La politica dell’Eucaristia

Processione del Corpus Domini

Vi siete spaventati per il titolo? Abbiate pazienza un momento che vi spiego. “Ma l’Eucaristia è una realtà spirituale”. Appunto per questo è politica.

 

L’equivoco sta nella spiritualità. In generale la si intende come legata all’anima, allo spirito e contrapposta o separata dalla corporeità, dalla materia, dalla socialità, dalla politica. Vivere la spiritualità consisterebbe nel pregare, meditare, andare in chiesa, fuggire il mondo per evitare le occasioni di peccato.

 

Ma è proprio così? L’Eucaristia parla diversamente. Il suo linguaggio è corporale, sociale, di dono e immersione e non di fuga.

“Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue”. Pane e vino, che restano tali all’esperienza dei sensi e che si trasformano in realtà “spirituali”, ma corporee: il corpo e il sangue di Cristo. Offerti per mangiare e bere, non per contemplare o adorare semplicemente. I giudei si sono rivoltati davanti alla proposta di Gesù di farsi mangiare da loro, perché era concreta, materiale.

Qui sta il primo aspetto della politica dell’Eucaristia: la materia, la società, il corpo, sono corpo e sangue di Cristo da ricercare, non da fuggire. La vera spiritualità eucaristica è uscire dalla messa e immergersi in queste realtà per lasciare dire a Cristo in noi: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue” e trasfigurarle in Lui. Quindi “spiritualizzarle”, operando la transustanziazione, facendole ritornare al progetto originario secondo cui Dio le ha create.

L’Eucaristia è corpo in un altro senso. S. Paolo dice: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1 Cor 10, 17). L’Eucaristia non è a servizio dell’individualismo, ma della comunione, della socialità. Non per escludere il rapporto personale fra Gesù e chi se ne ciba, ma basta che tutto non si esaurisca qui. Non per limitarsi a dire: “Io e il mio Gesù”, ma per aprirsi su: “Il nostro Gesù”. “Come questo pane spezzato, già sparso sui monti, è stato raccolto per farne una cosa sola, raccogli così la tua Chiesa, dai punti estremi della terra, nel tuo Regno”, prega meravigliosamente la Didaché. Dai punti estremi della terra arrivano i nostri fratelli attraversando il mare, per fuggire le guerre, la miseria e la fame.. Chi riceve l’Eucaristia è invitato a riceverli, sentendoli parte del suo corpo.

Ancora. “Questo è il mio corpo donato”. Gesù non ha detto: “Adoratelo”, ma “Fate questo in memoria di me”. Lo possiamo e dobbiamo adorare, certamente. Ma il fine ultimo dell’Eucaristia non è l’adorazione; è la donazione. L’Eucaristia è dinamica, Cristo che dona la sua vita perché siamo capaci di donarla a nostra volta. Quell’ostia è una finestra rivolta verso il cielo, da una parte, e spalancata sull’umanità, dall’altra. Il dramma è che la maggior parte dei cristiani sono “sacrileghi”, perché imprigionano Gesù Eucaristia nel tabernacolo e impigriscono nell’inattività e nella passività, chiudendo gli occhi sui Cristi che incrociano nelle loro giornate. Ha detto papa Francesco, parlando a braccio a un gruppo: “No, io non faccio politica perché non voglio peccare… Ma non fai il bene! Vai avanti, chiedi al Signore che ti aiuti a non peccare, ma se ti sporchi le mani, chiedi perdono e continua avanti! Ma fare, fare, e proprio per lottare per una società più giusta e solidale…Non si può guardare dal balcone, immischiati lì!”.

 

Ultimo aspetto. Ancora papa Francesco ripete “toccare” la carne di Cristo” nei poveri, nei sofferenti. È la stessa di cui ci cibiamo nell’Eucaristia, nessuna differenza. Se una differenza esiste è che la carne eucaristica ci è data per toccare con amore quella sofferente.

 

L’Eucaristia ci mette davanti le priorità della politica, confrontandole con quelle che vengono perseguite normalmente. Invece dei privilegi, della ricerca del potere, del carrierismo, delle amicizie dei ricchi e potenti, della corruzione, l’Eucaristia ci indica un’unica priorità: la carne di Cristo sofferente. Seguendola, tutto ritroverebbe l’ordine, la giustizia, la vera uguaglianza (i poveri al primo posto), la partecipazione (dare  voce a chi non ha voce)…

 

Oggi, giorno del Corpus Domini, si fanno le processioni. Non terminiamole tornando in chiesa, continuiamole nella ricerca della “carne di Cristo”.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons