«La mondanità uccide la Chiesa»
A quanto pare, papa Francesco era desideroso di giungere ad Assisi quanto prima. Così ha anticipato il suo arrivo di un quarto d’ora rispetto ai tempi stabiliti. E l’accoglienza è stata festosa pur nella caratteristica compostezza degli umbri. A fare capricci è stato solo il tempo atmosferico, con un cielo grigio e una pioggerellina dopo una vigilia in pieno sole. Sorella pioggia, comunque, e qui è proprio il caso di dirlo.
«Grazie per aver incominciato la sua visita dal Serafico», ha esordito il sindaco di Assisi, Claudio Ricci, dando il benvenuto al Santo Padre nell’istituto, fondato nel 1871 dal francescano beato Ludovico da Casoria, che ospita bambini, ragazzi e giovani con gravi disabilità fisiche e mentali provenienti da tutta Italia.
«Voglio iniziare la mia visita ad Assisi con voi», ha sottolineato il papa, evidenziando la scelta di privilegiare gli ultimi, dopo essersi intrattenuto a lungo con piccoli e meno piccoli degenti, dispensando abbracci, carezze e attento ascolto. Riferendosi a loro, ha ricordato: «Noi siamo tra le piaghe di Gesù, che hanno bisogno di essere ascoltate, riconosciute, in cui adoriamo la carne di Gesù». Pensando poi al Gesù risorto, ha precisato che era bello, non aveva più ferite o lividi, ma aveva conservato le piaghe, concludendo che: «Le piaghe di Gesù sono qui e sono in Cielo». E infine un invito pressante: «Da questo luogo in cui si vede l’amore concreto, dico a tutti: moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza».
Il linguaggio si è fatto asciutto. Il papa improvvisa, non legge il discorso preparato, il cui testo consegna al vescovo di Assisi, seduto vicino. Lo chiama «mio fratello Domenico», senza titoli e senza cognome, e mons. Sorrentino ricambia poco dopo dandogli del “tu”. Una scelta concordata, visto che compare nel testo ufficiale del discorso del presule. Una eloquente novità e un azzardo felice, che rendono più autentico (perché più familiare) l’incontro con i poveri nel Vescovado di Assisi.
«Sei il primo papa che visita questa Sala della Spoliazione! Qui soffiò otto secoli fa il vento della Pentecoste. Qui il gesto sconvolgente dello spogliamento del giovane Francesco. Rinunciò a tutto per possedere tutto, mettendosi, come Cristo, dalla parte degli umili e dei poveri». Questi ultimi sono i protagonisti dell’ulteriore incontro del papa. Li saluta senza fretta, si interessa dell’uno e dell’altro. I tratti dei volti e i colori della carnagione rimandano a vari Paesi, molti dei quali dell’area del Mediterraneo. Bergoglio continua ad affidarsi più ai gesti che alle parole. E quando è invitato a parlare, gira e rigira in mano i fogli dell’intervento ufficiale, ma anche qui dà voce al cuore in presa diretta.
«Ho visto scritte tante fantasie sui mezzi di comunicazione in questi ultimi giorni – inizia con tono sommesso -. Si preannunciava che il papa, venendo ad Assisi, avrebbe spogliato la Chiesa, gli abiti di vescovi e cardinali, forse anche se stesso. Questa è una buona occasione per invitare tutti a spogliarsi, perché la Chiesa siamo tutti noi battezzati. Tutti dobbiamo andare nella strada di Gesù, una strada di spoliazione, in cui si è umiliato sino alla croce. Se vogliamo essere cristiani non c’è altra via».
Ed è a questo punto che pronuncia un’espressione che rimarrà per la sua efficacia evocativa. Definisce «cristiani di pasticceria», quelli che hanno rimosso la croce e lo spogliamento del proprio egoismo. Torna su un impegno che gli è proprio: «La Chiesa deve spogliarsi di un pericolo gravissimo che incombe su tutti: il pericolo della mondanità, che ci porta allo spirito del mondo, contrario a quello delle Beatitudini». Commenta: «È tanto triste trovare un cristiano mondano, che si presenta sicuro per la sicurezza che gli dà sia la fede, sia il mondo. Ma non si può servire a due padroni. È un atteggiamento omicida, perché la mondanità uccide la Chiesa».
«Tanti di voi siete stati spogliati dal mondo che non dà lavoro, che vede morire tanti bambini», dice infine rivolgendosi ai presenti, molti dei quali immigrati. Papa Francesco ricorda quanto successo ieri a Lampedusa e afferma: «Oggi è un giorno di pianto». Il cielo grigio sembra fare appropriata cornice a questi sentimenti di mestizia.