La Masseria delle allodole
Il nuovo lavoro dei Taviani – presentato, non senza polemiche, all’ultima Berlinale – nasce dalla presa di coscienza di una verità negata o colpevolmente ancor oggi sottaciuta: l’eccidio degli armeni nel 1915 ad opera dei turchi. Una strage consapevolmente e lucidamente condotta, su cui il governo turco finora mai ha sentito la necessità di pronunciarsi. Film di denuncia, a forte carattere politico – sociale, com’è nelle abitudini dei due registi, quindi coraggioso. Questa impostazione costituisce il pregio ed il limite del film. Il quale si snoda con l’andamento televisivo di una fiction ben girata quanto a scene, costumi e musiche, ma con una genericità di fondo nel delineare caratteri e situazioni, dovuta forse da una parte al desiderio di dire tutto, di pennellare un affresco rapido di una vicenda complessa, e dall’altra dalla necessità di rendere la vicenda comprensibile e facile al grande pubblico. Ne scaturiscono dialoghi a volte convenzionali – ad esempio, la dichiarazione d’amore tra Egon (un consueto Alessandro Preziosi) e Nunik (una vivace Paz Vega) -, figure tipiche come quella del soldato turco Youssouf (il buon soldato e l’infelice vittima), mentre risultano gradevoli i ritratti dei bambini, il soffermarsi sulla figura del mendi- cante Nazin (un espressivo Mohammad Bakri), uno dei personaggi più ritagliati del film; ed alcuni momenti intensi e crudi come la strage nella masseria delle allodole dove la comunità armena guidata dalla famiglia Akavan cerca inutilmente scampo. Accanto dunque a momenti suggestivi e drammatici, il lavoro dei Taviani ne presenta altri di minor presa, dove l’impegno documentaristico e di denuncia, sotteso a tutta la narrazione, la rende in genere piuttosto fredda,con un qualcosa di déja vu. Un esercizio di stile, si direbbe un docu-film, più che un racconto appassionato, anche se ben condotto e in parte ben recitato da un cast internazionale. Regia di Paolo e Vittorio Taviani; con Paz Vega, Moritz Bleibtreu, Alessandro Preziosi,Mariano Rigillo. Mdb