La nostalgia apre il Festival di Roma

L'inaugurazione della rassegna a Quartier Lontain, un film dedicato al rapporto padre-figli e Last Night, una storia d’amore tra perdono e tradimento
Keira Knightey

La quinta edizione del festival internazionale del cinema di Roma si è aperta nel segno della nostalgia. Anzitutto di un grande passato cinematografico, come mostra già la locandina del programma: dalla stagione della “Dolce vita”mitizzata con il restauro del film felliniano, al grande Ugo Tognazzi, ricordato dalla figlia Maria Sole, al giapponese Kurosawa cui è dedicata una retrospettiva.

 

Primo film, il poetico Quartier Lontain, presentato nella sezione Alice nella città, che si conferma la migliore del festival, perchè dedicata ai giovani e giovanissimi, che hanno letteralmente affollato il Parco della musica.

Questo piccolo, intenso viaggio nella memoria – opera raffinata di Sam Garbarski – narra di Thomas, 50 anni, che si ritrova per caso nella città della sua infanzia. Per un malore, si ritrova a 14 anni e rivive la sua storia familiare, in particolare il rapporto col padre, un uomo chiuso, che il giorno del compleanno fugge di casa senza più tornare. Il regista tratteggia con cura minuziosa la psicologia adolescenziale, le paure, i primi amori e quella mancata amicizia col padre che resta una nota di malinconia nel ragazzo e poi nell’uomo adulto, ora anche lui padre di due figlie. Il villaggio franco-svizzero dove si svolge l’azione, fotografata con limpidità, fa da contorno ad una storia di sentimenti, di un passato mai rimosso e che poi ritorna e che finalmente si vorrebbe diverso, con più amore. Il lutto viene faticosamente elaborato nella vita degli adulti, sembra dire l’autore. Cast, grazie ai giovani interpreti, ricco di sfumature, per un racconto sull’orfanezza dei figli nei confronti dei padri.

 

Ancora nostalgia del passato nel primo film in concorso, in uscita il prossimo 5 novembre, Last Night: ultima notte. Ma di cosa? Di un amore del passato che ritorna imprevisto, di una paura di non riuscire ad amarsi e a perdonarsi veramente? Massy Tadjedin, regista iraniana-americana alla sua opera prima, parla di Michael (Sam Worthington) e Joanna (Keira Knightey), sposati da tre anni, giovani professionisti che si amano, ma questo affetto è insidiato dal timore del reciproco possibile tradimento e dall’arrivo, per lei, di un amico del passato,e per lui, dall’attrazione per una collega. Una sceneggiatura perfetta, di impianto squisitamente teatrale, scava in modo finissimo i caratteri, scolpisce con precisione le situazioni, affida ai dialoghi e alle espressioni dei volti ( in particolare della Knightey) il dipanarsi di una vicenda dove la seduzione è dietro l’angolo, come pure la possibilità del tradimento, ma pure del perdono. Se lei resiste all’antico amore, lui, che sembrerebbe il più forte, cede. Ma, quando si incontrano dopo solo una notte di separazione, la vita è cambiata del tutto: nel pianto di lei, lui capirà che non gli è stata fedele, almeno nell’animo, e lei, nel silenzio sbigottito di lui, comprenderà tutto. Ma non ne faranno cenno. Il singulto di lei che chiude il film è dolore, ma anche amore ritrovato. Grande prova attoriale e regia di notevole equilibrio.

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