La nascita del fotogiornalismo con Adolfo Porry-Pastorel

L’origine dell’arte della notizia per immagini raccontata attraverso lo sguardo del pioniere dei fotoreporter italiani
Pastorel
Roma 24/ 05/1940 Paracadutista durante una esercitazione. FARABOLAFOTO

Lo si può considerare il “padre” dei fotoreporter italiani, nonché il progenitore dei “paparazzi”. Adolfo Porry-Pastorel è stato il pioniere di un mestiere, e un’arte, che vede “quello che succede” – fatti, avvenimenti, personaggi, della vita sociale del Paese – e le racconta attraverso l’occhio del giornalista-fotografo. Appartengono a lui termini oggi per noi scontati come attualità, ultim’ora, inchieste, gossip, scoop, retroscena, cronache nere o rosa, ponendo le basi del fotogiornalismo, narrando il dietro le quinte della politica e del quotidiano, raccontando come pochi il costume, la leggerezza del tempo libero, le nuove abitudini degli italiani.

Classe 1888, professionista fotografo a 20 anni prima al quotidiano Il Messaggero poi al Giornale d’Italia e La Voce, Porry-Pastorel dagli anni Dieci ai Quaranta del Novecento, con la sua macchina fotografica e alla guida della sua agenzia VEDO (Visioni Editoriali Diffuse Ovunque, un acronimo per comunicare la sua velocissima ubiquità), riuscì a muoversi ovunque, dando vita, con le immagini inviate a giornali e rotocalchi, a un racconto inedito e sorprendente della storia d’Italia.

Pastorel
“Mussolini trebbia il grano”. Dettaglio. Littoria, 9 luglio 1934 – Archivi Farabola

Sperimentatore ardito di tecniche di stampa e trasmissione delle foto, e di stratagemmi per procacciarsi eventi e scoop, tra le due guerre, Pastorel è riuscito a passare per “il fotografo di Mussolini” e contemporaneamente, attenzionato dalla censura fascista, per un fastidioso scrutatore del regime avendo avuto accesso alle stanze più intime del governo e del potere. Sono sue alcune foto diventate emblemi della rappresentazione mussoliniana: quella, ad esempio, del duce impegnato a torso nudo nella trebbiatura, durante la Campagna per il Grano; quella inquadrando con malizia il palchetto che ne solleva la statura; oppure quella con il figlio Romano issato sulle spalle, iconografia pura di una propaganda familista.

In mostra troviamo anche lo scatto celeberrimo di Mussolini arrestato nel 1915 e malamente portato via durante una manifestazione interventista, una foto che il futuro dittatore non gli perdonerà mai (e che sarà però al tempo stesso una sorta di trofeo per lui da esibire). Ma Pastorel è anche l’autore di un epocale reportage sul ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti, il più grave caso di omicidio politico della prima metà del ‘900 in Italia, massimo momento di crisi per il fascismo.

La distruzione della “Spina di Borgo” per far posto a Via della Conciliazione. Roma, 8 marzo 1937 – Archivi Farabola

Immagini di una precisione comunicativa straordinaria, da maestro del reportage, puro giornalismo. Un aneddoto sulla sua capacità di infiltrazione è la presenza durante la storica la visita di Hitler in Italia nel 1938, con l’esibizione a Napoli di una flotta non così numerosa come Mussolini diede a vedere all’alleato. Nell’occasione Pastorel perfeziona un audace sistema di trasmissione delle immagini all’agenzia di Roma: i piccioni viaggiatori. Con i suoi scatti Pastorel mostra, senza riserve, le contraddizioni del regime smontando i trionfalismi, celebrando però i backstage. Immortala le risate dei gerarchi, la bassa statura del re, il conformismo oceanico delle adunate di piazza, rompe il cerimoniale riprendendo i protagonisti in pose più disinvolte e inaspettate.

Pastorel
Roma – 15 / 12 / 1931. Seggiolai in bicicletta in Piazza di Pietra
FARABOLAFOTO

La sua foto non giudica, ma nessun altro fa in quegli anni un tale uso di ironia, inquadrature inusuali, composizioni irrituali. Altrettanto vivaci sono le foto dedicate al costume, alla gente comune, quelle di un’Italia non ingessata nella posa del regime, spesso in movimento, colta di sorpresa: ai bagni al mare, nei caffè, nelle inaugurazioni di gala, nelle cerimonie pubbliche, i comizi, matrimoni, funerali; il varo di un dirigibile, al circo, sul set di un film, nelle passeggiate, nelle nozze di sposini autarchici che vanno in chiesa in bici. Un filo sembra legare le foto politiche a quelle popolari, i ritratti di Primo Carnera in pantaloncini, di Mussolini e Ciano in spiaggia in costume, delle signore al mare. Nelle foto di Pastorel con sottile sovvertimento, il potere si dissacra, mentre la vita quotidiana si fa rito.

Dopo aver appeso la macchina al chiodo verso la metà degli anni Quaranta, restando tuttavia a gestire l’agenzia Vedo, Pastorel cambia vita. Nell’ultima parte della mostra lo scopriamo nel felice ritiro di Castel San Pietro Romano, borgo di cui diverrà sindaco e promotore per il cinema. È qui infatti che egli consiglierà a Vittorio De Sica, protagonista del film con Gina Lollobrigida, di far girare Pane, amore e fantasia. Il successo epocale della pellicola farà tornare troupe per altri titoli celebri. Il ritratto insieme a De Sica racconta di un amore non secondario di Pastorel per il mezzo cinematografico, figlio della fotografia.

Roma, 04/06/1944
Seconda Guerra Mondiale – Liberazione
Nella foto: dopo l’ingresso delle truppe alleate nella capitale, i cittadini romani assistono alla sfilata in piazza Venezia dei reparti del Corpo Italiano di Liberazione inquadrati nelle Armate Anglo-Americane
@Archivio VEDO/AF

Il percorso cronologico e creativo della mostra, con oltre 80 fotografie provenienti dall’Archivio storico Luce e da altri importanti fondi, come l’Archivio Fotografico Storico del Museo di Roma, e gli archivi Farabola, Vania Colasanti, Fondazione Turati, è arricchito da preziosi filmati d’archivio, stampe originali, documenti inediti e oggetti personali, che documentano la vita, i rapporti e le diverse passioni di Adolfo Porry-Pastorel.

 

“Adolfo Porry-Pastorel – L’altro sguardo. Nascita del fotogiornalismo”, Museo di Roma a Palazzo Braschi, fino al 24 ottobre 2021 (Catalogo Electa e Luce-Cinecittà).

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