La paura rende pazzi

Una riflessione dopo lo sgombero del Cara di Castelnuovo di Porto. Un fatto gravissimo che ricorda le leggi raziali del 1938

Il papa, partendo per Panama, ha lasciato a tutti noi una parola sulla paura. Nel saluto che ha fatto all’inizio del viaggio, infatti, di fronte alla domanda di un giornalista sul muro anti-migranti tra Stati Uniti e Messico, il papa ha detto che la paura rende pazzi.

Quindi c’è una follia della paura e c’è una paura che è generata dalla follia. Come sappiamo, in questi giorni è in corso la grande operazione – culturale, politica, organizzativa e militare – per spostare centinaia di persone dal Cara di Castelnuovo di Porto.

Addirittura è accaduto che ai ragazzi africani che frequentavano la scuola ne è stata imposta l’interruzione, in nome dell’applicazione della legge: sono stati portati direttamente in luoghi nuovi, dove dovrebbero prepararsi poi a decidere un futuro che appare del tutto inspiegabile e improponibile.

«Una vita qui dentro – spiega la maestra Flora Devivo, dell’istituto comprensivo “Guido Pitocco” –; alcuni ragazzi che avevano cominciato l’anno scolastico non ho fatto nemmeno in tempo a salutarli. Sono partiti prima che potessimo incontrarci. Così, da un giorno all’altro». L’insegnante è fra gli abitanti del paese che anche ieri si sono radunati fuori dai cancelli del centro d’accoglienza. Lo sguardo triste a ogni pullman che ha lasciato Castelnuovo per destinazioni diverse e non comunicate, nemmeno agli stessi ospiti del centro.

Un fatto gravissimo. Gravissimo. Un fatto che cambia la qualità del governo e della nostra vita pubblica. L’ultima volta che questo è accaduto in Italia è nel 1938, con le leggi razziali. E questa è una data terribile. Una data che è un giudizio. Chi si occupa di politica rifletta su questo.

70 anni dopo, la politica si deve fare carico di questi gesti terribili, perché ne va della sua dignità, ne va della sua capacità di governo, ne va della nostra vita. E la follia qui appare in tutta la sua forza: c’è “una follia dell’amore” (1Cor 1, 26), ma c’è anche una follia del potere, che vuole imporre la sua legge e schiaccia la vita delle persone; c’è una follia dell’incontro, di coloro che cercano l’altro, che vivono della gioia dell’altro, ma c’è una follia dello scontro. Noi siamo chiamati a riflettere, perché più si semina la paura e più il conflitto crescerà. Non è vero che il conflitto non cresce: va governato e non può essere governato nel delirio della paura e dell’onnipotenza.

Ecco il segno che pone il Cara di Castelnuovo di Porto, ecco la loro sofferenza, il loro patire: testimoniata dal sindaco, dal parroco, dalla gente. Non riduciamo tutto a un problema di pacchia: il vero problema non è la pacchia, è la dignità. E oggi in Italia questa dignità è stata sfigurata.

Di fronte a eventi di questo genere, c’è la responsabilità di mobilitare tutte le centrali educative, culturali, spirituali, perché non possiamo farci chiudere il cuore dal potere. Oggi i cristiani sono chiamati a dare una testimonianza speciale nel nostro Paese, nelle nostre comunità, per non perdere le parole della verità. Dice Gesù nel Vangelo: «Lasciate che i bambini vengano a me», penso che dovremmo continuare a dirlo con sempre maggiore forza.

«Queste persone sono un dono che ci hanno tolto» così padre Josè, parroco di Castelnuovo di Porto, ribalta la prospettiva. Un dono che viene tolto a tutti noi, che abbiamo imparato dalla loro vita l’economia del dono e non l’economia del conflitto.

 

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