La politica come servizio
Don Tonino rivolgeva ai politici anche parole di incoraggiamento per il loro delicato impegno nella cosa pubblica. Al termine dell’incontro del 1987 disse loro: «Benedite la vostra città. Tracciatele un segno di croce prima di addormentarvi la notte. Per chi crede sarà un’impetrazione di grazie; per chi non crede sarà una carezza dolcissima. Questo gesto vi riscatterà dalle tante frustrazioni che, nel corso della giornata, l’impotenza di giungere a placare tutti i bisogni vi avrà fatto sperimentare. E quando toccherete con mano l’insufficienza della vostra fatica, affidatevi a Dio perché sia Lui a custodire la città. Amate senza riserve la gente che Dio vi ha affidato. A Lui prima che al partito, un giorno ne dovrete rendere conto. Ed è Lui che voi servite, forse senza che neppure ve ne accorgiate, ogni volta che darete un bicchiere d’acqua fresca ad uno dei fratelli più piccoli».
Ai cristiani, in particolare, don Tonino ricordava l’espressione di Paolo VI: «La politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri». E poi continuava: «Penso, pertanto, che il credente, oggi più che mai, debba accettare il rischio della carità politica, sottoposta per sua natura alla lacerazione delle scelte difficili, alla fatica delle decisioni non da tutti comprese, al disturbo delle contraddizioni e delle conflittualità sistematiche, al margine sempre più largo dell’errore costantemente in agguato.
«Il cristiano, in pratica, imbocca Gerusalemme-Gerico. Non disdegna di sporcarsi le mani. Non passa oltre per paura di contaminarsi. Non si prende i fatti suoi.
«Non si rifugia nei suoi affari privati. Non tira diritto per raggiungere il focolare domestico, o l’amore rassicurante della sposa, o la mistica solennità della sinagoga. Fa come fece il buon samaritano, per il quale san Luca usa due verbi splendidi: “ne ebbe compassione” e “gli si fece vicino”.
«È un mestiere difficile. Non c’è dubbio. Non solo perché richiede la coscienza dell’autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale e il riconoscimento della sua laicità. Ma anche perché deve evitare la tentazione, sempre in agguato, dell’integralismo: diversamente si ridurrebbe il messaggio cristiano a un’ideologia sociale […]
«Il cristiano che fa politica deve avere non solo la compassione delle mani e del cuore, ma anche la compassione del cervello.
«Analizza in profondità le situazioni di malessere. Apporta rimedi sostanziali sottratti alla fosforescenza del precariato. Non fa delle sofferenze della gente l’occasione per gestire i bisogni a scopo di potere. Paga di persona il prezzo di una solidarietà che diventa passione per l’uomo. Addita, in termini planetari e senza paura, i focolai da cui partono le ingiustizie, le violenze, le guerre, le oppressioni, le violazioni dei diritti umani. Sicché, man mano che il cristiano entra nella politica, dovrebbero uscirne di pari passo la mentalità clientelare, il vassallaggio dei sistemi correntizi, la spartizione oscena del denaro pubblico, il fariseismo teso a scopi reconditi di dominio. Utopie? Forse.
«Ma così a portata di mano, che possono finalmente diventare “carne e sangue” sull’altare della vita».
Domenico Amato, TONINO BELLO, una biografia dell’anima (Città Nuova, 2013)