La posta del direttore

Il processo della vita non ha soluzioni di continuità A proposito del delicato tema dell’aborto, esposto nella lettera del signor Giovanni di Siracusa, penso che l’interpretazione che viene fatta dei sentimenti del piccolo embrione di 12 settimane, al quale vengono attribuiti ansia e terrore all’avvicinarsi della sonda che lo ucciderà, credo che poco o nulla abbia di scientifico e che, focalizzando l’attenzione sull’aspetto più emotivo del tema, non contribuisca ad una presa di coscienza serena e profonda basata sulle numerose evidenze scientifiche che l’essere umano è tale fin dal concepimento. Come medico credo sia fondamentale svuotare il dibattito dalle posizioni integraliste o emotive da una parte e laiciste dall’altra, per concentrarsi sul processo della Vita che, sia nello stadio intra che extrauterino, non ha soluzioni di continuità ed ha inizio con la fecondazione, indipendentemente dall’aspetto, dalle facoltà o dalle emozioni del piccolo essere umano. Ho letto recentemente le lettere di alcune donne che sono ricorse all’aborto terapeutico: sono cariche di un’enorme sofferenza che, loro stesse riconoscono, le accompagnerà tutta la vita. Una scelta come questa può essere dovuta sì, a volte, alla non consapevolezza che si tratti di un essere umano, ma in molte altre situazioni alla volontà di risparmiare al proprio bambino sofferenze gravi dovute all’ambiente familiare in cui egli si trovi a nascere o allo spettro della disabilità e della malattia. Non voglio con questo trovare facili giustificazioni, ma come mamma di bambini nati sani e in un contesto familiare sereno, di fronte al dramma affrontato da tante donne dopo una villocentesi o addirittura al quinto mese di gravidanza dopo un’amniocentesi positiva, provo un grande struggimento e cerco di accostarmi con silenzio e rispetto. Certo occorrerebbe una maggior coscienza che i figli sono persone diverse da noi, per i quali nessuno può decidere la soppressione della vita. Credo però che in questi casi sia determinante il ruolo del medico che può rassicurare, farsi carico della sofferenza e informare sulle numerose iniziative spesso poco conosciute che esistono nel mondo delle difficoltà familiari e della disabilità, e che molto possa anche la solidarietà e l’esempio di altre famiglie dove sulla sofferenza vince l’amore. Elena Cracco – Vigonza (Pd) Non posso dire quale sia l’interpretazione scientifica più esatta del fenomeno descritto dal signor Giovanni. Certamente non si tratterà di terrore come lo intendiamo noi, ma, posso immaginare, di una semplice predisposizione a scivolare fuori dalla pressione che un corpo solido genera penetrando in una massa liquida. Anche questa sarebbe tuttavia una forma naturale di autodifesa. Ho voluto comunque pubblicare la sua lettera non per aggiungere queste considerazioni, ma per il peso degli argomenti da lei addotti, che condivido pienamente. Andare incontro all’altro conviene Susanna, una signora tedesca da tanti anni in Italia, che lavora in un Call-center mi ha contattato proponendomi una delle tante offerte di telefonia mobile. Da qualche tempo mi sono proposta di non rispondere frettolosamente o male a questo tipo di telefonate, per rispetto della persona che mi chiama e che forse sta facendo un lavoro frustrante, ma d’altra parte spesso non so neanche cosa rispondere. Questa volta l’ho buttata sullo scherzo, sottolineando che l’esperto di casa era mio figlio, in quel momento assente, e che io ero troppo fuori età. Lei mi ha chiesto quanti anni avessi, mi ha detto i suoi, io mi sono presentata, lei pure, abbiamo cominciato ridendo a parlare di Beatles, poesie, lettere d’amore ricevute dai mariti. Alla fine ha soggiunto: Patrizia, le ragazze qui intorno a me, mi stanno guardando allibite, si sono accorte che sono emozionata e ti giuro che è vero. Mi ci voleva proprio stamani, questo momento! Posso contraccambiare la tua gentilezza con una ricetta?… Sai io sono diplomata in cucina internazionale… Prendi carta e penna, per favore… È quel che ho fatto. Vale la pena andare incontro all’altro, quando ci si riesce: non sarà mai sterile, quell’incontro. Anzi, sarà sempre una sorpresa! . Patrizia Malpaganti Il principio della sacralità della vita Nel recente dibattito sull’eutanasia qualcuno ha detto che quando si comincia a scardinare il principio della sacralità della vita nessuno sa dove si potrebbe arrivare. Ecco cosa è successo in Olanda: nel 2000 fu introdotta l’eutanasia per gli infermi maggiorenni capaci di intendere, di volere, e di farne richiesta scritta. Approvata la legge, i promotori hanno subito fatto notare che anche i minorenni possono soffrire in modo atroce, così nel 2002 è stata estesa agli adolescenti sopra i dodici anni. Nel 2004 si è estesa l’eutanasia ai bambini sotto i dodici anni per i quali basta l’assenso dei medici e dei genitori. Nel 2006 il Parlamento olandese discute l’estensione dell’eutanasia ai malati di mente, riservando la decisione ai medici. A me sembra che la nostra società sempre più materialista tenda a sbarazzarsi di quanti sono ritenuti un peso per la società. Detto questo, sono anche contrario all’accanimento terapeutico che è cosa ben diversa dalla eutanasia. INSIEME PER L’EUROPA In questi ultimi numeri abbiamo letto con interesse articoli in cui traspare una vitalità nuova in ambito ecumenico, con riflessi alquanto positivi per un nuovo impulso spirituale e culturale dell’Europa. Interessante a questo proposito l’articolo Ortodossi e innovativi del 10 febbraio scorso. Ci ha fatto piacere sapere che saranno pubblicati altri articoli per far conoscere meglio la realtà degli oltre 170 movimenti che partecipano all’iniziativa denominata Insieme per l’Europa 2007 a Stoccarda. Ci è venuto spontaneo, a questo punto, metterci in contatto con voi della redazione per dirvi innanzitutto che non solo condividiamo questo percorso, ma vorremmo viaggiare con voi, coinvolgendo altri nostri amici che sappiamo interessati a questo nuovo orizzonte. Ma come fare per portare ad altri questa nuova prospettiva culturale? Vorremmo offrire una copia della rivista, senza privarci a nostra volta di quella che già ci arriva in abbonamento a casa. A questo scopo, per i prossimi mesi di aprile, maggio e giugno abbiamo sottoscritto un abbonamento trimestrale, in aggiunta all’annuale che già ci arriva. Così saremo in grado offrire una copia a chi lo desidera e vuole essere informato su questo percorso culturale e magari abbonarsi. Cesare, Francesco, Ezio, Giulio, Glauco, Silvano – Treviso L’ENTUSIASMO DI UN LETTORE In ottobre mi sono buttato con fiducia a proporre la mia rivista alle persone che incontravo quotidianamente nelle mie attività, agli amici che trovavo al supermercato, ai parenti, insomma a quanti ritenevo sensibili alle tematiche proposte. Così facendo, ho raggiunto lo scorso anno diciotto abbonamenti e quest’anno ne ho fatti altri sette. Come? Ecco qualche esempio: Ho una nipote insegnante che per anni mi ha detto sempre un gentile no. Quest’anno, dopo aver sfogliato qualche numero recente, ha cambiato idea. Dopo aver ricevuto alcuni numeri mi ha telefonato ringraziandomi per la qualità degli articoli che le sono risultati molto utili anche per la scuola superiore dove insegna. Ho un’amica che, dopo alcuni assaggi negativi, aveva rifiutato l’abbonamento. Qualche giorno fa mi telefona e mi chiede come si fa ad abbonarsi. Aveva visto un articolo che l’aveva interessata attendendo la visita dal suo medico e mi aveva subito telefonato. Fra l’altro, sono socio attivo delle Acli. Mi è venuta l’idea di chiedere l’abbonamento per due circoli. Mi è stato risposto che Città nuova era conosciuta e apprezzata e che procedessi pure. Un’ex collega, invece, aveva problemi finanziari. Io le portavo qualche volta alcune copie mie del giornale. Dopo circa tre anni, quest’anno le ho detto che l’abbonamento costa quanto un cappuccino e una brioche al mese. Mi ha sorriso: Vieni dopo il pagamento della tredicesima. G.P. – Padova Indirizzare i vari contributi a: rete@cittanuova.it

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