La mossa ardita di Putin
I sommovimenti che stanno scuotendo il mondo musulmano sono sempre più spiazzanti. È un mondo, quello islamico, estremamente volatile, in un momento storico in cui gli antichi equilibri, sanciti arbitrariamente dagli europei all’inizio del XX secolo, stanno saltando per diversi concomitanti motivi: in primis, il progressivo ritiro della superpotenza statunitense dallo scenario mediorientale, con il suo ricentramento su pochi obiettivi economici e strategici, con l’Arabia Saudita in particolare; c’è poi l’infinita questione israelo-palestinese che sembra ormai fatalisticamente accettata come irrisolvibile dagli stessi attori sul campo, con buona pace del mondo arabo; non si può poi dimenticare la nuova discesa in campo dello zar Putin e quella, più discreta ma non per questo meno efficace, della Cina, che continua a conquistare pezzi di mondo con la sua strategia mercantile, più che politico-militare; senza dimenticare la crescita di due potenze regionali come Iran e Turchia, che ormai sembrano giocarsela alla pari con i sauditi e Israele.
Il tutto in un’infinita competizione tra le due anime dell’Islam, quella sunnita e quella sciita, col corredo di una serie incredibile di minoranze talvolta assai influenti, da quelle cristiane alle curde, da quella drusa agli alauiti, e via dicendo. In effetti la ricomposizione del mondo a maggioranza musulmana si gioca proprio attorno allo scontro tra due mondi che potrebbero apparire incompatibili, e che in realtà lo diventano allorché la dimensione politica si mescola indistricabilmente con quella religiosa, con corollari etnici ed economici.
Tra i tanti casi sotto i riflettori in questi giorni – Re Salman d’Arabia vola a Mosca per parlare con Vladimir Putin; in Siria Putin bombarda i sunniti vicini ad al Qaeda di al Nusra e ne uccide o ferisce i capi; sempre in Siria Trump accentua i bombardamenti con la sua alleanza curdo-sunnita contro i sunniti dell’Isis; Erdogan se ne va invece a Teheran da Rouhani per condannare il referendum nel Kurdistan iracheno; il ministro degli esteri iraniano attraversa il Golfo arabico per incontrare l’emiro del Qatar; Hamas accetta di lasciare il governo di Gaza al presidente Abu Mazen; in Libano si tiene una riunione ad alto livello di sciiti anti-Hezbollah… –, il primo merita sicuramente un’attenzione particolare. Perché Putin è l’alleato di ferro di Assad e degli alauiti, legati a doppia mandata con gli sciiti libanesi di Hezbollah e con gli sciiti della casa madre. Mentre l’Arabia Saudita sta cercando di riprendere appieno lo scettro del mondo sunnita e combatte gli sciiti un po’ ovunque, soprattutto in Yemen.
Come mai quest’incontro che sembra sparigliare le carte in Medio Oriente? Certamente vi sono ragioni innanzitutto economiche, legate al petrolio, alle armi (di cui l’Arabia Saudita negli ultimi tempi è assai ingorda) e ai fondi sovrani. In un momento in cui l’Arabia Saudita sembra mettere tra parentesi ogni remora di “purezza religiosa” (vedi il caso della guida concessa alle donne) pur di uscire dalla secca di una crisi economica grave e inedita, la mossa del fine stratega Putin appare ardita, ma potrebbe rivelarsi assai efficace nella ricomposizione mediorientale, allontanando Ryad da Washington (solo nel maggio scorso Trump sbarcò da trionfatore a Ryad, firmando centinaia di miliardi di contratti) e provocando paradossalmente non un riavvicinamento ma una minore conflittualità tra sauditi e iraniani. In questa direzione si potrebbe anche guardare al quasi contemporaneo incontro a Doha tra l’emiro del Qatar, al-Thani, e il ministro degli esteri iraniano Javad Zarif, per la ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, mentre non si parla più, o quasi, dell’anatema lanciato solo qualche mese fa, il 5 giugno, da Ryad contro Doha con la gravissima accusa di finanziare il terrorismo (!?!?), con l’appoggio di Egitto, Emirati, Bahrein e altri Paesi sunniti.
Putin, da cinico ma fine stratega, ha capito che le mire iraniane, ormai assai realistiche per la creazione di un “corridoio sciita” tra Teheran e Beirut, non possono che allarmare pesantemente i sauditi e tutti i sunniti, proprio nel momento in cui sta crollando (ma quanto lentamente!) l’avventura del Daesh, l’unico “governo” sunnita nella regione. O Putin sta cercando di far accettare a Ryad il “corridoio”, o sta cercando un modo per dare un contentino ai sunniti nella regione. Vedremo.