La posta del direttore
Servizo Civile e libertà “Una vicina di casa mi regala sempre la vostra rivista sperando di trasformarmi in credente (sono agnostico e anticlericale).Comunque vi leggo per essere informato. E ho letto da qualche parte che qualcuno sulle vostre pagine ha proposto il servizio civile obbligatorio. Ma siamo matti? La solidarietà obbligatoria già la facciamo pagando le tasse, poi se il governo usa male i soldi affari suoi. Ma il vero problema è che il servizio civile obbligatorio diverrebbe come la naja oggi (e il servizio civile sostitutivo), con i figli di papà imboscati nei ministeri o nelle associazioni culturali/sindacati, eccetera, i figli di alla Caritas a far la guerra ai barboni e ai drogati. E non mi parlate del valore formativo dell’esperienza: il figlio di un amico ha fatto servizio un anno alla Caritas di Roma, nel dormitorio della stazione Termini, e mi ha detto “Se torno a nascere vado militare in Afghanistan col col. Moschin, meglio la guerra ”. “Infine una notazione che fece uno psichiatra una sera al Tg1, Vittorino Andreoli: “Ho paura di un mondo dove sarà obbligatorio essere buoni, perché la cattiveria sarà una forma di libertà”. Già lo vediamo negli Usa e in Gran Bretagna, dove sono usciti i “Vice funds”, i fondi del vizio, contrapposti alla finanza etica: investono soldi nelle ditte di armi, liquori, tabacco, ecc., e hanno un successo strepitoso “L’uomo di sua natura non è buono. Richiamarlo a un maggior senso di civile responsabilità è giusto, rompere i c. no. Il troppo stroppia, da qualunque parte venga”. Riccardo Di Camillo La sua lettera mi pare scritta un po’ sopra le righe, ma è così determinata e appassionata che non si può lasciarla senza risposta. Innanzitutto troverà un articolo sul servizio civile proprio su questo numero. Temo però che non si discosterà molto da quelli che hanno già suscitato o suoi sacri furori. Quanto all’obbligatorietà del servizio civile, proposta dalle Acli, la ritengo difficilmente praticabile, pur con il grande significato che avrebbe di sottolineare il debito verso i meno fortunati e più in generale, verso il proprio paese. Del resto, mentre quasi sempre le guerre si possono evitare, quasi mai si possono evitare certe calamità naturali. Per cui il servizio civile oggi, anche obbligatorio, avrebbe secondo me un qualche senso. Non credo che della Caritas si possa dire, generalizzando, quello che dice lei. Consiglierei di verificare di persona. E qui mi fermo, sperando di non avere già superato il limite che così tanto l’importuna, non senza averla prima ringraziata per la sincerità. Città Nuova fra i carcerati “Marco è poco più di un ragazzo. Si trova in carcere da un paio d’anni per scontare una condanna di 28 anni. Disperato, per tre volte ha tentato, senza successo, di togliersi la vita. Tempo fa gli capita tra le mani una copia della rivista Città nuova. Gli occhi si posano su di una pagina che racconta un’esperienza imperniata sull’amore reciproco, sul perdono. Comincia a leggere e il suo interesse aumenta man mano che va avanti nella lettura. È impressionato, quasi incredulo. riesce a procurarsi un altro numero della rivista e trova nuove esperienze. “In breve nasce in lui un desiderio: provare a vivere ciò che ha letto. Prova ad amare cominciando dai suoi compagni di cella, dagli agenti di custodia, dal personale del carcere e vede che “funziona!”. “Mesi fa venne trasferito in un carcere del sud, più vicino alla famiglia, che, essendo povera, non poteva venirlo a trovare.Vi rimase tre mesi. Pochi giorni dopo l’arrivo nel nuovo penitenziario si accorge che tra i detenuti c’è il suo “nemico”, uno che aveva giurato di ammazzarlo il giorno che l’avesse incontrato. Ha paura e pensa di chiedere immediatamente il trasferimento; poi riflette; sa di avere iniziato una nuova vita, col proposito di amare tutti, anche i nemici dunque così decide di restare. “Quando si incontrano, Marco ha paura, ma trova il coraggio di dirgli: “Ho sbagliato nei tuoi confronti, se vuoi picchiarmi, sfogati pure, ammazzami se credi sappi però ”. E gli racconta l’esperienza di quegli ultimi mesi. L’altro rimane interdetto; la sua ira si placa, fa qualche domanda, al termine c’è il perdono e nasce un’a- micizia. “Ora Marco è tornato al vecchio carcere. Ha chiesto di mandare il giornale al suo nuovo amico che ha deciso di provare pure lui questa esperienza. Giorni fa diceva: “Se tu sapessi che libertà sento dentro di me! È meraviglioso: sono dietro le sbarre, eppure mi sento un uomo libero, libero di amare tutti, di amare sempre, sono felice di vivere””. “Ho raccolto questa testimonianza dal cappellano di un carcere e mi è parso opportuno farla conoscere, con un grazie per il bene che ha fatto anche a me”. Suor Maria Mercede – Milano Indovini e creduloni “Di recente ho avuto l’impressione che la tv, soprattutto i network privati, stiano ospitando sempre più frequentemente, chiaroveggenti, indovini, astrologhi e spiritisti. “Debbo dedurre che molti italiani, pur di vedere risolti i propri problemi e le traversie quotidiane, si rivolgano a questi ciurmatori. “Le gravi conseguenze ed i guai che costoro arrecano a tante persone ingenue sono sotto gli occhi di tutti. Così come è vistoso il loro enorme business! “Tutto ciò, ovviamente, mi stupisce se penso che tanta povera gente continua a coltivare questa illusione: attendersi dagli altri la felicità. Eppure già Confucio diceva: “Chi è saggio cerca in sé stesso ciò che desidera, mentre l’uomo ignorante la cerca negli altri””. Franco Petraglia – Cervinara (Av) L’incongruenza è che, mentre sugli stessi canali tv si parla di fatti di cronaca attestanti le truffe abissali di maghi e indovini, e delle conseguenze penali cui vanno incontro, si da sempre più spazio agli oroscopi e si ospitano in molte trasmissioni questi stessi ciurmatori. I gusti di Dio L’amico Beno Fignon, friulano doc trapiantato a Milano, mi fa trovare di quando in quando nel fax qualche frase “sorridente e lieve”. Come il saluto beneaugurante del mattino. Questa volta il “pensierino del giorno” non voglio tenerlo per me. Eccolo: “Io sono figlio di Dio, siamo tutti figli di Dio, l’umanità è figlia di Dio. Eppure egli è un raffinato”. Credibile Camdessus? “Scrivo in relazione all’articolo molto interessante Paolo Lòriga (Città nuova n. 21/2002), contenente un’intervista a Michel Camdessus. Ma chi conosce un po’ la storia e le opere del Fmi non riesce a non porsi degli interrogativi leggendo l’intervista al suo ex direttore generale. Alcune domande sono nate in me spontanee: dov’era la fratellanza quando il Fmi costringeva, e dico costringeva, alcuni paesi del sud est asiatico a liberalizzare i mercati finanziari e quindi ad alzare i tassi d’interesse alle stelle, mettendo in ginocchio milioni di persone che non riuscivano più a pagarli? Dov’era la fratellanza quando il Fmi costringeva l’Argentina a privatizzare praticamente tutto in pochi anni e ad accumulare debiti per ripagare i debiti, fino a non avere più un dollaro, e addirittura a bloccare i depositi bancari dei cittadini costringendo milioni di persone alla fame? “Ora, non mi meraviglierei tanto se fosse un dipendente qualsiasi del Fmi a parlare in maniera così accorata della fratellanza universale. Ma se parla il direttore generale qualche responsabilità, in tutto questo, lui ce l’avrà pure o no? Francesco Tortorella (Napoli) “Scrivo dopo aver letto l’articolo apparso su qualche numero fa della rivista, l’intervista al funzionario del Fmi. Chi conosce un po’ l’Fmi sa che ha fatto molti più danni che bene e che la sua politica d’azione è criticabilissima a volte alquantostrumentalizzata. Ora che si faccia passare con tanta dolcezza una cosa del genere a noi gen di Taranto è suonata davvero strana e poco consona al nostro ideale. Sottoscriviamo affinché possiate dare ai lettori una giusta spiegazione “. Emanuele, Andrea, Danilo, Francesco, Valerio – Taranto Risponde Paolo Lòriga. L’incontro con Camdessus nacque con l’intento di evitare di assimilare una persona ad un’organizzazione. Il Fondo monetario internazionale è istituzione molto vituperata per le logiche e le strategie che spesso impone ai paesi in crisi, ma non va dimenticato che molti stati sono precipitati nel baratro per le scelte dei propri governi di vivere al di sopra delle possibilità. Le politiche del Fmi sono state attuate con il consenso richiesto dell’85 per cento dei paesi membri. Camdessus ha cercato di mediare tra i sostenitori del pensiero economico più sociale (gli europei) e quelli propugnatori del libero mercato (nordamericani). Quale direttore generale, ha sicuramente avuto grandi responsabilità e non sarà uscito senza macchia dal suo ruolo di vertice. Ma ci sembrava opportuno mettere in luce che proprio lui, dopo aver lavorato a un tale livello, facesse presente l’urgenza di adottare il parametro della fraternità nell’elaborare progetti ad ogni livello e in ogni campo, pena la loro inefficacia e dannosità. Per evitare pre-comprensioni su Camdessus, avevo intenzionalmente precisato in apertura dell’articolo che il Consiglio Justitia et Pax della Santa Sede lo aveva annoverato tra i propri collaboratori, e che l’economista Zamagni, di cui mi fido, gli ha sempre manifestato grande stima.