La morte di AnbaEpifanio

Grande dolore per la scomparsa del vescovo della chiesa ortodossa copta d’Egitto, grande testimone del dialogo, ucciso all’interno del monastero da un giovane monaco.

Domenica 29 luglio, una nota del portavoce della chiesa ortodossa copta d’Egitto annunciava la morte improvvisa del vescovo Epifanio di San Macario. La nota confermava che il vescovo è stato trovato morto poco dopo l’alba nel monastero di San Macario a Wadi el Natrun (ca. 90 Km a Nord del Cairo), di cui era abate (igumeno) dal 2013. Il corpo giaceva in una pozza di sangue non lontano dalla sua cella, colpito al capo. Quando è stato aggredito anba Epifanio si stava recando alla chiesa del monastero per la preghiera del mattino.

Anba Epifanio era notissimo ovunque per il suo impegno ecumenico e per la sua grande apertura al dialogo. Aveva 64 anni ed era diventato monaco a 30, dopo l’incontro con un moderno “padre del deserto”, del quale divenne discepolo: l’abate Matta el Meskin, igumeno di San Macario dal 1969 alla morte (2006), considerato il rifondatore del monachesimo copto. Anba Epifanio verrà a sua volta eletto abate di San Macario nel 2013, ed in questi cinque anni ha portato avanti con passione e impegno l’opera del suo grande maestro e predecessore. Bibliotecario e direttore della casa editrice del monastero, anba Epifanio ha curato la pubblicazione in arabo di numerose opere di grande valore. La sua altissima visione dell’ecumenismo monastico è ben condensata in questo brano di Matta el Meskin che anba Epifanio ha citato spesso: «La vita in Cristo è l’unica cosa che può sbloccare la rigidità del dogma, affinché esso possa aprirsi ad un di più di vita, di crescita e di ampiezza… È necessario cominciare a vivere insieme l’essenza dell’unica fede senza aspettare di mettersi d’accordo sull’espressione del suo contenuto».

Ad un convegno tenutosi a Bose alcuni anni fa, anba Epifanio disse: «Né i cattolici, né i protestanti e nemmeno gli ortodossi entreranno nel regno dei cieli, ma soltanto la nuova creazione in Cristo Gesù». Al termine del suo intervento, a chi gli chiedeva un parere sulla divisione tra i cristiani, rispose: «Perdonatemi, non sono un teologo. Non ne capisco di divisioni. So solo che cos’è l’unità».

Il Monastero di San Macario, di cui Matta el Meskin e anba Epifanio sono stati abati, ha una storia straordinaria: è stato fondato nel 360 nel deserto di Scete (Wadi al Natrun) da San Macario il Grande (300-390), discepolo e compagno di Sant’Antonio abate, ed è stato ininterrottamente abitato dai monaci fino ad oggi (cf. il sito web: stmacariusmonastery.org, anche in italiano). Nel 1969 il monastero era quasi in rovina e vi abitavano ormai solo 6 monaci anziani. Il papa copto di quel tempo, Cirillo VI, chiese a Matta el Meskin di trasferirsi a San Macario con i suoi 12 monaci, che vivevano da 10 anni una fortissima esperienza semi-anacoretica in alcune grotte del deserto di al-Rayyan. Il monastero di San Macario rifiorì, tanto che all’inizio degli anni 80 i monaci erano già diventati un centinaio e il monastero ricostruito e ampliato. Negli ultimi anni, San Macario ha stabilito e mantiene forti rapporti spirituali e fraterni con altre fondazioni monastiche, come il monastero di Chevetogne in Belgio, l’Abbazia di Solesmes in Francia, la Comunità di Bose in Italia, il Dayr al-Harf in Libano e le Fraternità di Gerusalemme in Italia e in Francia.

Dopo la scoperta del cadavere di anba Epifanio, gli inquirenti hanno subito orientato le indagini nell’ambito del monastero e fra i dipendenti. Dall’esame di alcuni filmati delle telecamere interne sarebbe emerso un forte contrasto fra alcuni monaci e l’abate. Secondo informazioni fornite in modo trasparente dall’Agenzia vaticana Fides, dopo la morte di anba Epifanio, un giovane monaco, Faltaos, avrebbe tentato il suicidio e pochi giorni dopo un altro monaco, Wael, avrebbe fatto lo stesso, ma sono entrambi sopravvissuti. Il motivo del gesto estremo sarebbe stato un procedimento di espulsione avviato dall’abate già da vari mesi, per gravi motivi. Il provvedimento era stato sospeso temporaneamente ma stava per essere ripreso e attuato. Ed infatti con un decreto approvato da papa Tawadros II, Wael è stato espulso da San Macario e spogliato dell’abito monastico. A questo punto è intervenuta la polizia accusando proprio Wael dell’omicidio dell’abate.  Messo alle strette dagli inquirenti, Wael ha confessato, facendo anche ritrovare l’arma del delitto.

Tutta questa vicenda è un durissimo colpo per la chiesa egiziana e non solo. Papa Tawadros II ha voluto sottolineare qualche giorno fa che la chiesa non ha comunque nulla da nascondere, perchè i tesori che ha in dono e che la tengono in vita non possono essere dissipati da debolezze, errori, peccati e crimini di singole persone.

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