La moderna classicità di Mitoraj

Sono sceso a Roma per vedere la mostra d’Igor Mitoraj che durerà tutta l’estate. Non senza passare prima nei paraggi dell’Accademia delle Belle Arti per rifornirmi di pastelli e di carta da disegno: quando ci si tuffa nell’afa dell’estate romana meglio aggiungere l’utile al dilettevole. Poi mi sono incamminato in quel quartiere che tanto amo: tomba di Augusto a sinistra, a destra l’Ara Pacis come verrà il suo nuovo complesso museale? Ho chiuso occhi pudichi per non soffrire della pretesa classicità marmorea dei palazzi degli anni Trenta che chiudono la piazza dedicata ad Augusto. Come si fa ad essere più romani dei romani? Nell’animata via della Scrofa, con la coda dell’occhio ho ritrovato affreschi neoromani che proprio io ho dipinto in un piccolo negozio. Chi non ha peccato, lanci la prima pietra! Ho girato attorno al Pantheon gremito di turisti, e attraversato la fresca e vuota chiesa di Santa Maria sopra Minerva per salutare il Risorto di Michelangelo e pregare sulla tomba del Beato Angelico. Così, saltando tra strade e viuzze, piazze e piazzette, con relative fermate ad ogni fontanella, ho raggiunto i Mercati di Traiano, che ospitano la mostra. La vista dalla Via dei fori romani è mozzafiato. Le opere del sessantenne scultore d’origine polacca sembrano fatte di proposito per questo luogo e magari qualcuna lo è stata effettivamente. Le figure acefale, alate, mutilate, bendate, screpolate sono perfettamente in scala con quel grandioso insieme archeologico che investono con rispettoso dispetto. Quale contrasto con l’Altare della Patria, soverchiante ammasso di marmo e di bronzo dietro le nostre spalle, lui sì irrispettoso dell’antica Roma nel suo preteso revival dell’impero! Mitoraj è davvero imperiale in queste opere monumentali. Ma non plagia l’arte romana. Mette una distanza che direi surrealistica o ironica, se non temessi di dispiacere all’artista usando questa espressione per me l’ironia è cosa eminentemente seria che rende moderna la sua rilettura dell’arte antica. Mitoraj ci fa vedere il tempo all’opera, ma sembra indeciso sul risultato della sua azione. Se la classicità fosse una religione, direi che Mitoraj è un praticante scettico, quasi un agnostico. Certe sue statue si screpolano come se stessero annichilendosi; altre si scuoiano come fanno i serpenti, pronte a nuova giovinezza. Vita o morte? L’arte antica sopravvive magari in modo improprio: frammenti si saldano in improbabili chimere. Gambe sono alate. Una mano trattiene per la caviglia una Ikaria acefala. Sorriso, pianto, nostalgia, critica? O tutte e quattro insieme? Ognuno sceglierà per conto suo. Io cerco la mia risposta interpretando con i pastelli il mondo di Mitoraj. La vista panoramica dalla Via dei fori romani basterebbe, ed è gratuita! Ma la mostra stessa, magistralmente allestita nelle tabernae del Foro, merita certamente una visita accurata, anche se, a mio avviso, potrà far nascere qualche perplessità. Guardate da vicino, le opere di Mitoraj specie quelle meno grandi lasciano trasparire alle volte quello che mi sembra il limite paradossale di tanti artisti eccezionalmente dotati e talentosi: l’eccesso di bravura. Un’artista che è capace di fare tutto è tentato di fa re troppo. Mitoraj non mi pare immune da questa tentazione, che lo porta pericolosamente vicino al gelido neoclassicismo di un Antonio Canova (che peraltro rifiuta!) o, peggio! al kitsch più sfrenato (vedi la mielosa nonché impudica Annunciazione). E la soluzione non è nell’arte fascista. Non è Michelangelo o Beato Angelico che si voglia! Detto questo e penso che bisognava dirlo concluderei con un auspi60 cio sia per la città di Roma che per l’artista: le monumentali sculture di Mitoraj hanno girato il mondo, ma adesso che sembrano avere trovato il loro posto, perché non lasciarle definitivamente nei Mercati di Traiano? Vacanze romane o ritorno a casa, per le opere di Mitoraj? IGOR MITORAJ nasce il 26 marzo 1944 nell’Oederan tedesca, da madre polacca e padre francese, che si erano conosciuti in tragiche circostanze nella Germania nazista. Nell’estate del 1968, l’artista, spinto dal desiderio di libertà, lascia la Polonia per Parigi, dove si iscrive alla Scuola Nazionale Superiore di Belle Arti. Nel 1979 si reca per la prima volta in Toscana e visita Pietrasanta dove scopre dopo la terracotta ed il bronzo il marmo come materiale impor tante per la scultura e come mezzo ideale di espressione artistica. Si reca anche in Grecia per studiare con cura il mondo classico. Nel 1989 presenta per la prima volta le sue opere alla Academy of Art di New York dove ottiene un grande successo. Seguono numerose mostre personali, inviti per grandi esposizioni nei musei e incarichi internazionali per sculture monumentali in spazi pubblici e privati a Milano, Roma, Parigi, Londra, Varsavia,Tokyo e in molte altre città.

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