La pensione, un’utopia. Dibattito sul sistema e l’età pensionabile in Europa
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Le grosse proteste in Francia (l’ultima martedì scorso) contro il progetto di posporre l’età pensionabile ai 64 anni nel 2030 apre una finestra verso il panorama delle pensioni in Europa, e se si vuole nel mondo. E non solo, ha già aperto un dibattito sul fatto stesso di andare in pensione in un contesto sociale, quello europeo, dove ogni anno cresce la popolazione anziana e diminuisce quella ancora in grado di contribuire al sostegno di chi non può più lavorare.
Oggi in Francia, Svezia e Norvegia donne e uomini possono pensionarsi a partire dai 62 anni. Solo in tre Paesi (Austria, Polonia e Romania) le donne possono farlo prima. Nel resto, uomini e donne vanno in pensione in tempi che vanno dai 62 anni e 10 mesi (Slovacchia) ai 67 anni (Danimarca, Grecia, Islanda, Italia), anche se presto altri sei Paesi (Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Spagna) raggiungeranno questa norma. E in Danimarca e Regno Unito è già previsto che sarà ai 68 anni. Questa varietà di norme, tutte con un percorso storico e sociale di fondo, suscita negli studiosi domande del tipo: sono diversi i lavoratori di ogni Paese? Hanno più possibilità di lavorare alcuni e meno altri? Sono più capaci quelli che svolgono un dato tipo di lavoro? La norma deve esse uguale per donne e uomini?, ecc.
Certo, non è adeguato fare paragoni, perché ogni Paese (ogni regione anche), ogni tipo di lavoro, ogni condizione climatica, ogni condizione sociale influisce, e alle volte determina, la possibilità e la capacità delle persone di continuare a lavorare. E poi, tra Paese e Paese, ci sono differenze da considerare: oggi un lavoratore francese deve aver versato i contributi per la pensione durante 42 anni per ottenere il 100% della pensione, mentre uno spagnolo solo 35 anni.
Le cose cambiano, e in fretta, grazie a fattori che sono ormai sul tavolo: come influirà sul mercato lavorativo la grossa natalità degli anni 60 e 70, la generazione chiamata baby boom, o quale ruolo svolgerà la massiccia migrazione di persone verso Europa?
Riguardo alla prima questione, qualche mese fa, in un congresso di esperti in economia tenutosi a Malaga, si è arrivati alla conclusione che in un futuro non lontano «lavoreremo più anni ma meno ore» dopo l’età della pensione. Il cattedratico in Economia Ignacio Conde-Ruiz lo spiega: «La cosa logica sarà uscire gradualmente dal mercato del lavoro» mediante un «regime pensionistico flessibile». Questo economista è del parere che sarà necessaria una «piena conciliazione tra lavoro e pensione», cioè, essere pensionato ma continuare a lavorare. Se si pensa che l’invecchiamento della società è la «principale sfida del secolo», aggiunge Conde-Ruiz, vuol dire che «l’aspettativa di vita aumenta, la pensione dovrà essere inferiore o si dovrà lavorare più a lungo». Dunque, se così potrebbe essere il futuro, allora sarà necessario un cambiamento nella legislazione del lavoro per consentire una progressiva disconnessione dal mercato del lavoro.
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