Manovra coraggiosa, ma rischiosa per i deboli

La nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza è stata approvata all'unanimità in Consiglio dei Ministri. Prevede un deficit molto maggiore rispetto ai limiti che fino ad ora ci avevano o ci eravamo imposti.  La possibilità che fattori esterni al nostro Paese rendano più difficile il percorso accresce la responsabilità dei decisori di agire sui fattori interni. Un commento  

Adolescenti che si sporgono nel baratro per un selfie da urlo, altri che si filmano mentre attraversano di corsa un’autostrada tra le auto che sfrecciano. Per i ragazzi il coraggio è una cosa importante e ci tengono a mostrarlo. Purtroppo, e la cronaca recente ce ne ha dato un’altra tragica conferma, ogni tanto va a finire male.

La nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Def) approvata all’unanimità in Consiglio dei ministri prevede un deficit molto maggiore rispetto ai limiti che fino ad ora ci avevano o ci eravamo imposti ed è stata definita proprio “coraggiosa” dal presidente del Consiglio. E giustamente!

La manovra potrebbe anche dare i frutti sperati di crescita dell’economia e di riduzione del debito, ma solo se si verificasse una serie di condizioni favorevoli. Alcune non dipendono da noi. Una delle più importanti è che fuori dell’Italia l’attività economica continui a crescere a ritmi sostenuti. Le aspettative prevalenti sono per un rallentamento, anche se non forte (il tasso di crescita del PIL mondiale potrebbe passare dal 4% del 2018 al 3,5% nel 2019 e al 3,2% nel 2020) ed incorporano già gli effetti della guerra commerciale tra Usa e Cina; ma se questa degenerasse gli effetti potrebbero essere più pesanti.

Un’altra condizione, non meno importante, è che i tassi di interesse per i prestiti allo Stato tedesco – che fanno da riferimento (e da pavimento) per i tassi pagati dagli altri Stati europei – continuino a restare all’attuale livello, straordinariamente basso (oggi la Germania paga un tasso inferiore allo 0,5% per un prestito decennale, a fronte di una media storica del 2,7% e ad un massimo del 10% toccato nei primi anni ‘80). Purtroppo la cosa non è molto probabile, perché negli Usa la risalita dei tassi è già iniziata da tempo e di solito i tassi si muovono in modo simile sulle due sponde dell’Atlantico.

Poi ci sono altre importanti condizioni che dipendono anche dalle nostre azioni e dalla fiducia che ispiriamo. La condizione più spesso discussa è che chi presta euro allo Stato italiano si accontenti di un piccolo sovrappiù rispetto al tasso di interesse che si ottiene prestando al solidissimo Stato tedesco. Negli ultimi mesi del 2017 e nei primi mesi del 2018 questo “sovrattasso” (mi si perdoni l’espressione inusuale) era leggermente al di sotto di 1,5%, un valore che “a regime” (ossia se permanesse nel tempo) ci porterebbe a sborsare ogni anno circa 30 miliardi di interessi in più rispetto al caso in cui fossimo considerati affidabili come i tedeschi.

Dall’avvio del nuovo governo, però, il “sovrattasso” è salito a valori attorno a 2,5%, cifra che a regime porterebbe quell’esborso extra a circa 50 miliardi l’anno, un livello difficilmente sostenibile. In parole semplici, perché gli interessi da pagare ai creditori dello Stato non ci schiaccino, bisognerebbe che chi ci presta i soldi cambiasse idea e si convincesse che lo Stato italiano e le scelte di chi lo governa sono tali da permettere loro di dormire sonni tranquilli. Speriamo.

E poi bisognerebbe che continuasse e si rafforzasse la ripresa degli investimenti, che sono un’importante voce di spesa, e quindi di sostegno dell’attività produttiva. Inoltre, un alto volume di investimenti è una condizione necessaria per la competitività e per l’innovazione del sistema Italia (cosa importantissima soprattutto per dare una chance alle giovani generazioni).

Di investimenti la manovra parla poco, anche perché le promesse elettorali a cui il governo deve dare risposta andavano invece nella direzione di dare o di lasciare maggiori redditi da spendere alle famiglie.

Ciononostante il governo spera in una forte dinamica degli investimenti, attratti dalla prevedibile maggior spesa per consumi delle famiglie italiane e, ulteriore cruciale condizione, dalla credibilità del sistema Italia. Speriamo.

Ma non si può tacere che l’aumento dei tassi sui prestiti allo Stato italiano di cui parlavamo poc’anzi trascina inevitabilmente anche un aumento dei tassi di interesse pagati dai privati (famiglie che devono fare il mutuo la casa o imprese che vogliono crescere), il che certo non incoraggia ad investire.

Non voglio portare sfortuna, ma nel programmare il futuro, oltre a quanto sopra, occorre lasciare un margine anche per qualche imprevisto, come un mercato di esportazione che venga meno o una stagione turistica che vada male.

Se sfidare il pericolo è sconsigliabile per i ragazzi, lo è anche per chi governa un Paese. E allora non scommettiamo su una manovra calcolata in modo che, nel caso in cui tutto andasse nel miglior modo possibile, resteremmo in carreggiata con un margine di pochi centimetri dall’orlo del burrone. Anche perché a rischiare di più non sono i ministri o i parlamentari, che qualche paracadute ce l’hanno sempre, ma milioni di cittadini, in primis i più deboli.

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