La posta del direttore
L’Africa, la Cina e il traffico di armi Di recente sono emerse informazioni sul continente africano che hanno posto in evidenza un elemento noto agli specialisti, ma pressoché sconosciuto ai più: la massiccia penetrazione di interessi della potenza economica cinese che finanzia, anche con la fornitura di armi, gli approvvigionamenti di fonti energetiche tradizionali. Avviene così che la tragedia in Darfur (300 mila morti, 4 milioni di sfollati) non riesce ad entrare nella agenda del Consiglio di sicurezza dell’Onu per il veto del rappresentante del governo cinese che è membro di diritto dello stesso Consiglio. In tale contesto come possiamo giustificare la volontà espressa nei viaggi ufficiali in Cina da Ciampi, assieme al ministro degli esteri Fini, nel 2004 e ribadita da Prodi nel 2006, di porre fine all’embargo europeo sulla vendita di armi alla Cina?. Carlo C. – Marino Dobbiamo riconoscere che si preferisce non parlare di queste prese di posizione trasversali dei nostri rappresentanti di governo. Non certo nel senso che la notizia non sia conosciuta, quanto nella mancanza di un diffuso clamore e dissenso per tali scelte. Di fatto, si tratta di dichiarazioni obbligate di fronte ad un grande Paese votato a diventare la potenza mondiale antagonista degli Usa e che considera l’embargo europeo, conseguente ai fatti di Tienanmen del 1989, come una odiosa discriminazione, peraltro poco efficace, considerando la formidabile capacità produttiva del colosso industriale asiatico. Dichiarazioni diplomatiche che sono regolarmente respinte dall’Unione europea e che quindi si manifestano come una sorta di apertura di credito nei confronti di un mercato promettente per tutti gli altri nostri prodotti. Secondo alcuni, infatti, la nostra stessa politica industriale e commerciale dovrebbe essere orientata dalle esigenze di quel centinaio di milioni di cinesi e indiani abbienti che determineranno le economie di molti Paesi. Occorre, invece, alimentare una cultura della interdipendenza orientata dalla fraternità, senza pregiudizi ma anche senza falsi timori. In questo seno abbiamo visto con favore la iniziativa del 29 aprile del Global Day for Darfur , tenutosi a Roma e in altri 50 Paesi nel mondo con adesioni e consensi che hanno attraversato l’appartenenza partitica tra maggioranza e opposizione. Si tratta di far crescere questi movimenti di coscienza per poter operare efficacemente cercando di comprendere la complessità della realtà. In questo senso va inteso il contributo notevole del seminario promosso, a fine marzo 2007, da varie realtà associative tra cui il Movimento politico per l’unità, per favorire l’incontro con la Cina fuori dagli stereotipi e dalle semplificazioni, per una nuova via della seta. È il tentativo, come è stato detto, di porre un seme di pace effettivo in un campo aperto. (cfr articoli su Città nuova n. 10/2007 a pagina 28 e su questo stesso numero 13 a pagina 20). Torneranno arpie e centauri? Completamente ignorata dai media, ad eccezione del quotidiano Avvenire e della Radio vaticana, il 18 maggio scorso ho appreso che il governo inglese ha dato via libera alla possibilità di creare embrioni ibridi, formati cioè da un misto di cellule umane e cellule animali. Ogni embrione ibrido sarà tenuto in vita solo poche settimane, giusto il tempo utile per le sperimentazioni e poi soppresso, nonostante il parere negativo espresso da moltissimi medici inglesi. Questa decisione è vista con interesse anche da altri Paesi europei, ma apre evidentemente scenari molto preoccupanti. La creazione in laboratorio di esseri per metà umani e per metà animali varca un confine che nessuno scopo medico-scientifico può giustificare. Massimo De Carli – Roma Nella fantasia di narratori e poeti sono sempre esistiti ibridi improba- bili, per metà uomini e per metà animali, come i centauri e le arpie, nel desiderio, forse, di superare i limiti che condizionano la fisicità dell’uomo. Nella realtà si sono visti però solamente mostri, probabile frutto di accoppiamenti innaturali. Anche esperimenti di laboratorio su embrioni come quelli ai quali lei accenna non possono che generare gravissime perplessità. Anche Cristo era contestato La Chiesa, come il suo fondatore Cristo, spesso non è compresa e viene considerata fuori del tempo perché non si allinea alla mentalità corrente. È criticata dalle multinazionali e dai governi quando condanna i sistemi politici ed economici che creano ingiustizie, quando si pronuncia contro le guerre (ricordiamoci le parole forti di Giovanni Paolo II contro l’intervento in Iraq) e anche quando, come avviene in questi giorni, difende dei valori basilari come la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, o difende la vita umana in ogni suo aspetto. Il futuro ci dirà chi aveva ragione e non credo che la Chiesa dovrà chiedere scusa per quanto sopra menzionato. Ciro Rossi Gli apprezzamenti di un velista minimale Vi scrivo per ringraziare Riccardo Bosi del meraviglioso pezzo su Moitessier apparso nell’ultimo numero della rivista. Sono un velista minimale nel senso che posseggo una canoa a vela biposto con la quale mi diletto anche in un piccolo specchio d’acqua vicino a casa. La famiglia intera condivide la passione velica e marinara che Riccardo ha fatto emerere in altri pezzi apparsi su Città nuova. Attendiamo nuove rotte! Bello il messaggio la vela per tutti. Giampietro Parolin Carmignano di Brenta (PD) Quali risultati con i Pacs all’estero? Eugenia Rocella ex radicale, laica e femminista ha detto che nei Paesi dove vigono leggi tipo Pacs c’è stato un decadimento sociale che ha incrementato notevolmente la schiera delle madri sole con una ricaduta negativa sui bambini. Rispetto al resto dell’Europa, la famiglia italiana ha mostrato una resistenza straordinaria. Allora ci dobbiamo allineare ad altri Paesi, oppure porci all’avanguardia nel rafforzare culturalmente e con leggi adeguate la famiglia e la natalità? In un recente sondaggio l’80 per cento dei giovani italiani si sono dichiarati favorevoli al matrimonio. Un dato che dovrebbe far riflettere e rallegrarci. Simone Hegart Incontriamoci a Città nuova, la nostra città Estate, tempo di bilanci. Anche di chi ha lavorato con passione e intelligenza alla diffusione della cultura dell’unità. Riportiamo alcuni stralci di due lettere giunte in redazione: Vorrei fare alcune considerazioni sulla mia esperienza per Città nuova. All’inizio pensavo che dedicarmi a promuovere la rivista significasse occuparmi di aspetti burocratici, ma è stata invece una forte esperienza di comunione, condivisa con tanti. Per uno come me che leggeva Città nuova solo in parte, perché certi articoli non rispecchiavano il mio modo di pensare, occorreva scoprirne più profondamente il senso e tutto ciò che ci sta dietro. L’occasione è stata un incontro con qualcuno della redazione che ci ha spiegato come lo stile di lavoro della redazione sia quello dell’ascolto reciproco. E allora mi sono detto: avanti con entusiasmo. Ci siamo incontrati, da quel momento in poi, con alcuni amici e abbiamo stabilito di tenerci in contatto comunicandoci notizie, statistiche, esperienze, difficoltà e successi. In questi mesi ho capito che bisogna crederci come i primi diffusori e pionieri della rivista, che occorre la loro stessa convinzione. Tanti mi hanno comunicato le esperienze che si vivono nel proporre gli abbonamenti per condividere le delusioni e le gioie che si provano e la mia e nostra sorpresa è stata che alcune delle nostre sono state pubblicate nello spazio dedicato a Incontriamoci a Città nuova, la nostra città. E poi un aiuto inatteso: un’azienda ha desiderato donare un finanziamento che ci sta permettendo di regalare 250 nuovi abbonamenti annuali a tanti che lo desiderano ma non ne hanno la possibilità. È diventata una splendida occasione per allacciare nuovi rapporti e far conoscere il nostro progetto chiamato fraternità. T. M.-Padova Per un bilancio consuntivo dell’avventura Città nuova di quest’anno, posso dire che è stato un anno un po’ speciale prima di tutto perché si è stabilito un rapporto più stretto e coinvolgente con la redazione, così da creare una comunione di esperienze (vedi la rubrica Incontriamoci a Città nuova, la nostra città). In secondo luogo avevamo appena compiuto il 50° compleanno e quindi bisognava fare festa e percorrere con maggior fantasia nuove strade per diffondere e sostenere il nostro progetto chiamato fraternità. Con alcuni amici abbiamo fatto un po’ di bilancio e insieme abbiamo deciso di concludere l’anno con uno sprint finale e cioè coinvolgendo con un gemellaggio alcuni nuovi lettori cui regalare l’abbonamento, finanziato inizialmente dalla condivisione delle nostre tasche, perché questo progetto si allarghi e raggiunga tanti. P.P. -Trento Chi volesse partecipare al gemellaggio dei nostri amici coinvolgendo qualche nuovo lettore, può farlo segnalando la sua intenzione a rete@cittanuova. it oppure provvedendo direttamente attraverso: Conto corrente postale n. 34452003 intestato a Città Nuova Editrice, via degli Scipioni, 265, 00195 Roma. Indicando nella causale abbonamento dono. Vi verrà comunicato chi sarà il vostro gemellato a cui, per chi lo desidera, verrà segnalato il vostro dono con una lettera. Abbonamento annuale euro 43,00 Abbonamento semestrale euro 25,00 Indirizzare i vari contributi a: rete@cittanuova.it