La necessità delle minoranze

Alla viglia della Giornata della memoria e nel pieno del dibattito sulle regole della democrazia, è opportuno ribadire la forza della coscienza. A partire degli esempi di Rotblat e Jagerstatter
German Resistance Memorial Center in Berlin EPA/BERND VON JUTRCZENKA

La questione del voto e delle maggioranze definite in base alla legge elettorale emendata dalla Corte costituzionale viene a cadere alla vigilia del giorno in cui si fa memoria della Shoah.

Francesco in una recente intervista ha ricordato l’origine storica di quel male indicibile da una competizione elettorale che ha visto prevalere nella coltissima e avanzata Germania il partito di Hitler che aveva, tra l’altro, molti e insospettabili ammiratori anche fuori di quel Paese.

Il fastidio per le minoranze politiche arrivò brevemente fino alla loro eliminazione fisica.

Franziska Jägerstätter St. Radegund Gattin von Franz
Franziska Jägerstätter St. Radegund Gattin von Franz

Nel dopoguerra, ad esempio, c’è voluto il grande lavoro di ricerca del sociologo statunitense Gordon Zahn per riportare alla luce la testimonianza solitaria, tranne che per il sostegno della moglie, dell’obiezione di Franz Jagerstatter, contadino austriaco e padre di famiglia che si rifiutò di aderire al nazismo fino ad essere condannato a morte.

Jospeph Rotblat LI JOHNNY EGGIT/ANSA
Jospeph Rotblat

 

 

Ma la insopprimibile vocazione minoritaria spiega anche la scelta di Joseph Rotblat, lo scienziato polacco di origine ebraica che iniziò a partecipare al progetto Manhattan sulla bomba atomica, ma che la sera della vigilia di Natale del 1944 lasciò per sempre il laboratorio di Los Alamos non potendo collaborare in coscienza con quel programma.

Per il resto della sua lunga vita (è morto nel 2005) il celebre fisico nucleare si è dedicato all’impegno per il disarmo atomico applicando la sua scienza per la cura delle persone.

L’orrore di Hiroshima e Nagasaki segna il nostro presente. Nel 1995 Rotblat scriveva umilmente così sul Bulletin of the Atomic Scientists: «Dopo quaranta anni una domanda continua a tormentarmi: abbiamo imparato abbastanza per non ripetere gli errori che commettemmo allora?

Io non sono sicuro nemmeno di me stesso. Non essendo un pacifista perfetto, io non posso garantire che in una situazione analoga mi comporterei nello stesso modo. I nostri concetti di moralità sembra vengano abbandonati una volta che una iniziativa militare è stata avviata.

È, quindi, della massima importanza non permettere che si creino tali situazioni. Il nostro sforzo principale deve essere concentrato sulla prevenzione della guerra nucleare, poiché in una tale guerra non soltanto la moralità, ma l ‘intera struttura della civiltà scomparirebbe».

Jagerstatter è stato riconosciuto tra i beati dalla Chiesa Cattolica nel 2007 e Rotblat ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1995, assieme al movimento di opposizione alla guerra nucleare Pugwash che ha contribuito a fondare.

Esempi della necessità di mantenere la posizione obbedendo alla propria coscienza senza cedere alle lusinghe della maggioranza e alla paura dell’incomprensione.

La conoscenza diffusa di questi casi concreti, a partire dalla scuola, rappresentano un contributo per non ricadere nella tragedia di ciò che Hannah Arendt ha definito la “banalità del male”.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons