La mitezza del cristiano

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Nel Nuovo Testamento, per indicare l’uomo umile, troviamo vocaboli greci con varie sfumature. Dolce, buono, paziente Pray´s indica l’uomo dolce, buono, paziente, perché è povero nel cuore e conosce l’umile sottomissione a Dio. In quest’uomo la dolcezza, pray´s o praypathía, è la forma dell’umiltà fraterna, cosi come la povertà dello spirito è quella dell’umiltà verso Dio. In Mt 5, 5 leggiamo: Beati i miti perché erediteranno la terra. Qui la mitezza (cioè umiltà) è la virtù di coloro che, anche se oggi sono oppressi e disprezzati, hanno la promessa di Dio che parteciperanno alla sua signoria sulla terra. Gesù stesso si definisce mite, pray´s, un re che salva non solo rimanendo alieno dalla violenza e dalla guerra ma accettando di essere privo di mezzi per far valere il suo diritto. E alla fine su di lui, privato di tutto, si riverserà ogni ingiustizia, perché irrompa la forza e la potenza dell’infinito amore misericordioso: Imparate da me che sono mite… (Mt 11, 29). Per questo san Paolo dirà ai Corinti: Ora io stesso, Paolo, vi esorto per la dolcezza e la mansuetudine di Cristo (2 Cor 10, 1), racchiudendo nella dolcezza e nella mansuetudine l’esemplarità del Maestro. Paolo conosce bene l’umile mitezza (pray´tes): Debbo venire a voi con il bastone o con amore e con spirito di dolcezza? (1 Cor 4, 21); la ritiene un frutto dello Spirito: II frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza; bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (Gal 5, 22). Questa virtù consolida il rapporto fraterno: Fratelli, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo spirito correggetelo con dolcezza (Gal 6, 1); Con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore (Ef 4, 2). La mitezza è virtù dell’uomo di Dio: Ma tu, uomo di Dio, fuggì queste cose: tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza (1 Tm 6, 11); Dolce nel riprendere gli oppositori, nella speranza che Dio voglia loro concedere di convertirsi, perché riconoscano la verità (2 Tm 2, 25). La mitezza, scrive san Giacomo, è necessaria all’anima per accogliere il vangelo: perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con mitezza la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime (Gc 1, 21); ed è una virtù dell’uomo saggio: Chi è saggio e accorto fra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere ispirate a saggia mitezza (Gc 3, 13). Povero II secondo vocabolo greco è tapeinòs, umile, povero; tapeinòo, mi abbasso, mi umilio; tapeínosis e tapeinofrosy ´ne, umiltà, umile condizione, umiliazione. Con le parole, che Gesù ha detto di sé, imparate da me, che sono mite e umile di cuore (Mt 11, 29) si fa luce sul significato cristiano dell’umiltà. L’atteggiamento del Maestro è cosi diverso dal pensare comune degli uomini, da sconvolgere la coscienza umana e da mettere a fuoco questa verità: per diventare miti ed umili come lui, non basta esercitare la volontà come per acquistare delle buone qualità di carattere: la mitezza e l’umiltà di Gesù sono qualità che si manifestano là dove gli uomini sono in comunione con lui e vengono sempre più uniformati alla sua immagine per opera dello Spirito Santo. La prima fra le creature a m a n i f e s t a r e queste qualità in modo esimio è Maria Santissima. Ella dice nel Magnificat, usando la parola tapeínosis, che Dio ha guardato l’umiltà della sua serva (Lc 1, 48); e ancora che egli ha rovesciato i potenti dai loro troni e innalzato gli umili (Lc 1, 52). Un altro grande santo che comprende l’economia divina e giganteggia nell’umiltà è Giovanni il Battista, la voce che gridava nel deserto: …ogni burrone sia riempito, ogni monte e colle sia abbassato… (Lc 3, 5). Egli diceva: Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me e più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile. In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?.Ma Gesù gli disse: Lascia fare per ora, poiché conviene che cosi adempiamo ogni giustizia. Allora Giovanni acconsentì (Mt 3, 11-15). Gesù dirà di lui: In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista (Mt 11, 11), uno più umile! Le parole di Gesù ai discepoli sull’umiltà, sull’abbassamento, sono fondamentali nel suo insegnamento. Matteo, quando i discepoli discutono chi sia il più grande, fa dire a Gesù: Perciò chiunque diventerà piccolo [si abbasserà] come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cicli (Mt 18, 4); e ancora: Chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato (Mt 23, 12). Lo ripete Luca: Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato (Le 14, 11). Anche alla fine della parabola del fariseo e del pubblicano saliti al Tempio a pregare, Gesù conclude: Io vi dico: questi tornò a casa giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato (Lc 18, 14). Nella prima evangelizzazione Gesù è presentato con la profezia del Deutero-Isaia: Come una pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, cosi egli non apri la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita (At 8, 32-33). Spogliò sé stesso I sentimenti di Gesù riguardo all’umiltà sono mostrati da san Paolo in una luce teologica abbagliante: Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fl 2, 6-8). In questa luce vanno lette tutte le esortazioni a vivere l’umiltà, e l’apprezzamento del suo valore. Paolo dice ai Romani: Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi (Rm 12, 16). E agli Efesini: Vi esorto dunque io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace (Ef 4, 1-3). Ai Filippesi: Non fate nulla per spirito di rivalità e di vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso (Fl 2, 3). Paolo affida al Signore Gesù la trasformazione gloriosa: (Egli) trasfigurerà il nostro corpo di umiltà per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose (Fl 3, 22). Negli Atti degli Apostoli, Paolo dice di sé agli Efesini che aveva chiamato a Mileto: Ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei (20, 19). L’apostolo non ha nessun timore a manifestare la sua condizione di umiliato, perché la sua vita è nelle mani di Dio: Ma Dio che consola gli afflitti [umiliati] ci ha consolati con la venuta di Tito (2 Cor 7, 6). Ai Filippesi, Paolo dichiara quello che ha imparato per seguire Cristo: Ho imparato ad essere povero [umiliato] e ho imparato ad essere ricco: sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza (Fl 4, 12). Nella sua lettera, Giacomo esorta: II fratello di umili condizioni si rallegri nella sua elevazione e il ricco della sua umiliazione, perché passerà come fiore d’erba (Gc 1, 9-10). Dio resiste ai superbi, ma dona la sua grazia agli umili (Gc 4, 6). Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà (Gc 4, 10). San Pietro esorta tutta la comunità evangelizzata: Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma da grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi (1 Pt 5, 5-7). Mite e umile di cuore Si può concludere da tutto il Nuovo Testamento che la parola umile, pur sullo sfondo dell’Antico Testamento, acquista un suo nuovo profondo significato con l’incarnazione e la crocifissione di Gesù. È da notare anche che l’umiltà nel Nuovo Testamento non implica necessariamente la coscienza dei propri peccati. Luca attribuisce infatti l’umiltà a Maria; Matteo a Gesù: Imparate da me che sono mite e umile di cuore (11, 29). i

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