La perseveranza
Come conclusione al termine della nostra riflessione sul tema della vocazione, sembra che non ci possa essere oggi parola più appropriata di “perseveranza”. Il nostro sembra essere il tempo dell’impazienza. Tutto si è talmente velocizzato – i viaggi, le comunicazioni, le informazioni – che siamo diventati estremamente impazienti: occorre avere tutto e subito, trovare tutto immediatamente, avere risposte immediate. Certo, non è una situazione da demonizzare. Ci sono infatti tante cose positive che ora si possono realizzare con estrema facilità, che solo pochi anni fa avrebbero richiesto tempi infiniti e forse sarebbero state impossibili da raggiungere. Tuttavia questa velocizzazione, che ci rende tutti impazienti, può avere degli effetti molto preoccupanti sulla nostra vita, soprattutto negli ambiti più vitali e importanti, come le relazioni, la crescita umana e il cammino di fede. Quindi anche nell’ambito della vocazione.
Essere diventati impazienti, ci ha condotto anche a non essere perseveranti. Dal momento che dobbiamo avere tutto e subito, sembra che le conquiste della vita che hanno bisogno di lunghi tempi per maturare e per essere raggiunte non ci interessino più. Tuttavia tutte le scelte importanti della vita si sottraggono necessariamente alla logica del tutto e subito. Sarà questa impazienza ad aver ferito la capacità di scelte stabili nella nostra esistenza?
Le grandi scelte della vita vivono di ripetitività. Non è solo la scelta monastica a ritmare la vita del monaco, con tempi scanditi ogni giorno in modo sempre uguale, fatti di preghiera, ascolto, lavoro e vita comune. Anche la vita di una coppia in realtà, sebbene in una modalità differente, vive del ripetersi di quegli elementi che costituiscono l’ordinarietà della vita quotidiana, nella quale può darsi la novità autentica. Le scelte di vita non si nutrono principalmente dello straordinario da ricercare costantemente, ma di quella novità discreta e silenziosa che si fa presente nelle pieghe della vita quotidiana e in esse si nasconde. […]
La ricerca dell’immediato che caratterizza gli uomini e le donne del nostro tempo, come può conciliarsi con una vita che conosce dei ritmi e che sa accogliere la sfida del quotidiano? Di fronte a questi interrogativi, il tema della pazienza o, usando forse un termine più appropriato per la tradizione biblica e spirituale, della perseveranza, acquista oggi un’urgenza del tutto particolare. Sottolineiamo solo alcune suggestioni che ci vengono dalla Regola di Benedetto e dai Vangeli.
Benedetto nella Regola parla della pazienza o perseveranza nel quarto gradino dell’umiltà (RB, VII, 35-43):
Il quarto grado dell’umiltà si ha quando uno nella stessa obbedienza, pur ricevendo ordini gravosi e ripugnanti e ogni genere di ingiustizie, abbraccia in silenzio e di buon animo la sofferenza e nel sopportare non si scoraggia né si ritira, perché dice la Scrittura: «Chi persevererà sino alla fine sarà salvato». (RB, VII, 35-36)
Emerge chiaramente il legame con i gradini precedenti: innanzitutto la perseveranza nasce dal timore del Signore, non inteso come paura, ma come coscienza della sua presenza. Si può vivere la perseveranza anche di fronte a ingiustizie e a grandi difficoltà solo se si ha coscienza di stare sempre alla presenza di Dio. La perseveranza infatti si fonda sulla speranza che nasce dal rapporto con Dio indietreggiare di fronte alle difficoltà della vita monastica, anche quando si devono subire e affrontare delle ingiustizie. […]
Non si tratta quindi unicamente di uno sforzo eroico dell’uomo di fronte alle avversità della vita, ma di un atteggiamento che nasce dalla relazione con un Dio affidabile, che veglia sulla sua parola per realizzarla (cf. Ger 1, 12). […]
Infine, fonte della perseveranza è l’obbedienza, cioè la capacità di ascolto, innanzitutto della Parola di Dio. È perseverante unicamente chi non è incentrato solo su di sé, ma è in ascolto di Dio e dei fratelli. Questi tre gradi che precedono la perseveranza ci mostrano come essa sia frutto di un decentramento da sé, senza il quale si può vivere solo nell’impazienza.
È interessante che la perseveranza o pazienza sia identificata da Benedetto con la capacità di non tirarsi indietro. Essa ha quindi a che fare con l’esperienza della prova. Nella Scrittura la prova serve per conoscere cosa si ha veramente nel cuore. […]
In un tempo come il nostro, così povero di perseveranza, l’annuncio del Vangelo appare particolarmente attuale; mentre la Regola di Benedetto ci ha mostrato come nella tradizione spirituale questo tema fosse stato ben compreso in tutta la sua centralità. Quanto mai oggi dobbiamo imparare a “rimanere”, anche quando questo costa fatica, sapendo che solo così possiamo essere veri discepoli di colui che «ha perseverato» per noi fino alla croce (cf. Eb 12, 2.3). Gesù stesso infatti è il modello della perseveranza.
Da “Verso la terra che ti indicherò. La vocazione come risposta alla parola di Dio” di Matteo Ferrari, pp. 144 – € 14,00