La memoria di Auschwitz, Chiara e Piera

Nel giorno della memoria della Shoah, è iniziato il processo di canonizzazione di Chiara Lubich, una donna che ha attraversato il secolo breve dei genocidi e del “silenzio di Dio” con la mite radicalità evangelica. Una riflessione a partire dalla vita e dalle urgenze del nostro tempo
Birkenau

Il 27 gennaio del 2015 si sono celebrati i settanta anni dalla liberazione di Auschwitz. Settanta anni è un tempo lungo. La Shoah si pone al cuore dell’Europa, del suo passato ma anche del suo presente e futuro. Ho davanti agli occhi la ferrovia e i forni. In quella distesa di baracche e di silenzio c’e’ il mistero degli ebrei, dei rom, dei disabili, gli anticipatori di tutto, e di tanti, che hanno tragicamente concluso il viaggio nel fumo dei forni.

La domanda per tutti, ancora per oggi e domani, riguarda il mistero di Dio e dell’uomo. Dove è Dio e dove è l’uomo. E Dio e l’uomo sono entrambi appesi al legno, là dove si compie ed è sconfitto il mistero di iniquità. Ho camminato a Birkenau con la mia carrozzina, mentre mia moglie si fermava, colpita da un tumore. Si voleva andare al blocco degli zingari, come ci aveva chiesto un prete amico. Ma Piera non ce la fece. Il dolore era troppo grande. Fu l’inizio del suo ultimo e definitivo viaggio. Erano con noi i nostri alunni. Fummo sigillati con un sigillo di perdono, di condivisione della vita e della morte, come se iniziasse una storia nuova sulle vie della pace e delle vittime.

Il 27 pregavo e pensavo a questo passaggio della mia vita, quando qualcuno mi ha informato che proprio in quel giorno è iniziata la causa di beatificazione di Chiara Lubich. Una donna che nel 1943, nei giorni della Shoa e della guerra, riceve il carisma della unità,della fraternità della pace e della riconciliazione. Certo due eventi smisuratamente diversi, ma pure con un fragilissimo e fortissimo filo d’oro che li unisce. Li uniscono le vittime, i milioni di vittime, che domandano pace ,che sanno che la guerra e’ la tragedia di questo secolo e di ogni secolo, che l’abbandono  del Crocifisso sul calvario da parte di Dio, si incarna nelle stragi del mondo. Chiara nel tempo della guerra ha cercato la pace, nel tempo della violenza ha vissuto la mitezza, nel tempo dell’odio e del suo abisso, ha vissuto semplicemente l’amore,senza cercare mai la forza e la potenza della politica. La scommessa cristiana di Chiara, al cuore della tragedia del mondo, è stata feconda nel tempo e nei luoghi più drammatici di conflitto. Essa ci ha detto che, partendo da Auschwitz e dalla Shoa, il mondo può rinascere solo nella forza mite dell’amore, di un amore unilaterale e senza confini. Ecco la santità cristiana, che si esprime in Piera, una donna, che vuole a tutti i costi inginocchiarsi davanti ai rom di Birkenau, fino a fermarsi priva di forze. Ecco la santità cristiana di Chiara, una ragazza semplice del Trentino, che nasce nella guerra e nel suo cuore che è Birkenau, e che oggi diventa parola di Dio in un mondo attraversato da una violenza senza ritorno.

Gli angeli di Auschwitz hanno accolto il mistero di queste donne, lo hanno illuminato, lo hanno reso fecondo. Oggi anche noi impariamo dalla unicità della Shoa  a leggere i molti conflitti ,che ci attraversano e a operare in essi con l’agire e lo stile di Dio,invocando con il salmo”non restare in silenzio mio Dio”. Oggi questo silenzio da Auschwitz si sposta nel Medio Oriente, in Africa, in Pakistan, là dove gli innocenti sono sfigurati. Prima di rispondere con l’azione, siamo chiamati ad essere agiti da Dio, da quel Dio, che essendo parola, muore “facendosi muto con i muti”. E allora la santità ha stili, tempi e luoghi diversi, ma tutto è riassunto dal mistero del crocifisso, secondo uno stile di piccolezza e di debolezza, che a Birkenau ha accompagnato la tragedia di oltre un milione e mezzo di persone uccise, donne e uomini, grandi e piccoli.

La santità vissuta a caro prezzo di Birkenau ha sigillato, nella loro diversità, la vita di queste due donne e l’ha resa universale, ben oltre le forme giuridiche, che sempre impoveriscono la pienezza della grazia, che si fa storia e che ci permette di non dimenticare coloro che nell’amore ci hanno preceduto.

 

 

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