La pace ha bisogno di Dio
«Oggi, da Sarajevo, vuole partire un messaggio di pace, grazie all’incontro di uomini e donne di religioni diverse. La pace ha bisogno di essere sostenuta da milioni di cuori e menti che cercano la verità, si aprono all’azione di Dio, tendono le mani agli altri».
Riecheggiano le parole di Benedetto XVI nella main hall della Skenderjia di Sarajevo, dove ieri sera con una solenne cerimonia si è aperto l’Incontro mondiale delle religioni per la pace. “Living together is the future”, è il titolo della manifestazione. E a dare il benvenuto in nome dello spirito di Assisi alle circa 4 mila persone giunte nella capitale della Bosnia c’erano i responsabili delle quattro comunità religiose – musulmani, serbo-ortodossi, cattolici, ebrei – che compongono il variegato mosaico della popolazione di Sarajevo. Per la prima volta insieme in un evento unico dalla fine di una guerra che dal 1992 al 1995 ha seminato morte e distruzione.
Ma quest’anno alla voce dei leader religiosi si sono aggiunti i rappresentanti della politica locale e internazionale – premier e presidenti della Repubblica – a dimostrazione del fatto ormai ineludibile che la difficile costruzione della pace richiede oggi uno sforzo congiunto dei leader religiosi, affinché parlino ai cuori degli uomini, e dei responsabili della politica, affinché guidino le sorti dei Paesi con criteri di giustizia.
«In più di 25 anni di cammino nello spirito di Assisi – ha sottolineato Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio – abbiamo sperimentato come la forza spirituale fondi una pace vera. Una forza debole, che non possiede armi o risorse, ma reale e a suo modo potente. Le religioni cambiano l’uomo dal di dentro, suscitando un atteggiamento pacifico».
Unanime il tributo politico alla città di Sarajevo, per il coraggio di aver aperto le porte alla speranza, nonostante le ferite non ancora del tutto rimarginate e il clima di incertezza con cui si guarda oggi al futuro. Ma proprio per la sua storia passata, per quella guerra che ha fatto soccombere sotto i colpi delle granate e dei cecchini più di 10 mila uomini e donne, Sarajevo lancia oggi all’Europa un monito: «Mai più gli uni contro gli altri». «Stare insieme diventa la profezia e l’indicazione di un mondo di pace».
Lo scrive anche il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano in un messaggio ai partecipanti: «Scegliere di portare una testimonianza di dialogo e di solidarietà in una città così profondamente ferita dalle atrocità della guerra costituisce un monito, particolarmente per i più giovani, a preservare la memoria di quei tragici eventi e un invito a riflettere sulla necessità di un forte impegno comune per la tutela dei diritti inviolabili della persona, attraverso la disponibilità al confronto tra diverse culture e al riconoscimento dei valori spirituali di cui ciascuna è portatrice».
Sul palco della main hall prendono la parola il presidente del Consiglio d’Europa Herman Van Rompuy, il presidente della Croazia Ivo Josipovic e il presidente della Repubblica del Montenegro Filip Vujanovic. Esprimono la sorpresa e il plauso alla città di Sarajevo perché è diventata in questi giorni il luogo in cui si sono riuniti nel nome della pace leader delle religioni del mondo e numerosi capi di Stato e di governo. «Un segno di speranza – è stato detto – che l’XXI secolo sarà un periodo di pace e di cooperazione fruttuosa tra le varie comunità, tra gli Stati e i popoli della regione, in Europa e nel mondo».
Molto atteso il discorso del premier italiano Mario Monti. «I tempi che stiamo vivendo – ha detto – sono tempi di crisi, non solo economica e finanziaria. È una crisi più profonda che mina le basi di quell’umanesimo attorno al quale è nata e si è sviluppata la costruzione europea». Monti ha quindi fatto riferimento anche alla crisi dell’Euro e ha detto: «Il senso profondo dell’azione che si sta compiendo a livello europeo, non è solo quello della ricerca di soluzioni tecniche e politiche, ma di recuperare quel comune sentire basato sui grandi valori positivi della tradizione europea, solidarietà, tolleranza, ricerca del bene comune».
Ed ha concluso: «Combattere la crisi non è semplice, ne sto facendo io stesso esperienza diretta. La questione non è soltanto quella di mettere in ordine i bilanci pubblici ma di risvegliare una voglia di crescere, di ottimismo e di fiducia nel futuro. Sono un uomo dell’economia ma posso testimoniare che anche nel campo economico si sente il bisogno di sconfiggere ogni visione particolaristica e rassegnata, per acquisire una visione comune del futuro».
La politica chiede aiuto e sostegno agli uomini di fede perché ha bisogno di grandi ispirazioni per guidare i destini della collettività verso mete sicure. Sono i tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo oggi a più livelli, a rendere più che mai urgente questa mutua e fruttuosa collaborazione.
È possibile seguire l'evento e visionare gli interventi della manifestazione sul sito della Comunità di Sant'Egidio