La mostra della crisi
«Una volta tanto non avremo film-sorpresa cinesi». La battuta è di Alberto Barbera, neodirettore della rassegna veneziana, dopo i lunghi anni di Marco Müller, grande amico dei cinesi e delle mostre gigantesche, con prodotti di qualità e altri di notevole modestia.
La crisi incombe e, diciamolo subito, sotto sotto è anche una fortuna. Infatti, l’immensa voragine aperta dinanzi al Palazzo del Casinò per il nuovo monstrum del Palazzo del cinema progettato verrà chiusa. Non ci sono i soldi, e poi ce n’era davvero bisogno? Per gli amanti degli eccessi e delle spese folli e auto-promozionali, certo, per la gente di buon senso, ben poco.
Questo festival promette bene. I numeri, anzitutto: 50 film in prima mondiale, di cui 17 in concorso, 15 fuori concorso e 18 della sezione “Orizzonti” (compresi 9 documentari e 15 corti). Presenti nella selezione ufficiale 3 premi Oscar (Susanne Bier, Jonathan Demme, Robert Redford) e 3 registi candidati all’Oscar (Brian De Palma, Spike Lee, Terrence Malick), 20 registe donne, di cui 4 in concorso, 11 registi per la prima volta alla mostra, 9 registi esordienti nel lungometraggio di finzione e 7 registi in gara che hanno già partecipato alla mostra.
Non è finita: 11 film Usa nella selezione ufficiale e 14 italiani, fra cui Belloccchio (“La bella addormentata”, farà discutere…), Ciprì, Francesca Comencini, Liliana Cavani, Daniele Vicari, Carlo Mazzacurati, Ivano De Matteo. E 41 Paesi rappresentati dai film nella selezione ufficiale, in cui la parte del leone, accanto ad Usa e Italia, la fa la Francia (cosa che forse farà domandare a qualcuno come mai il cinema francese sia così vitale: semplice, lo Stato lo promuove, non è una colonia americana, come noi).
Infine, la giuria internazionale presieduta dal regista americano Michael Mann e composta da Marina Abramovic, artista serba, Laetitia Casta (come mai? Resta un dubbio), il regista cinese Peter Ho-Sun Chan (omaggio al colosso economico?), il regista israeliano Ari Folman, l’italiano Matteo Garrone, la regista svizzera Ursula Meier, l’inglese Samantha Morton, il produttore argentino Pablo Tapero.
Molte donne in questa rassegna, il che non è male, e parecchi film incentrati sulla crisi: di rapporti, personali, di gruppi e di città. Ma aspettiamo di vederli per accorgersi quali siano le risposte, o meno. Buona visione! Fino all’8 settembre, quando Venezia 69 chiuderà i battenti.