La parabola del Vangelo per il giorno della rinuncia
Tra poche ore giungerà a compimento la scelta di papa Ratzinger di rinunciare all’esercizio del ministero petrino. Il Vangelo di oggi è la parabola di Lazzaro e del ricco epulone. Questa parabola ci permette di discernere il mistero che oggi si compie. Innanzi tutto c’è il ricco uomo dei banchetti vestito di porpora e bisso. Accanto alla sua porta, di fronte a lui sta Lazzaro, il povero, il mendicante, le cui piaghe sono leccate dai cani, gli unici che mostrano tenerezza verso le sue sofferenze.
Lazzaro muore e va nel seno di Abramo. Il ricco epulone muore e va nel fuoco eterno e da lì grida la sua preghiera al padre Abramo. Ma ormai tutto si è compiuto e Dio, nel suo regno, rovescia la logica del mondo: ai poveri appartiene il regno e sui ricchi si compie il giudizio. Come dice il Magnificat: «Dio ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote».
Ma, di fronte alla richiesta del ricco epulone che chiede di inviare qualcuno ai suoi fratelli per salvarli, Abramo risponde: «Se non ascoltano la legge e i profeti, neanche se venisse uno risorto dai morti saranno persuasi». Se non ascoltano la legge e i profeti, se non ascoltano la parola di Gesù, neanche se venisse un risorto dai morti saranno persuasi.
Ecco, per discernere la rinuncia di Benedetto XVI dobbiamo ripartire dalla parola di Dio di oggi, che ci rinvia ai poveri, ai mendicanti come Lazzaro, a coloro che stanno alla porta delle nostre città e delle nostre chiese, a coloro le cui ferite sono curate dalla tenerezza dei cani e, sorprendentemente, non dalla carità dei credenti.
Ripartire dalla parola e da Lazzaro, colui che è povero in terra. Non basta la parola, ma una parola condivisa e letta insieme alle vittime del mondo. E questa parola ci rinvia alle chiese crocifisse di oggi, in particolare nel Medio Oriente. Queste chiese leggono in verità questa parabola, perché hanno il dono di leggerla condividendo il dolore e la tragedia del loro popolo.
Non si tratta di scendere dalla croce o di salire in croce, ma di vivere la croce dei poveri lazzari che ogni giorno portano le stigmate, che non hanno scelto ma che sono state deposte nella loro carne e nella loro storia, e che portano in forza della fede in Gesù crocifisso.
Nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio ad opera di papa Giovanni, nell’Anno della fede la rinuncia drammatica di papa Benedetto ci immerge nella parola e nella storia. Nient’altro che il Vangelo, nient’altro che i poveri. Questa è la verità crocifissa, che oggi viene consegnata a tutti.
Il futuro papa ripartirà da qui: dal Vangelo e dai poveri, dalla Chiese crocifisse del Medio Oriente e dell’Africa, perché lì ci attende e ci ha convocato il Concilio e la martyria della fede.
E papa Benedetto, oggi, tramite la parabola di Luca, ci ricorda che il Vangelo e i poveri sono la fonte e il culmine della vita cristiana; lo ricorda ai padri del Conclave, lo ricorda a ciascun discepolo che nel suo fortissimo gesto di rinuncia riconosce un segno di povertà radicale e di sottomissione all’unico Signore.