La Nigeria concede la libera circolazione
Il presidente nigeriano Mohammadu Buhari ha dichiarato la scorsa settimana ad Assuan, in Egitto: «Abbiamo preso la decisione strategica di abbattere le barriere che hanno ostacolato la libera circolazione della nostra gente nel continente, concedendo visti di entrata in Nigeria per tutte le persone in possesso di un passaporto africano». Il gigante economico africano era fino ad oggi uno dei Paesi in cui le procedure amministrative per la concessione del visto erano più lunghe e dal risultato sempre incerto. È quindi una decisione importante e un sollievo per tutti coloro che vorrebbero recarsi in quel Paese, tranne i cittadini dell’Ecowas (Comunità degli Stati dell’Africa occidentale) che avevano bisogno di visto.
Tuttavia, ciò che è strano nella vicenda è che la Nigeria sta attualmente chiudendo nei fatti molti dei suoi confini con altri Paesi vicini. Il caso più recente è il conflitto economico con il Benin: la Nigeria ha in effetti deciso di non riaprire il confine fino al 2020. Secondo le autorità nigeriane, la misura vuole solo arginare il contrabbando di prodotti come benzina e riso. Un principio contrario alla politica di libera circolazione di persone e merci, che tuttavia nella regione Ecowas resta una semplice dichiarazione d’intenti.
Allentare le restrizioni di viaggio agli africani nel continente è un obiettivo politico dell’Unione africana. Nel 2019, i continentali non avevano bisogno di un visto per viaggiare in un quarto degli altri Paesi africani, rispetto al 20% del 2016. Attualmente, la Nigeria è al 30° posto nell’indice di apertura dei visti africani. 37 Paesi hanno visti semplici, 6 li hanno mantenuti e 11 li hanno limitati. Il Ruanda è la prima nazione africana che nel 2018 ha annunciato il rilascio di visti d’ingresso all’arrivo sul suo territorio per tutti i viaggiatori provenienti dall’Africa. Hanno anche semplificato i viaggi dei loro vicini consentendo loro di circolare solo con una carta d’identità nazionale e un passaggio di frontiera istituito per i cittadini ruandesi, kenioti e ugandesi. E, a gennaio 2018, il governo ha introdotto la possibilità per tutti i viaggiatori di tutto il mondo di recarsi nel Paese e ottenere, in loco non appena arrivano, un visto di 30 giorni.
Ma i vecchi metodi hanno la pelle dura. È difficile istituire una reale integrazione intercomunitaria. Il Sudafrica, ad esempio, prevede di creare una nuova autorità di gestione delle frontiere nel 2020, con l’obiettivo di frenare l’ingresso di migranti privi di documenti nel Paese. Il confine tra Ruanda e Uganda è stato chiuso da marzo dopo che il presidente ruandese Paul Kagame ha accusato il suo omologo ugandese Yoweri Museveni di aver tentato di destabilizzare il suo governo. Numerosi sforzi diplomatici per riaprire il confine sono falliti, così come gli sforzi per far riaprire la Nigeria al confine con i vicini non hanno avuto successo. E questo nonostante il fatto che tutti i Paesi siano firmatari dell’Area di libero scambio continentale africana (Zlec), un piano Ua adottato nel 2018 per rendere l’Africa la più grande area del mondo con libera circolazione di persone e merci.