La Pompei dei Caraibi
Tutto è eccessivo alla Martinica. La bellezza scioccante delle albe e dei tramonti, il rigoglio della natura tropicale coi suoi colori, fiori, profumi, sapori (penso alle guiave, alle banane, ai manghi, agli avocado), il concerto assordante dei suoi grilli, l’ardore insopportabile del sole, le cittadine dalle vie straripanti di vita, il blu intenso del cielo e del Mar dei Caraibi che incantò Gauguin… Tutto si offre al meglio e al massimo al visitatore, che ne risulta così stordito, inebriato.
Questo paradiso, ahimè, si mutò in inferno l’8 maggio 1902, allorché il Mont Pelée (la Montagna Calva) con un boato formidabile esplose vomitando fuoco, massi e ceneri: una immensa colonna di fumo s’innalzò verso il cielo, oscurandolo, e una nube ardente, rotolando a velocità fantastica lungo i fianchi del vulcano, investì Saint Pierre, l’antica capitale. In pochi minuti l’elegante cittadina soprannominata la Parigi dei Caraibi fu avvolta dalle fiamme, mentre nella baia le navi che non erano affondate bruciavano come zolfanelli. Eccesso anche nel numero delle vittime: si parlò di trentamila morti. Perirono proprio tutti gli abitanti? No, uno sopravvisse, anche se orribilmente ustionato: Louis Cyparis, un figlio di schiavi finito in carcere per omicidio, che: le robuste mura della sua cella avevano in qualche modo preservato.
Una volta liberato, il superstite del Mont Pelée tirò avanti a campare nel celebre Circo Barnum col racconto strappalacrime dell’eruzione, esibendo davanti al pubblico le sue piaghe.
E pensare che, prima di quel fatale 8 maggio, già da giorni vari fenomeni naturali preannunciavano che qualcosa stava covando nelle viscere del vulcano: scosse di terremoto, intensificata emissione di ceneri nere, valanghe di fango che avevano fatto alcune vittime…. Non bastò, e il governatore e le autorità dell’isola, impegnati a preparare il secondo turno delle elezioni amministrative previste per il giorno 11, tranquillizzarono la popolazione giustamente allarmata. La battaglia politica infuocata aveva purtroppo catalizzato l’attenzione, distraendola da un fuoco imminente d’altro genere.
Saint Pierre, ovvero la Pompei dei Caraibi. Ma a differenza della città sepolta dal Vesuvio, essa non si presenta come un immenso campo di rovine: le due città, l’antica e la nuova, convivono in un singolare connubio. Girando per le vie pittoresche che salgono verso il Pelée, ecco il teatro di cui l’antica capitale andava fiera e di cui rimangono solo le mura perimetrali in cima ad una sontuosa scalea a due rampe anch’essa rimasta intatta: all’interno il vuoto, proprio come tante scene fasulle di teatro. Ecco l’imponente cattedrale, già semidistrutta e che nella ricostruzione ha avuto sostituite le due torri originali tonde in altrettante rettangolari, ispirate a Notre Dame. Ed ecco ciò che sopravvive della prigione in cui era internato Cyparis: due celle. In quale venne rinchiuso l’omicida miracolato? È a discrezione dei turisti, i quali – impressionati dalle testimonianze della catastrofe custodite nel Musée volcanologique – gettano più di uno sguardo perplesso verso la cima del vulcano. Poi, rassicurati dai decorativi vapori coi quali sembra voler far dimenticare la tragedia di oltre un secolo fa, ben presto si lasciano distrarre da altri spettacoli, risucchiati dalla bellezza che la Martinica offre a profusione come da una cornucopia.