La posta del direttore
Volontari a ferma breve Scrivo a nome di tante madri e tanti giovani, specie del Sud, che tanto hanno dato in sacrifici e vite umane alle Forze Armate nei tempi passati e recenti (metto in evidenza quelli del Sud solo perché sono più numerosi, senza voler discriminare). Adesso vengono assunti come V.F.B. (volontari a ferma breve) e dopo quattro o cinque anni di sacrifici e di preparazione allo scadere dei termini si ritrovano senza un lavoro… in mezzo ad una strada. Il governo ha ridotto i finanziamenti? Ma perché assume nuovi VFP1 VFP2? Nuova formazione, nuovo vestiario, ecc…, dove sta il risparmio?. Speranza – Bari Questa lettera documenta una situazione di precarietà lavorativa diffusa tra i giovani e non solo. Da sempre nel Sud Italia una via di uscita praticata si è rivelata l’arruolamento nelle forze armate e nei corpi di polizia. Solo per l’esercito, ad esempio, è previsto nel 2007 l’arruolamento di 16 mila volontari in ferma breve per un anno. Il volontario in ferma prefissata a 4 anni è, invece, un militare professionista avviato allo sbocco naturale della carriera come servizio permanente; e la stessa legge del 2000, che ha introdotto il servizio militare professionale, ha previsto la necessaria adozione di misure per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro del personale eccedente rispetto all’organico delle forze armate. La vicenda concreta in generale ci deve interrogare, tuttavia, sulla distribuzione delle spese del comparto militare e sull’esigenza di misure di politica economica idonee alla crescita dei posti di lavoro nel campo civile e capace, perciò, di inserire professionalità maturate nel settore di quella Difesa che, lo ricordiamo, nel nostro Paese è orientata da una Costituzione che ripudia la guerra. Ma tu da che parte stai? Quando in questi anni berlusconiani andavo a rinnovare gli abbonamenti a Città nuova, aumentavano sempre i malcontenti che accusavano la rivista di essere pericolosamente filoprodiana. Pensavo che fossero un po’ esaltati e, pur riferendo a voi di queste voci, mi dicevo che con un cattolico tutto di un pezzo come il professore potevamo stare tranquilli. Caro direttore, ho paura che quelle persone avessero buon fiuto. Quando infatti ho letto quanto ha dichiarato il nuovo presidente della Camera a Porta a porta il 16 maggio, sono rimasta di sasso. Sotto Berlusconi nessuno si era permesso di mancare di rispetto al papa in questo modo, e il papa stesso non ha dovuto mai intervenire per difendere la Chiesa. Mi sembra che il professore, pur di prendere il potere e cacciare il nemico, abbia fatto salire sulla nave marinai e pirati! Che Dio ce la mandi buona! Cordialmente, ma… molto delusa…. M.A. Bianchi – Ferrara In verità non si può affermare che fra gli alleati di Berlusconi non ci siano state mai prese di posizione contro la Chiesa: penso a certe sortite della Lega. Tuttavia è vero che nel governo Prodi quelli che lei chiama pirati creano non pochi problemi alla navigazione. Ma la sua lettera, che non è certo la prima sull’argomento, merita alcune considerazioni di carattere più generale. Con l’adozione del sistema maggioritario, s’è incuneato nella testa di noi italiani un terribile tarlo, quello della logica d’appartenenza, riducendo tutto alla domanda semplificatoria da che parte stai? (Berlusconi/Prodi, amico/nemico, progressista/conservatore, cattolici veri/cattolici non veri) e appiattendo ogni analisi e valutazione al con noi o contro di noi. Il tarlo non ha risparmiato la comunità ecclesiale, per cui ci si è trovati divisi anche su valori che ci uniscono. A me stanno a cuore la vita, la famiglia, gli ultimi e la pace. Ma se cito i primi due, sono considerato di destra, se i secondi due, di sinistra. Di conseguenza, gli articoli sulla politica pubblicati dalla nostra rivista sono letti con questi occhiali deformanti, che penalizzano il lavoro di confronto svolto in redazione e con i responsabili e i parlamentari (appartenenti ai due schieramenti) del Movimento politico per l’unità. Difficile perciò far comprendere la nostra impostazione, tanto più in quest’ultimo anno di interminabile campagna elettorale, segnata da una contrapposizione verbale violenta e da una delegittimazione (quasi una demonizzazione) non solo degli schieramenti ma anche dei singoli esponenti. Affrontare i nodi del Paese alla luce della fraternità universale e nella ricerca dei valori condivisi può perciò risultare un esercizio ingenuo di buonismo per temperare il cinismo della politica. Perché chi legge, anche il nostro lettore, mentre scorre il testo vuol capire soprattutto da che parte stiamo, non la solidità delle argomentazioni addotte. Come alternativa cerchiamo di proporre la cultura che ci anima, quella dell’unità. Certamente dobbiamo esprimerla meglio, soprattutto sui temi politici. Ci aspetta comunque un lavoro impegnativo, ma appassionante. Come il suo, preziosissimo, di propagatrice (anche con gli abbonamenti) di questa cultura. Per continuare a sperare….. La storia che vogliamo raccontare inizia quasi 2 anni fa; era il 24 novembre 2004 e mancava un minuto alla mezzanotte, quando a Pompegnino di Vobarno, come in altre zone della Valsabbia e del Garda, la terra tremò portando con sé paura e distruzione. In modo particolare qui, a Pompegnino, i danni furono ingenti, pari solo alla rassegnazione e allo scoramento della popolazione: risultavano inagibili più della metà delle abitazioni, la chiesa, l’oratorio, la scuola materna. Da allora, a fatica, si cercò di rialzare la testa e per far ripartire la vita nel paese si pensò di dare la priorità alla ricostruzione dell’edificio che ospita l’oratorio e la scuola materna, come punto di aggregazione sociale. Oggi, attraverso gli aiuti pubblici, di varie associazioni, istituti, aziende e privati, possiamo ammirare il risultato di quest’opera. Per questo ci piacerebbe fare sapere, anche attraverso Città nuova, che la luce della speranza ha ripreso ad illuminare le nostre vite e aiutare chi la speranza l’ha persa. Silvio Gilberti De Giorgi e Città nuova Ho letto il bell’articolo scritto sul n. 15 da Michele Genisio sul grande matematico Ennio De Giorgi e ho visto che avete omesso di ricordare del suo rapporto con Città nuova. Mi risulta infatti che negli ultimi anni della sua vita egli la tenesse sul comodino e testimoniasse agli amici quanta serenità gli infondesse la lettura della rivista. Dal momento che, per celebrare il 50° di Città nuova, avete pubblicato tanti e così validi attestati di apprezzamento dei lettori, mi pare che questa piccola notizia abbia una sua attualità. Un abbonato bene informato Roma Non mi resta che ringraziare l’abbonato e, visto che con questa notizia ha stuzzicato la nostra curiosità, ne approfitto per chiedere a lui o a chi lo sapesse, di dirci con chi De Giorgi, fra i nostri amici o redattori, avesse relazione. Posso ipotizzare con Piero Pasolini, ma confesso che tiro a indovinare. Le nostre radici Fiera di Primiero. Un tuffo nelle origini per cogliere il senso più profondo di questi 50 anni. 14 luglio 2006 la Redazione è in viaggio per vivere il compleanno di Città nuova lassù. Tre giorni insieme a contatto diretto con quei luoghi che l’hanno vista nascere. Con noi alcuni testimoni di quei tempi per aiutarci ad aprire il forziere dei ricordi che abbiamo scoperto essere di straordinaria attualità. Giorni vissuti senza la fretta del giornale che si deve concludere, a percorrere le stesse strade a immaginare – per alcuni a ricordare – le folle dei primi frequentatori delle Mariapoli, con fra le mani quel primo foglio ciclostilato, fresco d’inchiostro, scritto da alcuni di loro e che di loro parlava. Sarebbe diventato il primo tramite di collegamento fra quanti lì avevano vissuto un’esperienza di fraternità indelebile. L’essenzialità, la forza e la straordinaria bellezza della natura ci hanno riportato alla responsabilità che animava quei pionieri, di essere cioè nel mondo testimoni di un messaggio che avrebbe raggiunto in pochi decenni gli ultimi confini della Terra. E la staffetta passa alla Redazione di Città nuova del 2006. Riprendono i ritmi dinamici e incalzanti di ogni giorno ma la mente e il cuore ritornano volentieri lassù, a Fiera, a quel progetto di nuova città.