Il Portogallo continua a bruciare
Un incendio come tanti, nel primo pomeriggio di un sabato nella regione centro del Portogallo, è diventato in poche ore la più grande strage vissuta nel Paese negli ultimi decenni. Con la temperatura oltre i 40º, umidità molto bassa e venti forti, la violenza delle fiamme è costata la vita a 64 persone, quasi tutte mentre cercavano di scappare, in macchina o a piedi, del fuoco.
I sopravvissuti parlano di palle di fuoco che volavano sui i villaggi spinte da venti violentissimi. Tanti sono entrati in panico ed hanno tentato una fuga che gli ha condotti alla morte. Su un pezzo di strada di poche centinaia di metri sono morte 47 persone. Il fenomeno è descritto come talmente violento e veloce che i vigili del fuoco e la polizia non sono riusciti a rispondere in tempo. Il governo ed il Parlamento stano ora avviando delle inchieste per capire cosa sia successo.
Le prime spiegazioni puntano sulla possibilità che sia accaduto un fenomeno di downburst, una situazione in cui grosse masse d’aria scendono nella verticale verso il suolo e poi si diffondono in tutte le direzioni, spingendo il fuoco con grande violenza e dappertutto. Solo il risultato delle inchieste potrà chiarire i dettagli di quanto sia accaduto.
Chiaro per tutti, comunque, è il fatto che parte sostanziale della spiegazione per questa strage sta nella foresta. Pedrógão Grande, il comune dove si è iniziato il fuoco, stanel cuore di una vasta regione di foresta proprio al centro del Portogallo, un’area dove la popolazione è continuamente calata negli ultimi decenni.
La cosiddetta “desertificazione dell’interno” è uno dei tanti punti che aiutano a capire il problema della foresta nel Portogallo. Queste sono sempre state aree con dei piccoli villaggi sparsi per i monti ed in mezzo alla foresta. Tuttavia, mentre i villaggi erano abitati, la gente lavorava la terra, seminava intorno alle case, coltivava gli orti per garantire la sussistenza, ed aveva nella foresta la sua fonte di rendita. Con tutte queste attività la foresta era molto più protetta. La dipartita di tanti negli ultimi 50 anni per l’emigrazione e verso le grande città ha cambiato tutto: quasi non c’è chi curi la foresta, lavori la terra o faccia degli orti. Cosìil rischio di incendio è molto più grande.
Questo processo è stato accompagnato di un altro ugualmente critico per la foresta. Pian piano, le specie di alberi più tradizionali sono state sostituite per la piantagione in massa di eucalipto, creando vaste aree di foresta con una sola specie di albero, per lo più un albero con bassa resistenza al fuoco e che brucia con grande facilità.
Quando, poi, la foresta viene in contatto con i villaggi e le strada, la situazione diventa molto preoccupante. Nel passato sono state create delle leggi che impongono misure di sicurezza che, quasi dappertutto, continuano a non essere rispettate. Sono previste aree di sicurezza, senza alberi, vicino alle case e lungo le strade che nessuno fa rispettare. Per esempio, nella strada dove si è concentrato il più elevato numero de vittime, gli alberi erano attaccati alla strada. Prima questo era un muro di verde da una parte e dall’altra della strada, ma nel giorno della strage, questi muri verdi sono diventati muri di fuoco da dove le persone non sono riuscite a scappare.
Fare rispettare le regole che esistono è essenziale, così come dare via all’urgente riforma della foresta che stabilisca delle regole affinché le piantagioni siano pianeggiate in modo ad assicurare una più grande resistenza agli incendi. La piantagione in anni diversi, per fare sì che accanto a grande alberi ci siano anche piante più piccole, crea un freno alla progressione dell’incendio. La piantagione di varie specie, in particolare fogliose, è un altro fattore considerato essenziale per proteggere la foresta degli incendi.
Con temperature sempre più alte, una foresta più resistente al fuoco è determinante per evitare grandi incendi come quelli dell’ultima settimana. Se niente si fa per raggiungere questo obiettivo, il Portogallo rischia di avere una foresta che è sempre di meno un tesoro, e sempre di più una minaccia.