; e dai quali vorremmo non si allontanasse. Mi auguro che l’approfondimento con cui Antonio Maria Baggio completa su questo numero la serie dedicata agli Stati Uniti possa offrire un utile chiarimento in proposito. QUEL PETROLIO FA GOLA A TUTTI “È interessante notare quali siano le strategie economiche collegate in questo momento al petrolio. Mi sembra evidente che una rimozione delle sanzioni insieme al riavvio della produzione di petrolio iracheno abbia un effetto anti speculazione sul prezzo del greggio. La produzione irachena tornerebbe legalmente nel mercato abbassando il prezzo con benefici per tutti i consumatori. Proprio per questo l’Opec ha annunciato che ridurrà la produzione di petrolio, con l’intento di mantenere il prezzo del barile sopra ai 30 dollari. “È chiaro in questo contesto anche l’interesse della Russia che è grande produttrice di petrolio. “Dal punto di vista umanitario adesso c’è la possibilità concreta di rimuovere le sanzioni, permettere cioè all’Iraq di produrre e commerciare, due condizioni essenziali per ritrovare l’unità del paese e rafforzare tutti coloro che vogliono costruire un futuro democratico e libero. “Ritardare o negare la richiesta di rimozioni delle sanzioni sarebbe una vera ingiustizia!”. A. G.- Roma Si è parlato molto degli interessi petroliferi delle grandi potenze alla base del conflitto iracheno. E l’attuale braccio di ferro sull’opportunità o meno di togliere le sanzioni sembra confermarlo. L’importante, a questo punto, è che non sia ancora la popolazione a far le spese di questa contesa, visto che quell’immenso patrimonio sommerso è, fino a prova contraria, degli iracheni.

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