La memoria del mare
Più che una raccolta di cimeli, un omaggio all'epopea della navigazione di tutti i tempi e all'uomo suo protagonista: tale è il Museo navale di Imperia, creato dalla tenacia del comandante Serafini
Il mare, questo sterminato contenitore di memorie (oltre che di tesori) dalle origini dell’umanità ad oggi, questo museo unico al mondo, al confronto col quale non reggono i più famosi messi insieme. E oltre a ciò che giace sui suoi fondali, vittima di noti o sconosciuti drammi, quante lotte, fatiche e avventure hanno caratterizzato da sempre il rapporto dell’uomo con esso; e quante le tradizioni e le testimonianze, gloriose o umili, della marineria di tutti i tempi, su cui incombe la minaccia di distruzione e di oblio.
Tra i più tenaci assertori di una "memoria del mare" da salvaguardare a prezzo di qualunque sacrificio spicca la figura del comandante Flavio Serafini, un ligure che ha passato 25 anni sui mari del mondo, autore di una decina di libri sulla storia della navigazione: una vera autorità nel suo campo, ben conosciuto soprattutto all’estero. Figlio di una terra di schietta vocazione marinara, che vanta importanti musei navali a Genova, La Spezia, Camogli e Albenga, Serafini è pure creatore dell’associazione Amici del Museo navale di Imperia, proprio di fronte alla mole del duomo.
Si tratta del più grande museo privato italiano, un po’ una "summa" di tutto quanto ha riferimento con la marineria internazionale. Ed anche se al momento attuale, causa la carenza di spazi espositivi, esso può mostrare solo il tre per cento delle collezioni, ce n’è a sufficienza per lasciarsi andare, dimentichi del tempo, al gusto della scoperta.
Cosa questo museo potrà essere, una volta trasferito in una sede più adatta, lo si può solo immaginare. Ma già da ora esso è molto più che una semplice raccolta di "pezzi" più o meno rari o curiosi; ciascuno, infatti, rimanda sempre all’unico protagonista di un’epoca affascinante e perduta: l’uomo. Ed è proprio il "fattore umano" ad attrarre fin qui frotte di visitatori (anche 40 mila all’anno) ad ammirare… cosa? Me lo illustra lo stesso Serafini.
«Sono relazioni di viaggio, giornali di bordo, antiche polizze di carico e i più svariati documenti che rappresentano il mondo scomparso della vecchia marineria velica, sia mercantile che da guerra».
Dovunque, riproduzioni in miniatura di navi a vela o a propulsione meccanica dei più abili modellisti italiani e stranieri. Suggestiva fra le altre la serie di antichi vascelli, tra il XV e XVII secolo, battenti bandiera olandese, francese, spagnola ed inglese: opera del famoso artista e modellista Leon Ferrei. E poi carte nautiche dei secoli XVIII e XIX, preziosi portolani, scandagli, barometri, orologi solari e cento altri strumenti indispensabili a bordo.
Molti i ricordi e g!i esempi di devozione della gente di mare. «Tutta la Liguria – spiega Serafini – è ricca di santuari celebri o di chiesette meno note che conservano collezioni talora splendide di ex voto. Il museo custodisce una discreta collezione di questi oli, acquarelli o tempere, che rievocano i più vari drammi marini a lieto fine». Insieme agli ex voto, decine di dipinti e di stampe documentano efficacemente, in tre secoli di vita di mare, gli aspetti tragici di un’epoca di ardimento, sacrificio, fede e lavoro.
E a proposito di lavoro, eccoci nella sezione più rappresentativa del museo, certo la più completa in Europa e forse nel mondo: riguarda la cantieristica navale in legno, dove a centinaia di attrezzi e utensili da lavoro fanno riscontro rari piani di costruzione navale originali, molti dei quali ancora tracciati a matita (ma altri ancora ne conserva l’archivio). «È quanto rimane dell’arte preziosa, della fatica e dell’ingegnosità dei maestri d’ascia, calafati, segantini, chiodaiuoli, incisori, carpentieri, fabbri, ecc., maestranze figlie di Liguria che popolavano i cantieri all’epoca della vela».
Tra i pezzi più emozionanti, la bussola della nave Narcissus, immortalata da Conrad, il sestante tascabile del comandante esploratore Giacomo Bove ed il giropilota dal transatlantico Stockolm che entrò in collisione con l’Andrea Doria. Qua alcuni cimeli della "Tenda Rossa" ricordano la sfortunata spedizione al polo di Umberto Nobile, là si fa ammirare un esemplare di polena di brigantino inglese dei 1840. Notevoli anche alcuni reperti appartenuti all’Elettra di Marconi e, nella sezione uniformologia militare e mercantile, al comandante Cagni all’epoca della spedizione sulla Stella Polare; nonché altre testimonianze che rievocano le gesta degli operatori dei mezzi d’assalto della X Flottiglia Mas.
Ogni sala è una miniera, come quella dedicata alla storia e all’attività dei due porti imperiesi. Ma una in particolare suscita l’orgoglio di Serafini: è quella – «tra le più complete esistenti», tiene a precisare – dedicata alla navigazione velica a Capo Horn, questo promontorio maledetto da generazioni di marinai, dove ognuno dei cimeli esposti «contribuisce a definire i contorni di un’epoca, a farla rivivere, accompagnando il visitatore in una singolare carrellata di ricordi di una delle più belle e maschie avventure del genere umano».
Il museo ospita anche l’ultima sezione italiana dei capo-horniers, dei quali intende tramandare la memoria con scritti, filmati, canzoni, immagini, vestiario, oggetti personali, documenti, libretti di navigazione, relazioni di bordo.
Non mancano reperti che si collegano alla storia dei mezzi d’assalto della marina nel secondo conflitto mondiale: dal portello poppiero del sommergibile Scirè recuperato nelle acque di Haifa, alle famose tute "gamma", tra una profusione di bandiere, stendardi, nastrini di navi della regie marina e di marine estere.
Diverse le sezioni in allestimento: gabinetto fotografico, studio dei molluschi, storia della pesca, archeologia sottomarina. Il museo inoltre è dotato di un archivio di 100 mila fotografie e di una biblioteca di circa 15 mila volumi, per non parlare delle riviste specializzate.
Ogni giorno, grazie alla rete di collaboratori di cui Serafini dispone, esso si arricchisce di pezzi provenienti da ogni angolo del mondo. «Compito costante e preminente di noi operatori museali – precisa il comandante – è di esortare i collezionisti e i privati a non disperdere importanti collezioni che in una istituzione come questa troverebbero migliore collocazione e valorizzazione, come da tempo accade all’estero».
Così il passato continua a vivere in questo mare magnum di testimonianze dove Serafini sembra ora "navigare" pienamente a suo agio.