La manovra di tutta l’Italia

I sacrifici annunciati da Monti richiedono grande responsabilità civile. Possiamo farcela ma insieme e senza recriminazioni di parte. Il commento di Luigino Bruni
Mario Monti illustra la manovra
Il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha presentato ieri la manovra economica di oltre 20 miliardi di euro che dovrebbe risollevare la situazione economica italiana e salvarla dal baratro del fallimento. Ci sono i sacrifici duri preannunciati dai media e che hanno, in conferenza stampa commosso anche il ministro del lavoro Fornero. Mentre si sollevano contestazioni e apprezzamenti, abbiamo chiesto un commento a Luigino Bruni, nostro editorialista e docente di Economia politica all’università Milano – Bicocca.

 

Professor Bruni che valutazione dà di questa manovra?

«Ho apprezzato le decisioni prese dal consiglio dei ministri e capisco quanto sia stato complesso elaborare questa manovra. Ho apprezzato molto lo stile in cui è stata presentata e anche la grande umanità dei ministri. Le lacrime del ministro del lavoro quando ha annunciato i sacrifici sulle pensioni basse testimoniano uno stile della politica molto diverso, di vicinanza alla gente e ai problemi veri. Anche il chiamarsi per nome tra gli stessi ministri, il darsi del tu dice il lavoro di squadra fatto insieme. Idem la scelta di incontrare le parti sociali. Anche la velocità e la fermezza con cui si è agito è apprezzabile».

 

Scendiamo però nel particolare e sulle singole misure…

«Una nota negativa è stata la scelta di toccare l’Iva: è un’imposta iniqua che colpisce i consumi del ceto medio che continuerà ad impoverirsi e quindi consumerà meno con serio rischio di recessione. Certo fa cassa subito. Apprezzo molto invece l’aver tassato i patrimoni e il coraggio di estendere questa tassazione anche ai titoli finanziari e non solo sui beni, sulle case, sulle barche. Significativa, poi, la scelta di diminuire l’Irap, la tassazione sul lavoro per consentire una seria ripresa. Importanti le liberalizzazioni. Insomma tutta la manovra conferma la visione di Monti che è sostanzialmente un liberista, attento al mercato e alla concorrenza, in linea con la politica dell’Europa. Sarà il lungo periodo a giudicare se le sue scelte siano state corrette».

 

La famiglia è ancora la grande dimenticata…

«Su quest’ambito si è proceduto sulla stessa linea del governo precedente: la famiglia continua ad essere poco presente anche se Monti si è impegnato personalmente a lavorare di più e meglio e non c’è stato un peggioramento nelle misure già varate. Siamo sull’orlo del precipizio e bisognava scegliere delle priorità. La prima è stata quella dei mercati. I venti miliardi che si proverà a recuperare in un anno serviranno in qualche modo come segnale positivo per diminuire lo spread che ci fa pagare salatissimi interessi sul nostro debito pubblico. Il tema dell’equità mi sembra sia stato tenuto molto presente in vari aspetti della manovra. Non ci sono stati solo annunci che poi si rivelano nei fatti inattendibili».

 

Assieme agli apprezzamenti si preparano anche le contestazioni…

«E’ un errore pensare che questa manovra la farà solo il governo. Essa appartiene a tutti i cittadini: è una manovra dell’Italia. Questo difficile momento richiede un’evoluzione della nostra cultura che deve passare dal piagnisteo e dal particolarismo ad una cultura della responsabilità. Non si può delegare tutto a chi governa, c’è bisogno del sostegno di tutte le parti politiche e della gente, perché se ciascuno non sente proprie queste scelte non risponderà in modo compatto ai sacrifici e cercherà nuove vie di evasione. Dobbiamo tornare ad acquisire uno spirito più comunitario».

 

In una prospettiva europea, queste scelte salveranno anche l’euro?

«Certo questa settimana sarà importante per la moneta unica, ma l’euro non si indebolisce o si rafforza in una settimana. Sicuramente queste scelte potranno invertire il trend negativo, ma l’Europa è molto più forte di quanto si racconta. Saremo però chiamati tutti fare scelte più sostenibili, più sobrie e questo favorirà un rafforzamento generale di tutta la politica europea».

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