La metamorfosi di Anna K.

Ugo Chiti rilegge la celebre opera di Kafka con gli occhi dell'anziana domestica. Un punto di vista ribaltato, che apre lo sguardo sul dolore della diversità e del rifiuto.
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Nel romanzo La metamorfosi, uno dei più perfetti ed emblematici racconti del Novecento, se ne accennava all’inizio. Dopo poche pagine scompariva, e non rimaneva più traccia di lei. Parliamo dell’anziana domestica, figura marginale del più noto, angoscioso, racconto di Franz Kafka. Il soggetto principale, naturalmente, è l’enorme, repellente insetto nel quale una brutta mattina si ritrova trasformato l’impiegato Gregor Samsa. Via via emarginato dall’ambiente familiare e dal resto del mondo, il giovane vive segregato tristissimi giorni fino alla morte accettata come una liberazione per sé e per gli altri. Ora, con Le conversazioni di Anna K., a spostare con acuta riscrittura il fulcro della vicenda ad un altro personaggio principale è il drammaturgo, sceneggiatore e regista Ugo Chiti.

 

Nel rileggere con sguardo autonomo e da diversa prospettiva il racconto, egli dà voce all’anziana donna tuttofare, ingaggiata per pietà dalla famiglia Samsa e da questi sfruttata e denigrata, ma subito elevata a motore della casa nell’accudire la mostruosa creatura. Tenera e forte, ruvida e semplice, di umanissima caratura, la Anna del titolo, dapprima esclusa, entra nel contenzioso familiare facendosi coraggiosa portavoce di un dialogo con l’inquietante diversità, e assumendosi tutto il peso del dramma. Loquace e inopportuna, con la sua riduttiva visione del vivere, Anna è uno sguardo disincantato ma anche supplica, grido rabbioso, che chiosa e accompagna la tragedia di ogni diversità, di ogni rifiutato, come la condizione estrema del vivere accanto al dolore. E tutto questo non poteva trapelare senza una grandissima interpretazione come quella di Giuliana Lojodice. Il passo sempre affrettato, le spalle semicurve, la minuziosa caratterizzazione, i toni cangianti e le sue schegge d’ironia completano un ritratto memorabile di donna infelice e altruista, ferita dalle avversità della vita. Il suo monologo finale, quasi un duettare con l’insetto – invisibile, sempre nascosto sotto il letto -, diventa uno struggente svelamento della propria solitudine e vedovanza, e della voragine d’amore che la abita. Nella bella, dinamica scena di pareti sempre in movimento che compongono le stanze, s’insinuano strani rumori, sibili e suoni, che sembrano provenire dalla stanza della segregazione, cadenzando il clima dello spettacolo. Alla cui riuscita concorrono gli altri attori della storica compagnia Arca Azzurra.

 

Lo spettacolo ha vinto lo scorso anno il 49° Premio Riccione per il Teatro con la seguente motivazione: «Ugo Chiti affronta il mondo di Kafka e con stile personale e una struttura impeccabile, ci rende nuova La metamorfosi, ribaltandone il punto di vista e creando una straordinaria figura femminile nella protagonista Anna K., che nel racconto originale compare solo di straforo, e qui viene rigenerata da trasandata donna delle pulizie a una sorta di badante che, con la sua presenza esterna ma straordinariamente umana, sa ricondurre anche la diversità più mostruosa alla consapevolezza che la vera diversità consiste nell’essere esclusi dai sentimenti. E il suo orrore si allarga, uscendo dalla stanza di Gregor Samsa per invadere una periferia che sa di minestrone e di corpi sudati».

 

Coproduzione Teatro Eliseo/Arca Azzurra. In tournèe: dal 16 al 18 marzo al Comunale di Thiene (VI), dal 19 al 21 al Verdi di Pordenone, dal 23 al 28 al Donizetti di Bergamo, il 30 al Giacosa di Ivrea, il 31 al Sociale di Alba, il 7 e 8 aprile al Dehon di Bologna, dal 9 all’11 al Comunale di Treviso, dal 13 al 18 alla Pergola di Firenze.

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