La pecora nera
La pellicola di Celestini è ricca di gags e di una tenerezza commossa per i malati di mente: più felici dei “sani”.
«Il manicomio è un condominio di santi. So’ santi i poveri matti, asini sotto le lenzuola cinesi, santa la suora che accanto alla lucetta sul suo comodino si illumina come un ex voto. E il dottore è il più santo di tutti, è il capo dei santi, è Gesù Cristo». Nicola, racconta così i suoi 35 anni di manicomio “elettrico”. Nella sua testa stralunata realtà e fantasia si danno la mano.
Ascanio Celestini dirige e interpreta questo film tragicomico sui malati di mente, ricco di gags ma pure di una tenerezza commossa per un ambiente doloroso dove però ci si sforza di vivere e di essere felici. Meno prevedibile di quanto ci si aspettasse, irridente a volte sul mondo dei “sani”, fatto di gente come Nicola che cerca l’amore con la sua vecchia compagna di scuola, ora cassiera in un supermercato (Maya Sansa).
Il racconto non ha pause morte, ma costringe, ridendo e facendo ridere, a pensare.Avrebbe meritato un premio a Venezia. Ma forse lì non sanno più sorridere…