La Parigi di Robert Doisneau
I soggetti prediletti delle sue fotografie sono stati i parigini: le donne, gli uomini, i bambini, gli innamorati, gli animali e il loro modo di vivere questa città senza tempo. «Le meraviglie della vita quotidiana sono così eccitanti; nessun regista può ricreare l’inaspettato che si trova nelle strade». Robert Doisneau le ha trovate in gran parte nella sua Parigi.
Ma la fotografia più famosa di Doisneau è il Bacio dell’Hotel de Ville, scattata nel 1950, che ritrae una coppia di ragazzi che si bacia davanti al municipio di Parigi mentre, attorno a loro, la gente cammina veloce e distratta. L’opera, per lungo tempo identificata come un simbolo della capacità della fotografia di fermare l’attimo, non è stata scattata per caso: Doisneau, infatti, stava realizzando un servizio fotografico per la rivista americana Life, e chiese ai due giovani di posare per lui.
Il titolo “pescatore di immagini” scelto per la mostra, non è casuale. Lo stesso fotografo, in una delle sue ultime interviste, racconta come la sua esperienza con la pesca, fin da ragazzo, sviluppò in lui il senso del tempo, attraverso l’osservazione dello scorrere dell’acqua, lento, inarrestabile e continuo persino nella notte. E il senso del tempo è proprio uno dei motivi protagonisti dell’opera e del suo stile.
Sosteneva che il tempo e la luce sono i due materiali con cui lavora il fotografo. «E la luce è tutta una filosofia, c’è una luce che accusa […] e una che accarezza». «A Parigi noi siamo abituati a una luce diffusa sotto la quale gli alberi, le case, i monumenti dai dettagli sfumati appaiono modellati nel loro insieme. E questo a causa del velo grigiastro che il celebre cielo dell’Ile-de-France va a spargere dall’alba sopra la città come la fodera di custodia sui mobili preziosi. La luce che trasuda da quel velo emessa da tanti punti diversi viene a illuminare in maniera uniforme tutti gli angoli del soggetto […]. Che sia davvero indispensabile alzarsi di buon mattino per offrire all’umanità questo elementare principio: ogni corpo sensibile immerso in una fonte luminosa riceve una spinta di umore in rapporto con la qualità di questa fonte».
Robert Doisneau (1912-1994), che amava paragonarsi a Eugène Atget, uno dei padri della fotografia del ‘900, percorre fotograficamente le periferie di Parigi per «impossessarsi dei tesori che i suoi contemporanei trasmettono inconsciamente». È una Parigi umanista e generosa ma anche sublime che si rivela nella nudità del quotidiano; nessuno meglio di lui si avvicina e fissa nell’istante della fotografia gli uomini nella loro verità quotidiana, qualche volta reinventata.
Col suo lavoro di intimo spettatore Doisneau dà risalto e dignità alla cultura di strada dei bambini; ritornando spesso sul tema dei più piccoli che giocano in città, lontani dalle restrizioni dei genitori, trattando il tema del gioco e dell’istruzione scolastica con serietà e rispetto, ma anche con quell’ironia che si ritrova spesso nei suoi scatti.
È il caso di Les pains de Picasso, in cui l’artista spagnolo, vestito con la sua tipica maglietta a righe, gioca a farsi ritrarre seduto al tavolo della cucina davanti a dei pani che surrogano, con la loro forma, le sue mani. Il percorso espositivo della mostra, che si apre con l’autoritratto del 1949, presenta 70 immagini in bianco e nero che ripercorrono l’universo creativo di Doisneau, considerato il più illustre rappresentante della fotografia “umanista” in Francia.
“Pescatore d’immagini”, a cura dell’Atelier Robert Doisneau – Francine Deroudille ed Annette Doisneau – in collaborazione con Piero Pozzi, col patrocinio del Comune di Lecco, prodotta e realizzata da Di Chroma Photography e ViDi – Visit Different. A Lecco, Palazzo delle Paure, fino al 30 settembre (catalogo Skira).