La nuova Costituzione fa discutere
Si tratta della seconda Costituzione sulla quale i cittadini del Paese nordafricano sono stati chiamati a pronunciarsi nel giro di due anni e ha ricevuto l’approvazione di circa 20 milioni di egiziani (tenuto conto che ha votato circa il 38 per cento degli aventi diritto) a fronte degli 11 milioni che avevano appoggiato la precedente, per la quale si era recato alle urne il 32 per cento della popolazione.
Si tratta di elementi importanti, perché se da un lato rivelano, come già si sapeva, una situazione di spaccatura all’interno del Paese, dall’altra mettono in evidenza un desiderio di costruire un Egitto democratico. Proprio questo sforzo è quello che è emerso dall’esercizio del Comitato dei cinquanta “saggi”, che nell’estate scorsa era stato incaricato di redigere un testo costituzionale nuovo. Si tratta della Costituzione più lunga (247 articoli) e articolata che il Paese ha avuto dalla caduta della monarchia.
La nuova Costituzione può essere letta da diverse prospettive e non nasconde contraddizioni e nodi irrisolti. Da un lato la shari'a resta la «fonte principale della legislazione egiziana», ma, dall’altro, il testo sembra voler ridimensionare il ruolo della religione in un Paese che dichiara di essere «uno Stato democratico moderno retto da un governo civile». Così si proibiscono i partiti a base religiosa e si chiariscono alcuni rapporti da sempre cruciali con autorità religiose, come quelle con al-Azhar.
Si cerca di garantire diritti e libertà, in particolare nei confronti delle donne e delle minoranze. Per quanto riguarda il ruolo della donna, lo Stato si impegna a proteggerla da ogni forma di violenza e a contribuire a una piena parità con l’uomo in materia di diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. A cristiani e ad ebrei si riconosce il diritto di applicare le proprie leggi in materia dei rispettivi affari religiosi. A proposito di questo aspetto, il patriarca copto-ortodosso Tewadros ha notato che sono vari gli articoli che riguardano i cittadini egiziani di fede cristiana e che già nel preambolo si dichiara che il popolo egiziano accetta «la Vergine Maria e il suo neonato e la protegge durante il suo sacro viaggio attraverso l'Egitto». Si tratta, ovviamente, di un’espressione di rispetto e apprezzamento per la religione cristiana.
Particolarmente importante appare l’articolo 53 che considera tutti i cittadini uguali senza discriminazioni di religione o credo. Anzi, la discriminazione e l'incitamento all'odio sono considerati un crimine punibile per legge. Inoltre, in un articolo successivo, si prevede «l'assoluta libertà di credo, di professione religiosa e si garantisce la possibilità di costruzione di luoghi di culto per i credenti». Resta ovviamente da vedere come saranno applicati questi articoli e se essi avranno un consenso nazionale nella prassi quotidiana e nei diversi contesti del Paese.
In generale, la Costituzione cerca di essere un passo in avanti, se confrontata con quella precedente, sebbene alcune fasce della popolazione si attendessero un testo più vicino allo spirito della rivoluzione del 2011, che costrinse Mubarak alle dimissioni. Tuttavia, molti non si nascondono che il testo non poteva essere esente da limiti, che trovano la loro radice in una serie complessa di problematiche, non ultima l’attuale situazione socio-politica. Come ha dichiarato la giurista Nathalie Bernard-Maugiron, direttore di ricerca presso l’Institut de recherche pour le développemente e co-direttore dell’Institut d’études de l’Islam et des sociétés du monde musulman (Lismm) presso l’École des Hautes études en sciences sociales (Ehess) a Parigi, si tratta di una «prima tappa verso una transizione democratica capace di riformare i malfunzionamenti dello Stato o soltanto il riflesso dell’attuale equilibrio dei poteri e degli interesse corporativi delle diverse istituzioni dello Stato».
In effetti, non si può pretendere di arrivare a risultati soddisfacenti percorrendo delle scorciatoie. L’Egitto esce da anni difficili e la sua situazione economica e sociale è al limite del collasso. Il processo per la ricostruzione non si può realizzare nel giro di pochi mesi e richiederà l’impegno di tutte le componenti sociali: la popolazione, innanzitutto, ma anche la magistratura, la classe politica e, ovviamente, l’esercito, che da sempre ha avuto un ruolo fondamentale nella vita del Paese. A questo proposito la nuova Carta parla di un «legame indissolubile» fra l’esercito e il popolo e assicura diritti importanti, come quello di un bilancio non soggetto al controllo del Parlamento e un ministro della Difesa scelto fra gli ufficiali con l’approvazione del Consiglio supremo delle forze armate.
Anche la magistratura ottiene dei risultati a suo favore, dopo il braccio di ferro con i Fratelli musulmani durante la presidenza di Morsi. Soprattutto, l’Alta corte costituzionale ha la facoltà di scegliere i propri membri e nominare il proprio presidente.
Resta ora da vedere quali saranno i prossimi passi e, soprattutto, come si muoverà il generale al-Sîsî, senza dubbio l’uomo forte che ha, di fatto, guidato il Paese in questi mesi e che dovrà ora decidere o meno se presentarsi come candidato alle elezioni presidenziali che si terranno nei prossimi mesi. Il referendum sulla nuova Costituzione ha consegnato una carta importante, ma, come si è detto, ha rivelato anche che il Paese vive ancora con dolorose fratture al suo interno (da non sottovalutare la frustrazione dei Fratelli musulmani, esclusi dal potere in modo certamente non limpido) e chiunque deciderà di gettarsi nella corsa presidenziale non potrà ignorare questi aspetti e la priorità di ricostruire un tessuto sociale integrato con un vero sentimento nazionale condiviso da tutti.