La medaglia che manca a Sefi
Lei, Josefa Idem, per tutti Sefi, stavolta davvero punta la prua della sua canoa verso il largo. A 49 anni, dopo otto Olimpiadi, prima donna nella storia dei Giochi, e grazie a qualche milione di colpi di pagaia, oggi è ministro dello Sport (oltre che delle Pari opportunità e delle Politiche giovanili), prima atleta al governo. Non credetele quando afferma, come riportato dai giornali, che alla notizia le tremavano le mani: conoscendola bene ho motivo di pensare che l'abbia detto per darsi un opportuno tocco di pubblica modestia. In Sefi c'è una miscela straordinaria di lavoro, costanza, determinazione, volontà, tenacia che la rende convinta che farà bene anche stavolta.
Ha sempre miscelato istinto e ragione. Ha passato più di trent'anni a curare dettagli, a rifinire sempre meglio le andature sull’acqua, ad automatizzare il numero dei colpi di pagaia, a ricercare il miglior assetto in barca, a correggere ogni più piccolo difetto. Convinta di non aver ancora corso la sua “gara perfetta”, questa donna ha lavorato ogni giorno, estate e inverno, per anni, per limare quei centesimi, quelle inezie, quei particolari, insignificanti fuori da questo mondo, che la separavano dal proprio limite.
Farà così anche da ministro. Perché in sorte non ha ricevuto solo uno straordinario talento fisico e psicologico: Sefi (scusate se continuo a chiamarla così anche ora che è ministro) sa coniugare con sconvolgente naturalezza la quotidianità e i massimi allori. Vi riescono coloro che sanno essere sé stessi perché la vita e lo sport hanno insegnato loro a comprendere meglio chi sono davvero.
Sefi è stata grande sul campo di gara perché ha sempre saputo che la vita non finisce lì. Il suo impegno in politica non nasce ieri: sette anni assessore allo Sport al Comune di Ravenna le hanno insegnato a coniugare obiettivi e dialogo, a mediare, a costruire alleanze, a scontrarsi, perdere e ricominciare.
Sefi ha le idee chiare. Ha infatti già detto che intende cominciare dalla scuola: da dove lo sport italiano muore mentre invece vi dovrebbe nascere. Dove non si crede all'attività motoria, dove non si investe nel percorso di crescita che lo sport sa offrire. Sefi era da poco stata eletta nel consiglio nazionale del Coni: se aiuterà il Coni ad essere promotore di alfabetizzazione motoria (e non solo estrattore di talenti precoci) e il Governo ad investire nelle politiche giovanili, anche grazie allo sport, vincerà l'unica medaglia che ancora le manca.