La nuova vita di Claudio
Se Claudio ha una passione, oggi, è quella per la pizza. Ha la pazienza e la perseveranza di seguire i tempi della lievitazione e dell’impasto, che cura con amore, come ogni cosa viva. Talento che condivide volentieri con gli amici di sempre, e anche con quelli conosciuti da poco, con i clienti del ristorante in cui lavora.
Finalmente oggi Claudio sogna: perché è tornato ad essere libero, e lui sogna di poter avere una famiglia tutta sua. «Sai cosa si prova a essere costretti a tenere la testa dentro al water mentre altri tirano lo sciacquone?», mi chiede. Sul mio silenzio sconcertato, risponde: «Io sì! Alle elementari, e poi anche alle medie, ho subito ripetuti atti di bullismo, con violenze fisiche e psicologiche da parte di compagni coetanei e più grandi».
Questo è il suo passato. Ogni volta che Claudio lo condivide con qualcuno, è come se lo rivivesse, anima e corpo, ripercorrendo quel cammino che lo ha portato dall’inferno alla resurrezione. «Cresceva, dentro di me, come una voce che diceva “Tu non vali, tu non sei degno di amore”. E anche tanta rabbia, che però non riuscivo a esprimere, a comunicare alla mia famiglia. Mi sentivo debole. Brutto. Indegno d’amore».
A 18 anni comincia a bere e drogarsi, conosce l’ambiente della trasgressione. Sotto l’effetto dell’alcool o della droga, il bambino ferito dentro di lui riesce a gridare, a dire ciò che sente, anche se in maniera distorta.
«In particolare, l’alcool era come un abbraccio, un calore che mi avvolgeva e scaldava, colmando il bisogno di affetto e tenerezza che sentivo. Mi rendeva anche disinibito, forte, capace di affrontare la durezza della realtà», mi spiega.
Malgrado i ripetuti tentativi della famiglia di aiutarlo, a 23 anni Claudio decide di andarsene via di casa e finisce per strada. «Lì, il sentimento predominante era la rabbia, verso me stesso, verso il mondo e Dio – racconta –, vivevo il “fa ciò che vuoi” ed ero io il dio della mia vita. All’inizio, il fisico reggeva bene e mi sentivo duro e forte. Finalmente potevo dimostrare a tutti che ero capace di difendermi da solo».
In quella “sicurezza”, Claudio rifiuta più volte l’aiuto di tante persone che tengono a lui, e che cercano di portarlo via dalla strada. Ma col tempo, la durezza di quella vita lo trasforma in una “larva umana” e il suo corpo comincia a non reggere più. «Ho fatto molte cose brutte. Sono arrivato a stracciare il mio corpo e la mia anima per ottenere soldi. Era l’Inferno!», ammette.
Claudio tocca il fondo, sta per morire, perché ormai ha perduto anche la speranza. «È a quel punto che, grazie all’incontro con un sacerdote, dentro di me si accende come una nuova luce. Mi sono detto: Claudio, vuoi vivere o vuoi morire? Scelsi la vita! E decisi di entrare in comunità».
Claudio viene accolto dalla Comunità Nuovi Orizzonti. L’impatto con quel nuovo contesto è come un abbraccio, senza giudizio. «Lì ho trovato una famiglia che non mi ha mai condannato per quello che avevo fatto, e che mi è stata accanto nei momenti difficili. Intanto, da fuori, ero sostenuto dalla preghiera delle persone che mi hanno sempre amato».
Il suo cammino è stato doloroso. È servito tanto impegno: «Ma eccomi qui!
Dal non credere più in me stesso, ho iniziato a sentire che meritavo la felicità, che Dio mi amava così come ero, che ero degno d’amore. Non avevo più bisogno dell’alcool o della droga per esprimermi e potevo divertirmi anche senza bere. In comunità, mi hanno aiutato a scoprire i talenti che il Signore mi aveva donato e metterli a frutto, non solo per me, ma anche per il prossimo».
Il viso disteso, il sorriso luminoso, fiducioso. Così comincia la nuova vita di Claudio: «Ora, di fronte a ogni cosa, cerco di mettere Dio al primo posto».