La memoria dei morti e delle vittime

Papa Francesco nel giorno della memoria di tutti i morti ha fatto visita ai settemila soldati americani sepolti nel cimitero di Nettuno
Papa Francesco al cimitero americano di Nettuno

Ha ascoltato nella sua visita il canto muto delle vittime, di coloro che sono stati sepolti nella nuda terra. Una terra senza parole, che ha generato un futuro nuovo. L’ universalità delle vittime è data da Papa Francesco quando, nell’omelia della messa, ricorda la bomba di Hiroshima, fa memoria di quell’indicibile evento, alla fine della seconda guerra mondiale.

Oltre settemila morti ad Anzio, centinaia di migliaia a Hiroshima e infine l’Italia, con la tragedia delle Fosse Ardeatine: 335 vittime della violenza omicida tedesca. E le Fosse Ardeatine contengono e rendono visibile Marzabotto, S.Anna di Stazzema, Fucecchio, il numero infinito di vittime uccise dal nazismo in tanti luoghi di Italia.

Papa Francesco ha voluto unire la preghiera per i morti, presenti in ogni casa e in ogni famiglia, con una preghiera più grande, che abbraccia la storia del mondo con il suo culto idolatrico della violenza nazista e fascista. Una potenza distruttiva che oggi appare sempre più devastante, con le oltre quindicimila testate nucleari in mano a non più di dieci Paesi.

All’Angelus, papa Francesco dà notizia della visita nei due cimiteri: «Domani pomeriggio mi recherò al cimitero americano di Nettuno e poi alle Fosse Ardeatine: vi chiedo di accompagnarmi con la preghiera in queste due tappe di memoria e di suffragio per le vittime della guerra e della violenza. Le guerre non producono altro che cimiteri, morte: ecco perché ho voluto dare questo segno, in un momento in cui la nostra umanità sembra non aver imparato la lezione o non volerla imparare».

Francesco non fa un discorso di casistica e di giustificazione politica e militare. Egli sceglie un timbro di sintesi evangelica che giudica in modo definitivo la guerra, senza attenuazioni e senza mediazioni opportunistiche. Il Papa pone il vangelo di fronte alla guerra e ne giudica la violenza, i massacri, il terrore.

Il vangelo consegna il mistero di Dio e il papa, condividendo la sorte delle vittime, lotta come Giacobbe nella preghiera con Dio. Per due volte, il Papa grida: «Signore fermati, Signore fermati. Non più. Non più la guerra. Non più questa strage inutile». Ecco il fermarsi di Dio, che viene imposto dalla preghiera delle vittime, mostra la forza di questo combattimento spirituale, dove le vittime impongono la loro autorità a Dio stesso, in forza di questa preghiera nella quale, come dice un commento rabbinico al salmo, Dio si fa muto tra i muti.

E la donna di Hiroshima ci rivela l’abisso della guerra: «Gli uomini fanno di tutto per dichiarare e fare la guerra e questa è la guerra: la distruzione di noi stessi. Sicuramente quella donna, quella anziana, lì aveva perso dei figli e dei nipotini; le erano rimaste solo la piaga nel cuore e le lacrime». Sono lacrime di dolore, ma anche di penitenza, perché troppe volte si è resa giusta la guerra, e si è costruita la teologia della guerra giusta, che è durata secoli, producendo dolori senza fine.

Dice il papa a Nettuno: «Quando, tante volte nella storia, gli uomini pensano di fare una guerra, sono convinti di portare un mondo nuovo, sono convinti di fare “una primavera”. E finisce in un inverno, brutto, crudele, con il regno del terrore e la morte».

Nessuna illusione da parte di Francesco sul fatto che la guerra possa produrre un qualche risultato. E conclude in modo netto: «Questo è il frutto della guerra: la morte». Come Gesù è il nome della pace, la morte è il nome della guerra. Gesù fa la pace per mezzo del sangue della croce. La guerra viene fatta dalle armi, dal loro mercato, dal loro traffico, dal sistema industriale militare, che si scarica sulla vita dei popoli, vere vittime innocenti dell’odio.

Alle Fosse Ardeatine, Francesco ha ascoltato l’abisso dell’idolo che ha attraversato l’Europa nella seconda guerra mondiale. Davvero il suo incontro personale con le 335 vittime delle Ardeatine. Papa Francesco incontra anche 12 uccisi, rimasti ignoti. La preghiera si fa silenzio e si fa confessione di fede nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Gesù Cristo: il Dio che sale sul patibolo, il Dio dei volti e dei nomi. Nessuno viene perduto, nessuno viene abbandonato. Dio scende negli abissi della storia, nei sotterranei del dolore, perché nessuno sia abbandonato e tutti siano amati.

Papa Francesco ha poi firmato il libro d’onore, lasciando scritte queste parole: «Questi sono i frutti della guerra: odio, morte, vendetta. Perdonaci Signore». Ecco ciò che è la guerra nelle sue radici e nelle sue tragiche profondità. L’ultima parola è la parola del perdono. Perdono perché abbiamo comprato e venduto armi. Perdono perché abbiamo prodotto la dottrina che giustifica la guerra e che nella storia indurisce il cuore di fronte all’idolo e al tempo stesso pretende di cancellare la fraternità.

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