La Parola di Dio (174 – 175)

Le Scritture sono l’incontro vivo col Dio che parla in esse. Riconoscere che nella Parola ascoltata Dio è all’opera, richiede il silenzio interiore, l’apertura alla Parola che deve prendere lei in mano le redini della vita del credente
In principio la parola

L’attenzione esplicita di papa Francesco sulla Parola di Dio si concentra nei paragrafi 174-175. A sorgente dell’evangelizzazione, compito assegnato ad ogni credente, sta la Parola di Dio che investe l’intera persona e la porta a testimoniare con la vita e non soltanto con la parola.

Si percepisce un insegnamento messo in luce nella Dei Verbum dell’ultimo concilio: la Parola di Dio non solo comunica delle verità, ma provoca l’incontro vivo col Dio che parla in essa. L’insegnamento di Paolo è esplicito a riguardo. Scrive: «Il nostro Vangelo non è giunto a voi solo a parole ma anche con potenza e con Spirito santo» (1 Ts 1,5). Perché “potenza divina”, la Parola ha la capacità di rinnovare l’uomo che la accoglie, e in lui essa diventa testimone di sé stessa perché partecipa dell’efficacia dello Spirito santo. Non conta allora la capacità oratoria del credente, ma il dare spazio a Dio che si comunica nella sua parola. Sempre nella stessa lettera l’apostolo afferma: «Noi ringraziamo continuamente Dio perché ricevendo da noi la parola di Dio, l’avete accolta non quale parola di uomini ma, come è realmente, quale parola di Dio che opera in voi credenti» (1 Ts 2,13).

Riconoscere che nella Parola ascoltata Dio è all’opera, richiede il silenzio interiore, l’apertura alla Parola che deve prendere lei in mano le redini della vita del credente. L’autore degli Atti degli Apostoli fa dire a Paolo: «Ed ora affido voi al Signore e alla parola della sua grazia» (At 20,32). Paolo non affida la Parola agli anziani di Efeso che pure hanno il compito di proclamarla, ma egli affida i credenti alla protezione e alla forza salvifica della Parola.

In un secondo paragrafo, Papa Francesco sottolinea l’importanza dello studio della S. Scrittura. Non esiste infatti una parola di Dio allo stato puro; essa è anche sempre una parola di uomo, quindi, anche se ispirata, condizionata dal tempo, dalla mentalità, dalla cultura, dalla formazione e preoccupazioni dell’autore sacro. Per capire il suo insegnamento occorre necessariamente conoscere il più possibile questi fattori. Anche se non si chiede ad ogni credente di diventare esegeti, nondimeno una formazione alla Scrittura è necessaria per tutti.

I motivi sono vari: a) come fondamento della fede. Ha scritto sant’Agostino: «Fides si non cogitetur nulla est» (De Praedestinatione Sanctorum, cap. II,5). La conoscenza approfondita evita di ridurre la Parola di Dio ad una pia comprensione o ad esortazioni morali, ma fa prendere coscienza del grande progetto che Dio ha sull’umanità e nel quale ognuno è già inserito, lo mette a contatto con l’originalità e la radicalità della rivelazione portata da Gesù, del valore della sua morte e risurrezione, dà il vero significato all’esistenza e al tempo nel quale vive, lo apre al mistero della Chiesa e alla propria identità di persona amata da Dio. Un tale approccio alla Parola di Dio corrisponde ad una esigenza della stessa fede, e non deve finire in una sterile erudizione, ma approfondire, nutrire e fortificare la relazione con Cristo risorto presente nella sua Parola; b) benché certamente un approccio spirituale, di meditazione alla Scrittura è importante e sempre valido, lo studio permette di non cadere in un arbitrario soggettivismo; c) come avverte l’epistola agli Efesini: «Così non sarete più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore» (Ef 4,14).

La fede ha bisogno di maturare e di consolidarsi in ogni credente, e lo studio si dimostra indispensabile a questo.

Gérard Rossé, francese, docente all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano

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