La misericordia può essere anche una croce
Lei ha più volte espresso il pensiero che la parola “misericordia” spesso pronunciata da Papa Francesco è a volte fraintesa…
«Gesù ci ha testimoniato molto chiaramente cosa sia la misericordia. Anche il Papa ha parlato chiaramente. Con la misericordia di Dio non s’intende qualcosa di differente dalla sua grazia che ci permette di seguire la sua volontà. È molto importante parlare della misericordia di Dio perché è il cuore del cristianesimo. Quando ci sono degli ostacoli per l’accesso ai sacramenti non è per una mancanza di misericordia della Chiesa.
«La misericordia di Dio non si limita solo al perdono dei peccati ma è un dono che ci dà una nuova vita, ci rende autentici figli di Dio. È conversione e rinnovamento del cuore e del nostro atteggiamento. Il figlio prodigo era perduto ma ha ritrovato una nuova comunione con il Padre celeste. Non si tratta di coprire il peccato ma di distruggerne l’effetto negativo generando nuova vita: questa è la misericordia di Dio.
«A volte la misericordia può essere anche una croce. Oggi c’è la tentazione di intendere la misericordia evacuando la croce. Si parla sempre delle ferite, ma noi siamo salvati proprio grazie alle ferite di Gesù. Si arriva alla risurrezione attraverso la croce: non c’è altra strada. Per Gesù crocifisso siamo salvati. La vera questione, ripeto, è allora accompagnare davvero nel cammino della fede tanti nostri fratelli che portano la croce».
Aspetti positivi e critici del Sinodo straordinario. Alcuni lo caratterizzano per il parlare franco, per lo stile di ascolto, per lo spirito conciliare…
«Ho partecipato a molti Sinodi e sempre si è parlato con franchezza. In questo Sinodo si è adottato il procedimento sperimentato già con Benedetto XVI che aveva introdotto gli interventi liberi. Sarei inoltre favorevole a pubblicare tutti gli interventi del Sinodo, piuttosto che riportare delle sintesi, le quali rischiano sempre di essere parziali. Altrimenti si corre anche il rischio di ridurne la ricchezza.
«Certo ogni Papa dà il suo timbro e imprime il suo stile. Papa Francesco porta uno stile familiare e cordiale. Ad esempio, in una pausa dei lavori, il Papa mi ha preso sotto braccio e siamo andati insieme a prendere un caffè, mentre sui giornali si parlava di contrapposizioni e di liti. A volte, anche una franca discussione può aiutare a chiarirsi. E, sebbene ciò possa dispiacere a qualcuno, sono nato papista e vorrei morire da papista.
«Le polemiche sono cominciate dal mio contributo pubblicato sul libro Permanere nella verità di Cristo, contributo che era già apparso un anno prima del Sinodo. Resta il fatto che la dottrina della Chiesa non è un’ideologia. Ci possono essere opinioni teologiche diverse ma si devono sempre rispettare i fondamenti della fede. Perché la salvezza viene da Dio, non la facciamo noi. E la Parola del Dio che salva si è incarnata in Gesù Cristo, in una persona, non in una idea, in un pensiero o in una prassi umana».