La maschera e il volto
Lo spirito inquieto e tragico di Gogol', romano di adozione, riscoperto nell'edizione integrale delle sue opere.
Sette anni fa, in occasione dei 150 anni dalla morte di Gogol’, l’ambasciata russa donò a Roma una grande statua in bronzo con l’effigie dello scrittore (ucraino di nascita e sanpietroburghese di adozione), opera dello scultore Zurab Tsereteli. Il monumento si trova in cima alla scalinata di Valle Giulia, a Villa Borghese, vicino all’ingresso della Casina del Lago, accanto ad altre statue di vari poeti, artisti e scrittori dell’oriente europeo e asiatico. Un dialogo sublime fra spiriti eletti che si intreccia ogni giorno sotto i pini descritti in musica dal Respighi, nel cuore della Roma neoclassica e romantica.
Il Gogol’ di Tsereteli non è solo un degno omaggio a un grandissimo scrittore e drammaturgo dell’Ottocento. È anche un contributo interpretativo e introduttivo alla sua opera. Anzitutto per le parole di Gogol’ iscritte sul piedistallo: «Io posso scrivere della Russia solo stando a Roma. Solo da lì essa mi si erge dinanzi in tutta la sua interezza, in tutta la sua vastità». Il legame di Gogol’ con Roma è in effetti profondissimo. Ci abitò più volte e per lunghi periodi, fra il 1838 e il 1842, in angoli storici e suggestivi come via Sant’Isidoro, oggi via degli Artisti, in un palazzetto ottocentesco davanti alla chiesa dei francescani irlandesi che designava il toponimo.
Ma più a lungo visse in via Sistina, a quel tempo via Felice, dal nome secolare di Sisto V, Felice Peretti, cui si deve quella strada come altre importanti di Roma barocca. Al numero 126 c’è una targa, posta dalla Colonia Russa nel 1901, dov’è ricordato che proprio in quella casa Gogol’ «pensò e scrisse il suo capolavoro», cioè Le anime morte, il poema in prosa, come lo chiamava lui, pubblicato nel 1842.
L’altro elemento della statua che ci aiuta a capire Gogol’ è la maschera che lo scrittore ha in mano. È uguale al suo volto. In Gogol’ la maschera e il volto coincidono, e questa non è altro che una sintesi plastica e poetica dell’approdo a cui è giunta la critica Gogol’iana dopo più di un secolo.
Il Gogol’ commediografo dell’Ispettore generale non è fondamentalmente diverso dall’autore grottesco e surreale del Naso e del Diario di un pazzo (due dei Racconti di Pietroburgo). Il narratore satirico e patetico, nel senso migliore, del Cappotto non è in contrasto col moralista amaro e indignato delle Anime morte: entrambi riflettono l’io tormentato dell’autore.
La critica classica interpretava Gogol’ più che altro come il primo dei grandi realisti russi, anticipatore in tal senso di Dostoevskij, Turgenev, Tolstoj. Nella seconda metà del Novecento (si pensi, per fare un nome, ad Angelo Maria Ripellino) si è imposta invece la visione di un Gogol’ spirito inquieto e tragico, che affida a generi e toni solo apparentemente distinti – dalla commedia al dramma, dalla fiaba alla denuncia sociale – la sua concezione desolata della realtà e anche della sua patria. «Dio mio, com’è triste la nostra Russia», esclamò il poeta Puskin, grande amico e ispiratore di Gogol’, mentre l’autore gli leggeva il manoscritto delle Anime morte.
Il bicentenario gogoliano (nacque nel 1709) è un’ottima occasione per leggere o riscoprire almeno le opere più belle e famose del grande russo. Purtroppo alla fine Gogol’, nevrotico di suo ma anche plagiato da un monaco fanatico, non seppe conciliare la sua sincera fede cristiana, che lo accomuna a tanti autori russi, con la vocazione letteraria, e per questo poco prima di morire bruciò il manoscritto della seconda parte delle Anime morte. Ma l’insieme della sua opera, privo di un centro unificante ma denso di verità umana e poetica, testimonia una letteratura capace di esprimere i più alti valori etici e spirituali. Come oggi succede sempre più raramente.
Gogol’ in libreria
Le veglie alla fattoria presso Dihan’ka (racconti), Mirgorod (racconti), Taras Bul’ba (romanzo storico), I racconti di Pietroburgo, L’ispettore generale (commedia), Brani scelti di corrispondenza agli amici (saggi), Le anime morte (romanzo). Tutti i suoi scritti sono pubblicati in: Opere, a cura di Serena Prina, Meridiani Mondatori. È la prima edizione dell’opera omnia dal 1946 e l’unica integrale.