La pace intoccabile
È la prima volta di Jacopo Negretti, detto Palma il Vecchio, bergamasco di Serina, morto a Venezia nel 1528. Naturale che l’Accademia Carrara a Bergamo gli dedichi la prima monografica in assoluto. La gioia che si prova nel percorrere le sale della non troppo affollata rassegna è pervasa dalla calma e dalla pace. Che sono le cifre indimenticabili di questo pittore non provinciale, ma solido e raffinato interprete di un rinascimento aureo in cui, come in Giorgione o in Cima o in Giambellino, mai si ravvisa una inquietudine.
Eppure, i suoi erano tempi di guerra tra la Serenissima e l’Impero con stragi e distruzioni, ma Jacopo sembra non accorgersene. Il suo mondo è un idillio naturalistico ove gli affetti si scandiscono puri come il paesaggio che si slarga in orizzonti amplissimi su cui si distendono, soprattutto nelle Sacre Conversazioni, figure di una bellezza imponente appena trasfigurata dal realismo.
Le splendenti scene solari a Napoli, a Roma, a Vienna, a Madrid – solo per citarne alcune – vedono i committenti protesi in adorante sottomissione alla Vergine col Bambino tra aurore rugiadose di luce e di colori smaglianti.
La rasserenante Sacra Conversazione madrilena (Museo Thyssen) ritrae Maria benedicente il committente a suggerire al vispo Bambino di fare altrettanto, mentre nell’Adorazione dei pastori del Louvre è singolare lo sguardo sorridente e complice della madre al giovane pastore dai pantaloni sbucciati rivolto al Bambino. Sono scene agresti, virgiliane, dense di vita e di colore succoso, di una luce placida dove la natura è nostalgia di valli, di colli bergamaschi: tutti si svolge in una infinita pace, che è poi quella, insieme alle forme tondeggianti e al lume chiaro, che deriva al pittore dai suoi maestri Cima e Giambellino.
Nessun dinamismo alla Tiziano, plasticismo alla Sebastiano e nessun trauma alla Lotto, per citare i grandi contemporanei. Palma lavora diligentemente – in mostra è assai interessante la sezione della sua “officina” con strumenti e colori -, produce pale d’altare, ritratti, scene amorose, come i colleghi. Ma la sua voce è diversa. Quale equilibrio interiore egli abbia, che densità di sentimento, quale squisito senso di armonia egli possegga lo dicono con chiarezza assoluta le sue opere.
Prendiamo le celebri “Giovani donne”, in passato viste come ritratti erotici, mentre invece si tratta di ritratti idealizzati come regali di nozze, di un tipo femminile di bellezza che richiama certo un Tiziano, ma se ne distingue per un senso di purezza maggiore, di mancanza di infingimento, di distacco emotivo. La Donna in abito blu da Vienna, bionda che ci guarda, o la “Bella” del Thyssen con gli abiti luminosamente sinfonici in rosso e blu, di raso e seta “palpabili” – se ne sente il fruscio ancora! – son ritratti di personalità mai aggressive, come in Tiziano, ma ferme , sicure e tranquille. Sane, soprattutto.
Le pale d’altare, dal polittico di Serina , con i due santi giovani bergamaschi, al San Marco di Venezia (Accademia), dalla superba Madonna e santi di Vicenza- con l’angelo musicista di liberissima invenzione – fino al polittico veneziano di Santa Barbara- vero miracolo osservarlo da vicino senza cornice – con quei santi-ritratti formidabili e poi il San Pietro Martire di Alzano Lombardo, sono capolavori di forza cromatica, di sentimento espanso, di amore per una bellezza incontaminata di cui Palma è un cantore assoluto e senza macchia.
Con appena un velo di fuggevole malinconia nei colori bruniti delle Sacre Conversazioni di Bangor (Galles) e Genova, dove la devozione privata tende a far aleggiare u n sospiro che Palma, morto nel 1528, non raccoglie.
Egli rimane grande nelle sinfonie di un creato dalla pace intoccabile e intoccata e di una umanità dove cielo e terra stanno insieme nella più totale serenità, da pari a pari, com’era i l sogno de l rinascimento veneto, da lui pienamente conquistato e raggiunto per raccontarlo anche a noi.
Da non perdere.
Palma il Vecchio, lo sguardo della Bellezza. Bergamo, Accademia Carrara-GAMeC, fino al 21/6/2015. (catalogo Skira)