La pace in Siria implorata da Francesco e dalla Caritas

Il papa appoggia la campagna ideata dalla rete che opera sul fronte dell’accoglienza e in un videomessaggio punta il dito contro i Paesi che apparentemente sostengono le trattative e poi continuano a vendere armi. Si chiede una mobilitazione mondiale per fermare una guerra assurda
Un siriano osserva la sua casa distrutta ad Aleppo

Yusuf ha in mano le chiavi della sua casa in mentre racconta dei suoi tre anni vagabondi tra l’Iraq e la Turchia e ora in un campo profughi perché l’Isis gli ha preso tutto. Questi brevi video pubblicati sul sito di Caritas internazionale colpiscono allo stomaco per i volti comuni e vicini dei protagonisti, per i tanti dettagli di una guerra che sembra non conoscere la parola fine e che da cinque anni insanguina non solo le città siriane ma anche il Mediterraneo con gli innumerevoli naufragi e le spiagge d’Europa dove i cadaveri di piccoli e di grandi sembrano non toccare più le nostre coscienze, preoccupate più della difesa dei propri privilegi che del conto inevitabile che la storia ci presenterà sui confini che sono diventati muri.

 

Il sito poi decide di dedicare una sezione alle foto di posa, quelle di famiglia che tutti noi conosciamo e conserviamo negli album o sullo smartphone con parenti, cugini, amici cari. In quelle delle famiglie siriane c’è sempre un’assenza, un vuoto: sedie senza nessun ospite, mentre alle spalle dei nonni si reggono in piedi a fatica e poi uno strano spazio incompiuto tra due bambini e la mamma. Chi doveva aver posto in quelle foto non c’è più perché morto o perché rapito o scomparso. La guerra che si combatte ad Homs, Aleppo, Damasco ha cambiato radicalmente il presente e il futuro di queste vite.

 

La Caritas internazionale che riunisce 165 organizzazioni operative nel campo dell’accoglienza e della solidarietà ha lanciato con questi messaggi crudi la campagna “Siria: la pace è possibile” e papa Francesco è sceso in campo per primo con un videomessaggio che richiama cristiani e non, alla soluzione della guerra. Lo fa con il cuore colmo di dolore e con parole indignate verso i mercanti di morte perché «mentre il popolo soffre, incredibili quantità di denaro vengono spese per fornire le armi ai combattenti. E alcuni dei Paesi fornitori di queste armi, sono anche fra quelli che parlano di pace. Come si può credere a chi con la mano destra ti accarezza e con la sinistra ti colpisce?». Bergoglio non usa mezze misure nella denuncia e non le usa neppure nelle richieste ai governi: «Tutti devono riconoscere che non c’è una soluzione militare per la Siria  ma solo una politica. La comunità internazionale deve pertanto sostenere i colloqui di pace verso la costruzione di un governo di unità nazionale. Coloro i quali sono coinvolti nei negoziati di pace affinché sul serio questi accordi e si impegnino ad agevolare l’accesso agli aiuti umanitari».

 

La campagna oltre alla richiesta di sostegno per il milione e 300 mila profughi assistiti nei campi in Turchia, Libano, Giordania e nei vari Paesi europei chiede una sensibilizzazione a tappeto dell’opinione pubblica con l’organizzazione locale di forum e dibattiti, lettere da inviare ai capi di Stato e di Governo, preghiere pubbliche, poster da affiggere negli uffici, a casa e nelle scuole, condivisione di video e post sui social.

 

Gli sfollati per la guerra in Siria sono oggi quattro milioni e ottocentomila e il presidente della Caritas Internationalis, il cardinale Luis Antonio Tagle che ne ha incontrati tanti in Libano e in Grecia ha commentato: «Non sono solo numeri, sono esseri umani. Dobbiamo dare loro speranza, dignità e pace. È necessario dare inizio ad un movimento mondiale per la pace».

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