La nostalgia di Anka

Ex dirigente scolastica. Ora badante in Italia. Il confronto tra comunismo e consumismo. La perdita della mamma e del passato
vite rossa

Mi chiamo Anka, che poi nella mia lingua sarebbe il diminutivo del vostro nome “Anna”. Sono una badante. Vivo in Italia da quindici anni, con una vecchia signora gentile in una grande casa, in un piccolo paese di provincia, non importa che sappiate quale. La signora ha perso il marito qualche anno fa, e ora anche un po’ la memoria. Ma si sta bene insieme.

 

È bella la casa dove vivo, con grandi finestre affacciate sul giardino, riparato da cipressi. A primavera, fioriscono le rose, in autunno ricami di vite rossa americana riscaldano la siepe intorno al prato. Oltre il muro di cinta, scendendo verso la strada principale, scorre un torrente, dove da marzo a novembre cresce tanta ortica. Ogni giorno ho due ore di libertà, e delle volte le trascorro lì a passeggiare e raccogliere ortica. Mi piace cucinarla e farci la zuppa, perché alla mia signora, anche se non mangia tanto, piace sperimentare i sapori della mia cucina nazionale.

 

Non vi ho ancora detto da dove vengo. Voi non conoscete tanto la mia nazione. Delle volte mi scambiate per rumena, russa, moldava, ucraina. Io invece sono bulgara, vengo dalla Bulgaria. È stata una nazione importante la mia Bulgaria. Per esempio, voi non sapete che oggi mangiate lo yogurt grazie a noi. Durante il periodo Neolitico, la tecnica per produrre yogurt si diffuse dall’Asia Centrale all’Europa, partendo proprio dalla mia Bulgaria. Voi non sapete che il bulgaro, la mia lingua, fu la prima lingua slava scritta, grazie ai santi Cirillo e Metodio, prima ancora del russo, e la prima lingua slava a creare una letteratura.

 

Voi non sapete tante cose della mia nazione. Per esempio, non conoscete chubritza, un’erba che per noi sta bene con tutto, che poi è la vostra santoreggia, usata per insaporire i piatti già dall’antica Roma. Non sapete che sono golosa di peperoni con cui faccio insalate, aromatizzo le lenticchie, o li riempio di carne. Non sapete che sono laureata, e che nel mio paese ero una dirigente scolastica in una scuola elementare.

 

Non si sta male qui in Italia. Ma quando c’era il comunismo in Bulgaria si stava meglio. Io ero felice. C’era il lavoro per tutti e io avevo una famiglia. Poi, caduto il comunismo, si è sgretolato tutto, anche la famiglia. Mi sono separata da mio marito, ho perso il lavoro e sono partita. Io penso che il consumismo non sia meglio del comunismo.

 

Qualche settimana fa sono tornata a casa mia, nella grande pianura del Danubio. Fa già freddo lì. Sono tornata perché è morta la mia mamma. È successo tutto all’improvviso e non ho potuto neanche salutarla. Invece del solito pulmino, ho preso l’aereo per tornare, tutto di corsa, tutto veloce. Sono stata lì due settimane: il funerale, le sue cose da sistemare, il testamento, la casa… Non avevo ancora finito di fare le cose della burocrazia che ho preferito tornare.

 

Ieri sera lo raccontavo alla figlia della signora: mi manca la mia mamma. Lei era tutto quello che mi era rimasto, la mia famiglia, il mio paese, il mio passato. Ora sono sola. Le ho raccontato che ci sentivamo tutti i giorni anche due, tre volte al telefono. Ci raccontavamo di tutto, dalle ricette agli acciacchi della signora, ai colori della mia terra, i suoi ricordi, anche le stupidaggini di poca importanza.

 

Ascoltare la sua voce era la mia felicità, era come tornare a casa. Ora è tutto finito senza la sua voce. Ieri mattina ho provato a chiamare una sua amica, volevo sperare che avrei provato le stesse cose, ricreare quell’affiatamento che avevo con lei. Ma non è stato così. Non è la stessa cosa.

 

La figlia della signora mi ha ascoltato, con uno sguardo da sorella e poi mi ha detto: «Coraggio, Anka!». Forse, bisogna ricominciare da qui.

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