La pace che i bambini chiedono a tutti noi in Terra Santa
Domenica, papa Francesco ha parlato di quanto sta avvenendo in Terra Santa con tono drammatico e accorato. «Cari fratelli e sorelle – ha affermato – seguo con trepidazione le gravi tensioni e le violenze di questi giorni a Gerusalemme. Sento il bisogno di esprimere un accorato appello alla moderazione e al dialogo. Vi invito ad unirvi a me nella preghiera, affinché il Signore ispiri a tutti propositi di riconciliazione e di pace».
Ecco parole di dialogo, pace e riconciliazione. Papa Francesco ricorda il viaggio del 2014 e l’incontro con la comunità palestinese e con la comunità israeliana. Ha conosciuto la durezza di Netanyahu, la visione di Peres e la saggezza e la coerenza di Abu Mazen. Nella sue preghiera sofferente ci sono i bambini palestinesi, il loro patire e il loro soffrire.
Insieme a Santa Marta, papa Francesco, Abu Mazen e Shimon Peres nel 2014 hanno detto la parola della non violenza e la parola della giustizia. Ecco, adesso papa Francesco interpella la comunità internazionale per trovaresoluzioni nuove e degne di pace. Tutti sembrano sorpresi dagli eventi. Nessuno può dimenticare questo conflitto lasciato alla deriva. Non vendendo le armi si costruisce la pace.
La politica della pace non si costruisce vendendo e acquistando armi, anche nucleari. Il papa indica il sentiero di Isaia. Non è retorica, ma affermare la forza inerme della preghiera, la porta della preghiera.
Più il conflitto è stato ostaggio delle armi e più la violenza è cresciuta. Nove giorni fa ero al sepolcro e sono stato sul Calvario: è stata una grande fatica a causa delle mie gambe affaticate e delle ferite e in questo ho partecipato al dolore di un popolo.
Salendo lungo quella collina ho pensato al caro prezzo e alla fatica della pace. I bambini palestinesi e i bambini israeliani chiedono questo non solo ai governanti, ma anche a un povero poliomielitco come me.