La posizione della Chiesa cattolica su vocazione e omosessualità
La questione omosessuale
La questione omosessuale è diventata una delle sfide sociali più impegnative e complesse, creando tensioni a vari livelli, per lo più con la pretesa di arrivare a modificare il sistema di valori, di tradizioni, di comportamenti condivisi che fino ad ora definivano l’identità del corpo sociale; con la volontà politica di creare una nuova cultura: appunto la cultura “gay”. Il termine è oggi per vari gruppi molto politicizzato e non indica semplicemente una persona con un orientamento omosessuale, bensì chi adotta pubblicamente uno stile di vita omosessuale che si impegna a far accettare dalla società e dalla legge civile come pienamente legittimo [1].
L’esplosione della “cultura omosessuale” non poteva non irrompere nelle comunità cristiane e in tutta la Chiesa ponendo interrogativi e costringendo ad una profonda riflessione che permettesse il superamento di una lettura unicamente naturalistica della sessualità, che aveva portato a considerare innaturale ciò che non corrispondeva alla natura etero-sessuale dell’uomo.[2]
È iniziato così all’interno della Chiesa un cammino di riflessione aggiornato anche riguardo all’omosessualità da parte di esegeti, teologi, moralisti e di autori di scienze umane, che sta portando ad una nuova visione della persona, della sessualità e della corporeità.
Questa nuova visione sull’omosessualità è stata confermata nel documento del 1975 (Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale della Sacra Congregazione per la dottrina della fede) ove per la prima volta il magistero afferma l’esistenza di due tipologie di omosessualità: una contingente, transitoria; e una strutturale, permanente, e quindi immodificabile in qualche misura. Per cui prima di valutare una situazione è necessario conoscere e distinguere.
- La dimensione della sessualità nell’integrità della persona
Per comprendere il valore e le ragioni che hanno portato a precisare alcuni criteri vocazionali per l’ammissione al sacerdozio, penso sia necessario evidenziare, anche se in forma sintetica, gli elementi essenziali che caratterizzano la nuova visione di persona, della sessualità, della corporeità. E poi precisare come viene valutata la tendenza omosessuale in particolare nelle persone che sentono la vocazione al sacerdozio. E infine sottolineare i criteri di discernimento necessari per essere ammessi all’ordinazione sacerdotale.
Per giustificare il nuovo modo di valutare eticamente le persone che vivono l’omosessualità, il Magistero della Chiesa ha sentito l’esigenza di fare riferimento alla visione antropologica relazionale della persona e della società, che non parte più dall’io per parlare del soggetto umano, ma dalla relazione “io-tu” necessaria per diventare persone insieme. Questa visione è stata raggiunta col contributo delle scienze umane (antropologia, psicologia, sociologia, medicina pedagogia ecc.) ed è assunta ormai anche da vescovi, teologi e filosofi della Chiesa cattolica come punto di riferimento per la valutazione morale.
Legato alla visione antropologica della persona umana come relazione, va rivisto il nuovo contenuto della dimensione della sessualità e della corporeità. La sessualità è una caratteristica fondamentale di tutto l’essere umano, di ogni uomo e di ogni donna, che parte dalla sua realtà corporea (i cromosomi) e si estende alla totalità della persona: l’essere umano è sessuato in tutto ciò che è e che fa. Perciò la sessualità è parte integrante dello sviluppo della personalità e del suo processo educativo. Dal sesso infatti, la persona umana deriva le caratteristiche che sul piano biologico, psicologico e spirituale la fanno uomo o donna, condizionando così grandemente l’iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella società.
Perciò la sessualità non può essere identificata e confusa con la genitalità, alla quale Dio ha affidato lo scopo specifico della sponsalità e della procreazione; che possono essere vissute unicamente tra un uomo e una donna nel matrimonio. Persino Freud, nella sua opera: Compendio di psicanalisi, afferma inequivocabilmente che «bisogna distinguere nettamente tra i due concetti di sessuale e genitale. Il primo è più ampio e comprende molte attività che non hanno nulla a che fare con i genitali»[3]
Anche la visione del corpo come realtà negativa (frate asino) opposta allo spirito è cambiata. Ogni essere umano è corpo e l’essere corpo è essenziale alla persona umana come creatura. Lo spirito umano abbraccia anche il corpo, afferma Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio (n.11). La persona è uni-totalità nella quale si concentrano i tre universi: quello fisico, quello psico-affettivo, quello spirituale. Questi universi non possono essere presi separatamente l’uno dall’altro senza creare problemi psicologici.
- La sessualità come dimensione relazionale per essere dono
Secondo la corrente della psicologia umanista, l’essere umano raggiunge la sua maturità quando è capace di essere dono totale di sé nella libertà. Riesce a realizzare il dono totale di sè mediante la dimensione della sessualità attraverso la quale è possibile donare le proprie diversità e accoglie le diversità degli altri come dono. La sessualità orientata, elevata e integrata dall’amore, che si esprime nell’incontro tra l’uomo e la donna, è dono di Dio che permette di vivere tutti i rapporti interpersonali in maniera positiva e orientata alla loro maturazione personale, una preziosa riserva per il dono di sé che uomini e donne sono chiamati a compiere per la loro realizzazione e felicità e per la costruzione di una società che rispetti la dignità della persona umana.
L’unità corporeo, psico-affettivo-spirituale fa sì che il corpo esprima anche l’amore spirituale. L’antropologia personalistica è l’unica che permette di avere una visione della sessualità che comprenda tutte le dimensioni della persona, anche la fede. È una visione valida anche per i non cristiani perché aperta a considerare la sessualità come una ricchezza per le persone che si realizzano nel dono di sé.
Possiamo pertanto dedurne che questa visione dell’uomo ci conduce a realizzare il passaggio dalla sessualità malata di individualismo e di egoismo, di riduzionismo, a quella sana e liberante perché orientata alla reciprocità e all’amore.
La dimensione della sessualità e della corporeità essendo caratteristiche fondamentali della persona umana che le permettono di realizzare la vocazione ad essere dono vengono vissute in tutte le vocazioni anche da chi è chiamato alla verginità o alla consacrazione con i voti. Anche l’amore vergine è sponsale ed è fecondo, naturalmente secondo la modalità tipica della propria vocazione.
La visione antropologica della persona e della società a cui abbiamo accennato è contenuta in alcuni documenti del Magistero della chiesa cattolica.[4]
- Alcune note sull’omosessualità nella Chiesa oggi
Alla luce della visione antropologica della persona e della sessualità come relazione sarebbe importante approfondire i vari aspetti dell’omosessualità nella sua complessità, ma non è possibile nello spazio di un articolo. Qui ci concentriamo su un particolare: quello che riguarda la possibilità di chi vive l’omosessualità e sente la vocazione ad esercitare il ministero sacerdotale.
Secondo il Catechismo della Chiesa cattolica, «l’omosessualità designa le relazioni tra uomini e donne che provano un attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso» (CCC 2357). Tenere presente che c’è una varietà molto vasta di espressioni della tendenza che va dalla semplice amicizia particolare con manifestazione nell’ambito affettivo, fino ad arrivare a comportamenti sessuali e genitali.
Per la Chiesa è importante distinguere tra tendenza e comportamento omosessuale. La tendenza omosessuale non è una scelta libera della persona perciò non è responsabile. È una realtà che uno si trova a dover gestire senza sapere la causa. Perciò la tendenza non è una colpa, tanto meno un peccato. Alla luce di questa chiarificazione siamo tutti invitati a liberarci dai pregiudizi culturali, sociali e religiosi che abbiamo acquisito riguardo alle persone che vivono la tendenza omosessuale.
La Congregazione per la Dottrina della fede dichiara che «ogni persona umana ha una sua dignità perché creata ad immagine di Dio, perciò non può essere definita in modo riduttivo per il riferimento solo al suo orientamento sessuale» (n.16)
E nel Catechismo si legge: «Le persone che sperimentano la tendenza omosessuale sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, se sono cristiani a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione» (CCC 2358).
Il comportamento omosessuale invece, è costituito dalle manifestazioni sessuali genitali tra due persone dello stesso sesso. La Chiesa nel Catechismo afferma che gli atti compiuti tra omosessuali «sono intrinsecamente disordinati» (CCC 2367).
La motivazione che la Chiesa porta è che, pur con le intenzioni di esprimere l’amore, questi atti non potranno mai realizzare quanto Dio ha previsto per l’uso della genitalità: la sponsalità (una sola carne) e la procreazione naturale (questi limiti sono riconosciuti anche da chi pratica il comportamento omosessuale).
- I documenti del magistero riguardo all’omosessualità
Quattro sono i principali Documenti del Magistero della Chiesa sull’omosessualità. Tre Dichiarazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede: Persona Humana. Alcune questioni di etica sessuale (29 dicembre 1975); Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali (1 ottobre 1986); Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno 2003) e il Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 2357-2359).
Troviamo, inoltre, il paragrafo 150 nel Documento Finale del Sinodo dei Vescovi: Giovani, la Fede ed il Discernimento Vocazionale (ottobre 2018), e da ultimo, un Documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica. riguardante un aspetto particolare: Criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri (2005).
- La vocazione al ministero sacerdotale
In ogni vocazione due sono gli aspetti da approfondire: La chiamata come dono gratuito di Dio, la risposta libera dell’uomo.
- La chiamata
Guardando alle esigenze contenute nel sacramento dell’ordine la Chiesa precisa che il candidato che si sente chiamato deve sapere oltre a vivere la vocazione cristiana ricevuta nel battesimo di essere Gesù, specifica che deve essere: Cristo che celebra, “un Cristo capo, un Cristo pastore, sposo della chiesa”. (Cfr. Istruzione)
La chiamata ad essere un altro Gesù presuppone il sentirsi amati da Dio Amore di un amore particolare: come il giovane ricco: “Guardatolo lo amò”, e per una missione particolare. La chiamata contiene il credere a Colui che chiama e aderire con un amore totale e fedele scegliendolo come Ideale della propria vita in maniera radicale. Tutti gli aspetti della vita del sacerdote vengono quindi illuminati dalla coscienza di ridonarsi a Dio “nel servizio della Chiesa in una autentica carità pastorale”[5] (Cfr. Istruzione)
Inoltre, nella chiamata è compresa una missione particolare, per il sacerdote, quella di essere disposto a generare la comunità cristiana, a generare i fratelli e le sorelle a figli/e di Dio, come pure di diventare all’occasione degli accompagnatori nell’esercizio della paternità spirituale.
La presenza di queste note caratteristiche della chiamata al sacerdozio, vanno verificate e confermate come segni di vocazione da chi ha la responsabilità della formazione a nome della Chiesa. Non è sufficiente infatti, il semplice desiderio di essere sacerdoti per la propria realizzazione o per celebrare le cerimonie.
I vescovi e i responsabili della formazione hanno il dover di verificare l’idoneità del candidato al servizio ministeriale e la maturità umana e spirituale in tutte le dimensioni della persona in particolare la sua maturità psicologica e affettiva.
- La risposta alla chiamata
Anche le motivazioni della risposta vanno verificate da chi ha la responsabilità della formazione, perché sia una risposta motivata dall’amore e all’altezza della chiamata. La risposta deve nascere dal sentirsi guardata e amata in una forma particolare, una sorta di innamoramento. Perciò la risposta non deve nascere da nessun altro motivo pur bello e santo. La risposta non può nascere da motivazioni umane (una delusione amorosa, perché si ha paura di un rapporto intimo con un’altra persona, o perché non si vuole assumere la responsabilità di formare una famiglia, o per fuggire da una situazione grave in famiglia, neppure per essere più liberi per l’apostolato).
Inoltre la risposta, essendo una risposta all’amore, deve essere pienamente libera, cosciente della grazia contenuta nella vocazione: rimanere vergini sulla terra per lo sposalizio nel regno dei cieli. (Mt 19,12). La chiamata incomincia a realizzarsi quando si aderisce pienamente e si dice di “Sì” a chi ti ha guardato e chiamato, con cuore indiviso (1 Cor 7,32)
Per un cristiano è necessario continuare a rimanere nel passaggio pasquale di morte e resurrezione nel quale Gesù nel Battesimo ci ha ricreati, e che caratterizza la vita del cristiano fino a portalo “alla piena maturità di Cristo” lasciandoci plasmare dallo Spirito Santo che ci divinizza. Il cammino ascetico del cristiano non è quello di perfezionare il proprio io, o mortificarlo, ma farlo morire donandosi, buttarsi ad amare perché muoia: “Non son più io che vivo, vive in me Cristo” (Gal 2,19-21).
3.1. I criteri di discernimento vocazionale per accedere al sacerdozio
Da sempre c’è stato da parte del magistero una particolare attenzione alla formazione dei candidati al ministero sacerdotale, ma è col Concilio Vaticano II che ha ricevuto una svolta, una vera riforma sia dei programmi che della metodologia per essere il più possibile preparati ad affrontare le nuove sfide e rendere più incisiva l’azione pastorale.
Due sono i documenti riguardanti la formazione sacerdotale: L’Optatam totius della Congregazione per l’Educazione Cattolica e il Sinodo dei Vescovi del 1990. Un nuovo contributo viene dato dal santo Giovanni Paolo II con l’esortazione Apostolica post-sinodale Pastore dabo vobis.
3.2. La vocazione al sacerdozio di persone omosessuali
Di fronte alla sfida della “cultura omosessuale” il Magistero ha sentito la necessità di precisare i criteri per un discernimento vocazionale per chi vive la tendenza omosessuale. Nell’Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica vengono precisati i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri. [6]
In questo documento viene confermato quanto specificato nel Catechismo della Chiesa cattolica riguardo all’omosessualità: cioè partire dalla distinzione tra comportamento omosessuale e tendenza omosessuale.
Nell’Istruzione si legge: «Alla luce dell’insegnamento di questo Dicastero, d’intesa con la Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, ritiene necessario affermare chiaramente che la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione,[7] non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentando tendenze omosessuali particolarmente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay».[8]
Diversa invece è la situazione per candidati nei quali viene confermata la vocazione e sperimentano una tendenza omosessuale transitoria e desiderano essere aiutati ad integrarla. Questi candidati vengono consigliati di affidarsi a fare un cammino con qualche specialista (psicologo o psichiatra), che al termine dichiari la possibilità di continuare il cammino di formazione e così accedere al sacerdozio.
Un frutto del cambiamento che sta avvenendo nella Chiesa riguardo alla sfida dell’omosessualità è la pastorale di papa Francesco che propone un nuovo modo di accompagnare le persone omosessuali. In una risposta di ritorno della Georgia racconta la sua esperienza di accoglienza. «Nella mia vita di sacerdote, di vescovo e anche di Papa ho accompagnato persone con tendenze e anche pratiche omosessuali, li ho avvicinati al Signore e mai li ho abbandonati. Le persone si devono accompagnare come fa Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriva davanti a Gesù, Lui sicuramente non dirà: vattene via perché sei omosessuale. No».[9]
Papa Francesco nel libro sulla vocazione e gli omosessuali. Nel contesto del discernimento vi è il tema dell’omosessualità. «Quello dell’omosessualità è una questione molto seria, che occorre discernere accuratamente fin dall’inizio con i candidati, se è il caso. Dobbiamo essere esigenti. Nelle nostre società sembra addirittura che l’omosessualità sia di moda e questa mentalità, in qualche modo, influisce anche sulla vita della Chiesa». «Per questa ragione la Chiesa raccomanda che le persone con questa tendenza radicata non siano accettate al ministero, né alla vita consacrata. Il ministero o la vita consacrata non sono il loro posto. I sacerdoti, i religiosi o le religiose vanno spinti a vivere integralmente il celibato e, soprattutto, a essere perfettamente responsabili, cercando di non creare mai scandalo nelle proprie comunità né nel santo popolo fedele di Dio vivendo una doppia vita. È meglio che lascino il ministero o la vita consacrata piuttosto che vivano una doppia vita».
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[1] Cf. A.M. Baggio, “Orientamento sessuale. E’ indifferente?”, in Città Nuova, 19 (1999), 30-34.
[2] Cfr. G. Piana, “In ascolto delle diversità: le persone omosessuali”, relazione tenuta a Verbania Pallanza,16 febbraio 2002.
[3] S. Freud, Compendio di psicanalisi, in Id.,Opere, XI Boringhieri, Torino 1979, p. 579.
[4] Cfr. Diversi documenti della Congregazione per la dottrina della fede: Dichiarazione Persona humana su alcune questioni di etica sessuale, n.1-3 (29 dicembre 1975). Cfr. Documento della Congregazione per l’educazione cattolica, Orientamenti educativi sull’amore umano,7-12; Lineameti di educazione sessuale, n. 6, ; Ufficio Pastorale della CEI, L’educazione sessuale nella scuola (Orientamenti pastorali), n.2-4.
[5] Cfr.Presbyterorum ordinis, n.14:AAS 58 (1966), 1013-1014; Pastore dabo vobis, n.23: AAS 84 (1992), 691-694-
[6] Istruzione della Congregazione per l’Educazione Cattolica circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli Ordini sacri, Roma, 4 novembre 2005. Benedetto XVI in data 31 agosto ne ha approvato la pubblicazione.
[7] Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, (edizione tipica, 1997) ,n.2358; cfr. anche C.I.C. can. 208 e C.C.E.O., can. 11.
[8] Cfr. Congregazione per l’Educazione Cattolica; Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Lettera (16 maggio 2002) Notitie 38 (2002), 586.
[9] Cfr. Papa Francesco risponde alle domande dei giornalisti di ritorno dal viaggio nel Caucaso, 3 ottobre 2016.
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