La misericordia al centro

Monsignor Rino Fisichella, guida della macchina organizzativa del Giubileo traccia un primo bilancio di un anno straordinario
Mons. Fischella con il papa

Le porte sante in tutto il mondo si sono chiuse. L’ultima, quella della basilica di San Pietro sarà sigillata da papa Francesco domenica 20 novembre. Tracciamo un primo bilancio con mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio della nuova evangelizzazione e guida della macchina organizzativa del Giubileo della misericordia.

 

 

Qual è il bilancio di questo Giubileo?

Il Giubileo è stata una grande provocazione scaturita da una intuizione di papa Francesco, cioè riportare la misericordia come il cuore pulsante della vita della Chiesa. Credo che ci siamo riusciti perché nella Chiesa si pone di nuovo al centro la misericordia, si riscoprono le opere di misericordia e la confessione. Quello che era, forse, il desiderio di Giovanni Paolo II che lanciò l’idea della misericordia, papa Francesco lo ha fatto diventare realtà giorno dopo giorno nella vita quotidiana. La misericordia è tornata al centro.

 

 

È stato il primo Giubileo decentrato?

È stato davvero un Giubileo realmente vissuto in tutta la Chiesa. Il papa ha voluto che la porta della misericordia fosse aperta in tutte le cattedrali del mondo e in tutti i santuari, in luoghi di alta frequentazione, non solo per motivi spirituali, ma anche culturali. Per cui non sappiamo di fatto quante persone, credenti e non credenti, abbiano oltrepassato le porte della misericordia, ma certamente un numero straordinario.

 

 

È stato il primo Anno Santo al tempo di Daesh e di innumerevoli attentati?

Proprio qualche giorno fa c’è stato l’anniversario dell’attentato al Bataclan di Parigi. È stato un Giubileo attraversato da atti di violenza gratuiti e nel nome della religione. Roma, però, ha dato l’idea di essere una città sicura. Non ho mai sentito un pellegrino che si lamentasse per i lunghi processi per raggiungere piazza san Pietro e la Porta santa. Tutti si sono sentiti sicuri e questo ha comportato un grande flusso di milioni di pellegrini che sono giunti a Roma da tutto il mondo.

 

 

L’anno 2016 si è aperto con il Giubileo dei migranti e si è chiuso con il Giubileo delle persone socialmente escluse. Una costante attenzione agli ultimi?

Questo è il pensiero di papa Francesco che si è espresso in azioni, segni, eventi. Non dimentichiamo il Giubileo dei carcerati con più di mille detenuti. Situazioni di una esistenza tormentata che uscivano da questo incontro con un volto di serenità che dava il segno di quello che era stato questo evento.

 

 

Come si può definire la misericordia?

La misericordia non si può definire, ha mille volti e non sono sufficienti. La misericordia cresce e ha bisogno di esprimersi perché aumentano le nuove povertà nel mondo. Il papa ha accolto più per il Giubileo delle persone socialmente escluse più di 4 mila persone da tutta Europa. Le povertà si moltiplicano e le opere di misericordia devono essere il più possibile coerenti.

 

 

Che cosa ha significato per lei il Giubileo?

La mia giornata cominciava molto presto e finiva molto tardi. Siamo stati un gruppo di persone che ha lavorato bene e con grande entusiasmo. È stato un anno che ci ha riempito. Abbiamo visto come la nuova evangelizzazione possa realmente prendere piede attraverso il cuore del Vangelo: la misericordia.

 

 

E dopo questo Anno Santo?

Papa Francesco ci darà qualche segnale concreto su come dobbiamo continuare.

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