La memoria dei tassisti
La rivista Current Biology ha pubblicato recentemente i risultati di un’indagine condotta dai ricercatori dell’University college di Londra sulle modifiche del cervello dei tassisti londinesi.
La rivista Current Biology ha pubblicato recentemente i risultati di un’indagine condotta dai ricercatori dell’University college di Londra. Gli studiosi hanno valutato le modifiche del cervello dei tassisti londinesi intervenute dopo i circa quattro anni necessari per superare l’esame di abilitazione a questa professione. Nei 79 soggetti sottoposti a una risonanza magnetica cerebrale, prima e dopo il periodo di prova, si è visto che le aree cerebrali collegate alla memoria risultavano più grandi rispetto all’inizio della difficile professione dei taxi driver londinesi che, come è noto, hanno a che fare con una delle città più grandi del mondo, con un groviglio di strade e viuzze da capogiro.
Questo studio conferma quanto già osservato, sempre sui tassisti londinesi, in un’indagine precedente, e cioè l’aumento della porzione posteriore dell’ippocampo, struttura situata nella zona mediale del lobo temporale del cervello, così chiamata da chi la descrisse nel 1500 per la sua somiglianza al cavalluccio marino. Considerato all’inizio coinvolto nella funzione olfattiva, in realtà è una zona anatomica importante alla base dei processi della memoria. Lo conferma il fatto che è la regione coinvolta per prima nel morbo di Alzheimer, notoriamente caratterizzato da deficit di memoria e disorientamento temporo-spaziale.
Ma, tornando agli studi sopra riferiti, la loro importanza deriva dal fatto che il cervello sottoposto a un nuovo lavoro che richiede sopratutto l’uso della memoria ha capacità plastiche anche in età adulta ed è in grado di adattarsi a nuove funzioni quando le deve apprendere. In attesa di ulteriori conferme sperimentali, vale la pena di cimentarsi in nuove conoscenze e capacità anche in tarda età. Cosa che, del resto, coincide perfettamente con quanto i geriatri consigliano da tempo, sulla base della loro esperienza su pazienti anziani.
Ricordiamoci poi, a tutte le età, che esistono metodi ed esercizi che possono aiutare a mantenere giovane la memoria oppure a bilanciarne le lacune. Innanzitutto è necessario avere interesse verso ciò che si vuole o si deve ricordare: la memorizzazione non è un fatto meccanico, ma richiede partecipazione attiva, anche emotiva, a ciò che si vuole tenere in mente: è più facile dimenticarsi di ciò che non si vuole ricordare. L’attenzione e la concentrazione sono altrettanto necessari ad attivare i meccanismi cerebrali della memoria e dell’apprendimento; per questo anche le condizioni ambientali in cui si apprende e il tempo che a questa attività si dedica hanno una grossa importanza: sarà sempre più difficile ricordare cose lette in fretta, magari in un ambiente rumoroso e disturbati da altri stimoli.