La partita tra Ong e governo

Il ministro Salvini in Sicilia per mettere il suo sigillo alla chiusura del Cara di Mineo; il papa celebra messa per i migranti morti in mare. I nuovi sbarchi, il sequestro della nave, le nuove strategie delle Ong in uno scenario “cangiante”

8 luglio 2019: il papa celebra una messa per i migranti morti in mare. Lo fa nel sesto anniversario della sua visita a Lampedusa (la prima del suo pontificato) dopo la grande strage di migranti nel Mediterraneo. Il coro è vestito di nero, in segno di lutto per i migranti.

Una messa per «i profughi e gli oppressi». «Il mio pensiero – ha detto il pontefice nell’omelia – va agli “ultimi” che ogni giorno gridano al Signore, chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono. Sono gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto; sono gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione; sono gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso; sono gli ultimi lasciati in campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea».

9 luglio 2019: il ministro degli Interni, Matteo Salvini, atterra a Comiso e si dirige verso Mineo. Con un gesto simbolico, si chiude il Cara di Mineo, il più grande centro di accoglienza d’Europa. I migranti sono andati via il 2 luglio, ma l’inquilino del Viminale non vuole rinunciare a mettere il suo sigillo su un’operazione che, 8 anni fa, era stata avviata proprio da un suo collega di partito, Roberto Maroni, in quel periodo ministro degli Interni del governo Berlusconi.

Sono due momenti simbolo, a distanza di un giorno l’uno dall’altro. Lo specchio di quanto accade oggi nel Paese, dove cresce l’onda anti-migranti che fa volare la Lega nei sondaggi e nei consensi.

Una partita che si gioca sul terreno dei consensi, ma anche su quello del braccio di ferro tra le Ong e l’Italia, su un piano politico e su un piano giudiziario. E che non coinvolge solo il nostro Paese.

Ieri Salvini è stato ospite della trasmissione Mediaset Quarta Repubblica. In quell’occasione, il leader della Lega ha affermato: «La Magistratura ha in mano elementi concreti in base a cui ci sarebbero delle telefonate del tipo: “Ragazzi, siamo in Libia, stiamo per partire, dove ci vediamo?”». Ha poi aggiunto di non voler svelare segreti della magistratura: «Non mi faccia dire altro. Non svelo il mistero di Fatima». Ha anche attaccato, senza mai citarlo per nome, il parlamentare Erasmo Palazzotto, capomissione di Alex, ora attraccata a Lampedusa e posta sotto sequestro. «Dovrebbe stare in Parlamento e non fare lo skipper nel Mediterraneo», ha detto.

La partita tra Ong e il governo italiano sembra aver assunto contorni diversi. Un vero e proprio braccio di ferro che, con tutta probabilità, non interessa solo le organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo.

Le Ong sembrano voler prendere le misure al governo italiano, sfidarlo sul suo terreno. Lo dimostrerebbe anche la lettera di Palazzotto e le “condizioni” poste per acconsentire all’approdo a Malta. Palazzotto voleva avere garanzie, evitare il sequestro dell’imbarcazione che sarebbe dovuta ritornare a Licata. Non c’è riuscito: la nave è andata a Lampedusa ed è stata sequestrata. Salvini ha in mente ulteriori inasprimenti del decreto sicurezza: multe fino ad un milione e la possibilità di porre nuovi divieti in mare dove ormai le nuove norme “regalano” poteri insperati al ministro dell’Interno, relegando in un ruolo assolutamente secondario il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, che infatti è pressoché uscito dalla ribalta nazionale.

Le nuove presenze delle Ong nel Mediterraneo fanno intravvedere l’avvio di una nuova strategia. Il braccio di ferro contro il governo italiano non è più solo frutto del caso e dell’emergenza. Si tentano le contromisure. E una regia condivisa sembra guidare tutto questo.

Intanto, 47 migranti soccorsi in mare dalla Guardia di Finanza sbarcano a Pozzallo e i 44 della Alan Kurdi dirigono verso Malta (dovrebbero essere trasbordati su una nave maltese). E per i 47 di Pozzallo Salvini annuncia di voler organizzare subito il rimpatrio in Tunisia (la Tunisia è uno dei pochi Paesi con i quali esistono degli accordi per i rimpatri).

In questi giorni sono in discussione anche le politiche e le scelte dell’ex ministro degli Interni, Marco Minniti, che sottoscrisse l’accordo con la Libia inviando denaro e donando le motovedette per pattugliare i porti e impedire le partenze. Un altro accordo che aveva come fine il “non approdo” in Italia senza nessun riferimento alle condizioni dei migranti dei centri di detenzione in Libia.

La storia continua. E gli attori in campo sono veramente “tanti”.

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