La nascita di Gesù e quella del Profeta

Le autorità religiose dell’Islam di Libano, Egitto e Giordania sottoscrivono un documento comune che condanna il fondamentalismo confessionale e riafferma la libertà di culto  
natale

Quest’anno le feste della nascita di Gesù e quella della nascita del Profeta sono state vicine come non era successo da secoli. Alla vigilia della festa di Maouled (la nascita del Profeta) si è verificato un fatto importante, ancora una volta passato sotto silenzio dalla stampa occidentale. I mufti delle comunità sunnite di Libano, Egitto e Giordania, gli sceicchi Abdellatif Deriane, Chawki Allam e AbdelKarim Kassawina, hanno deciso di firmare una dichiarazione comune intitolata “Dichiarazione comune per una informazione religiosa chiara”. La firma è avvenuta a Beirut presso la Dar el-Fatwa, che rappresenta la massima istituzione sunnita del Libano. Si tratta di una dichiarazione scandita in cinque punti che condannano il fondamentalismo confessionale, riaffermano la libertà di culto e si pronunciano per la difesa della vita comune.

 

E’ bene tener conto che i primi due punti si concentrano sui sermoni predicati nelle moschee e sulla informazione su questioni religiosi corrente come è diffusa dai mass-media. In particolare questi punti iniziali mettono in rilievo quanto qui di seguito sintetizzato.

 

1- un rinnovato impegno a favorire un discorso religioso riformatore e moderato che miri a diffondere i valori di tolleranza e moderazione, a rafforzare la pace all’interno della società, a ristabilire la fiducia reciproca fra le generazioni e sostenga il vivere comune

2- la necessità di un rinnovamento nell’impegno ad assicurare una informazione religiosa chiara che comprenda i valori di accoglienza dell’altro a livello religioso, così pure delle diversità nazionali o di altri tipo a livello mondiale.

3- la cooperazione tra le istituzioni nei tre Paesi, che hanno il diritto di emettere i decreti religiosi (fatwa), a livello di scambio di informazioni e di esperienze, di visite reciproche, di lotta contro l’estremismo religioso e di tutti gli altri estremismi che mettono in pericolo la sicurezza delle società arabe, la loro unità e la loro stabilità.

4- l’istituzione di un osservatorio del vivere comune che avrà sede a Beirut e che prevede la cooperazione di cristiani e musulmani

5- l’esortazione rivolta ai media arabi, privati e pubblici, perché trattino in modo responsabile l’informazione religiosa, lasciando da parte tutto quello che può esacerbare le sensibilità religiose in un contesto di discriminazione e di disinformazione.

L’iniziativa è senza dubbio positiva e si inserisce in un discorso più ampio, ovviamente in corso all’interno del mondo musulmano sunnita moderato, che si mostra impegnato a bloccare o comunque limitare l’influenza dell’estremismo salafita. “Dobbiamo formare un fronte comune contro l’estremismo” – ha affermato qualche giorno fa il mufti del Libano nel corso di un suo viaggio in Egitto dove si è incontrato con le autorità della moschea di al-Azhar. Al contempo, nel corso dell’inaugurazione di una moschea nel sud del Libano ha poi insistito sulla necessità di “estirpare i tumori maligni fra cui l’incitamento all’esclusione e gli anatemi”. L’idea alla base dell’iniziativa di Dar el-Fatwa, l’osservatorio in Libano per la vita comune di musulmani e cristiani, e del Muftì è quella di prendere – o di riprendere – il controllo delle moschee del Paese e dei discorsi che si tengono al loro interno, in particolare durante i venerdì di preghiera. Significativa una sua affermazione all’arrivo a Tiro, la città dove si trova questa moschea. “Non sono venuto a Tyr per visitare solo i sunniti – ha dichiarato nel corso della cerimonia di benvenuto – ma per rendere omaggio a tutti gli abitanti di questa città, a prescindere dalla comunità di appartenenza. [Sono qui] per tutti quelli che vivono una cultura del rispetto della pluralità religiosa, una cultura del vivere insieme che si fonda su basi solide, nel rispetto della libertà e dell’amore”. Il Mufti ha, poi, affermato che “tutti i musulmani sono fratelli, a prescindere dalle differenze nell’interpretazione del Corano” fra sunniti e sciiti. “Queste differenze – ha sottolineato – fanno onore alla libertà dei credenti”. Si tratta di affermazioni chiare e coraggiose in un ambiente come quello libanese dove convivono diversi gruppi di musulmani, soprattutto sciiti e sunniti. Nonostante questo, il leader islamico, ha riconosciuto che nella situazione attuale questo modo di vedere e di pensare “deve fronteggiare gravi sfide, nel nome dell’islam stesso, costringendoci ad alzare la voce per denunciare questi abusi che nuocciono all’islam (…). La pluralità delle interpretazioni non ci vieta di pregare insieme, sotto lo stesso tetto, come facciamo durante il pellegrinaggio alla Mecca (…). Dobbiamo formare un fronte comune contro l’estremismo, ed estirpare i tumori maligni che sono l’incitamento all’esclusione e gli anatemi, l’uso del terrorismo che contraddice i nostri principi e i nostri valori, così come il nostro credo in tema di fede”.

E’ chiaro che all’interno del complesso mondo dell’Islam si stanno muovendo in molti nel tentativo di eliminare tutto ciò che mina il vivere in comune. Uno slogan e il modello sul quale si fonda l’essenza stessa del Libano, dove le diverse comunità etniche e religioso da sempre hanno vissuto in pace ed armonia fino alle violenze degli anni Settanta e Ottanta.

(fonte: AsiaNews)

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